Come le nazioni ricordano il proprio passato? Come la memoria può influenzare il loro presente ed il loro futuro? Tutte le nazioni hanno fatto i conti con il loro passato? Per tutte queste domande si è cercato di trovare delle risposte nel corso del lavoro, partendo innanzitutto dal concetto stesso di "memoria storica", da dove ha origine, come si forma, quali sono le sue funzioni e quali gli usi (e abusi) che possono esserne fatti. Questi primi concetti sono fondamentali da analizzare, soprattutto nel momento in cui la memoria diviene il principale terreno di scontro tra due Paesi, in questo caso tra Giappone e Cina. Il Giappone e la Cina rappresentano la dimostrazione concreta di quanto la memoria sia centrale, di quanto importante sia per una nazione l'elaborazione del proprio passato e dei traumi che ne fanno parte, ma soprattutto di quanto sia fondamentale la sua condivisione. Per capire al meglio le storie di questi due Paesi, è stato necessario considerare i loro rapporti, quando hanno avuto inizio, su quali basi sono stati costruiti e quale natura li caratterizza. Indagando su questo è evidente come la memoria collettiva rappresenti ancora oggi senza ombra di dubbio, il principale ostacolo affinché i due Paesi instaurino relazioni basate sulla cooperazione e la collaborazione, non a caso vi sono molte circostanze in cui essi si percepiscono più come "minacce" concrete che come "partner". Numerose sono le polemiche che circondano il tema della memoria storica in Asia orientale, tuttavia alcune di queste sono più sentite di altre, come quella riguardante lo status di Taiwan; quella sulle molteplici visite di diversi Primi Ministri al Santuario scintoista di Yasukuni, il quale oltre ad ospitare tutte le anime di coloro che hanno dato la vita per l'Imperatore, ospita anche quelle di quattordici criminali di guerra giudicati come tali dal Tribunale di Tokyo istituito dalle Potenze Alleate dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; il dibattito riguardo la "riscrittura dei manuali scolastici in Giappone"; il tema del revisionismo e del negazionismo verso il passato bellico largamente diffuso nel Paese, ma non di meno la discussione riguardo le scuse ufficiali che il Giappone deve a tutte le nazioni aggredite durante il secondo conflitto mondiale. Il tema delle scuse è molto sentito soprattutto in Cina, che ha fatto del secondo conflitto sino-giapponese il centro della propria memoria collettiva e che non sembra ancora soddisfatta dei passi avanti fatti dal Giappone fino ad ora: la Dichiarazione dell'allora Primo Ministro socialista Murayama sembrava aver dato un segnale più che positivo, smentito però poco dopo dalle forti pressioni revisioniste di correnti interne al Partito Liberal-Democratico (principale partito in Giappone) che ebbero la meglio. Un tratto interessante da considerare è come la memoria storica sia stata plasmata da entrambe le nazioni in base alle loro esigenze: così il Giappone è passato dall'essere Paese "aggressore" e sconfitto dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad essere Paese "vittima" dello sgancio delle due bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Nagasaki, mentre dall'altro lato la Cina è passata dall'essere "gloriosa e vittoriosa" sotto la leadership di Mao, ad essere anch'essa vittima del cosiddetto "secolo dell'umiliazione" di cui il massacro di Nanchino rappresenta il punto più basso, per cui la stessa vigila affinché crimini del genere non si ripetano mai più. In conclusione si è cercato di capire quale futuro si prospetti per i due "colossi asiatici", se e in che modo le rispettive memorie storiche si possano riunire sotto un'unica memoria condivisa e quanto le loro relazioni bilaterali potrebbero beneficiarne. Alla fine del lavoro dunque, si potrà dire con maggiore certezza se il proverbio cinese che recita: "due tigri non potranno mai vivere sulla stessa montagna" rispecchi ancora la realtà o meno.
Come le nazioni ricordano il proprio passato: il "Massacro di Nanchino" nelle memorie storiche del Giappone e della Cina.
DAL CORSO, ELISA
2021/2022
Abstract
Come le nazioni ricordano il proprio passato? Come la memoria può influenzare il loro presente ed il loro futuro? Tutte le nazioni hanno fatto i conti con il loro passato? Per tutte queste domande si è cercato di trovare delle risposte nel corso del lavoro, partendo innanzitutto dal concetto stesso di "memoria storica", da dove ha origine, come si forma, quali sono le sue funzioni e quali gli usi (e abusi) che possono esserne fatti. Questi primi concetti sono fondamentali da analizzare, soprattutto nel momento in cui la memoria diviene il principale terreno di scontro tra due Paesi, in questo caso tra Giappone e Cina. Il Giappone e la Cina rappresentano la dimostrazione concreta di quanto la memoria sia centrale, di quanto importante sia per una nazione l'elaborazione del proprio passato e dei traumi che ne fanno parte, ma soprattutto di quanto sia fondamentale la sua condivisione. Per capire al meglio le storie di questi due Paesi, è stato necessario considerare i loro rapporti, quando hanno avuto inizio, su quali basi sono stati costruiti e quale natura li caratterizza. Indagando su questo è evidente come la memoria collettiva rappresenti ancora oggi senza ombra di dubbio, il principale ostacolo affinché i due Paesi instaurino relazioni basate sulla cooperazione e la collaborazione, non a caso vi sono molte circostanze in cui essi si percepiscono più come "minacce" concrete che come "partner". Numerose sono le polemiche che circondano il tema della memoria storica in Asia orientale, tuttavia alcune di queste sono più sentite di altre, come quella riguardante lo status di Taiwan; quella sulle molteplici visite di diversi Primi Ministri al Santuario scintoista di Yasukuni, il quale oltre ad ospitare tutte le anime di coloro che hanno dato la vita per l'Imperatore, ospita anche quelle di quattordici criminali di guerra giudicati come tali dal Tribunale di Tokyo istituito dalle Potenze Alleate dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; il dibattito riguardo la "riscrittura dei manuali scolastici in Giappone"; il tema del revisionismo e del negazionismo verso il passato bellico largamente diffuso nel Paese, ma non di meno la discussione riguardo le scuse ufficiali che il Giappone deve a tutte le nazioni aggredite durante il secondo conflitto mondiale. Il tema delle scuse è molto sentito soprattutto in Cina, che ha fatto del secondo conflitto sino-giapponese il centro della propria memoria collettiva e che non sembra ancora soddisfatta dei passi avanti fatti dal Giappone fino ad ora: la Dichiarazione dell'allora Primo Ministro socialista Murayama sembrava aver dato un segnale più che positivo, smentito però poco dopo dalle forti pressioni revisioniste di correnti interne al Partito Liberal-Democratico (principale partito in Giappone) che ebbero la meglio. Un tratto interessante da considerare è come la memoria storica sia stata plasmata da entrambe le nazioni in base alle loro esigenze: così il Giappone è passato dall'essere Paese "aggressore" e sconfitto dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad essere Paese "vittima" dello sgancio delle due bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Nagasaki, mentre dall'altro lato la Cina è passata dall'essere "gloriosa e vittoriosa" sotto la leadership di Mao, ad essere anch'essa vittima del cosiddetto "secolo dell'umiliazione" di cui il massacro di Nanchino rappresenta il punto più basso, per cui la stessa vigila affinché crimini del genere non si ripetano mai più. In conclusione si è cercato di capire quale futuro si prospetti per i due "colossi asiatici", se e in che modo le rispettive memorie storiche si possano riunire sotto un'unica memoria condivisa e quanto le loro relazioni bilaterali potrebbero beneficiarne. Alla fine del lavoro dunque, si potrà dire con maggiore certezza se il proverbio cinese che recita: "due tigri non potranno mai vivere sulla stessa montagna" rispecchi ancora la realtà o meno.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
DalCorso_Elisa.pdf
accesso aperto
Dimensione
1.41 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.41 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License
https://hdl.handle.net/20.500.12608/11244