Il presente lavoro di tesi magistrale cerca di ricostruire il rapporto denso e complesso tra la corte Estense e il mito di Vulcano dal primo decennio del XV secolo con il ducato di Borso I d’Este al primo del XVI secolo con Alfonso I. La ricerca si avvia con una panoramica delle origini del mito: il primo autore ad inserire il mito di Vulcano all’interno di un’opera letteraria fu Omero che nell’ Iliade lo descrive come protettore del fuoco e creatore di manufatti straordinari, mentre nell’ Odissea come il marito geloso di Venere. Generato dalla sola Era secondo Esiodo, figlio di Zeus e della sua consorte in base al racconto di Omero, sarebbe precipitato dall’ Olimpo per mano della madre, disgustata dal suo aspetto. La zoppaggine che lo caratterizza è stata recepita dalla ceramica attica che costituisce una precoce attestazione pittorica dell’iconografia del dio, raffigurato con attributi come tenaglie e martello. Nella letteratura classica egli è spesso esaltato per la creatività, elemento in comune con la dea Atena, con cui è stato sovente posto in relazione. Fonti come Omero e Filostrato lo citano come instancabile guerriero, dimentichi del suo difetto fisico. Un altro elemento che concorre a definire l’iconografia di Vulcano è la presenza dei Ciclopi che solo con la poesia alessandrina diventano stabilmente i mitici aiutanti di Efesto-Vulcano. Il corpo centrale della tesi è dedicato alle commissioni dei principali esponenti della casa d’Este: assiso su un carro trascinato da scimmie, il Vulcano di Palazzo Schifanoia si dirige verso la fucina con i Ciclopi; posto a rappresentanza del Mese di Settembre, viene affrescato tra il 1467 e il 1470 da Ercole de’ Roberti chiaramente ispirato dai versi dell’Odissea. Il paragrafo su Borso sottolinea la volontà del committente di ribadire una propria linea di successione attraverso la legittimazione del potere e il rimando ad antichi valori. L’interesse per Vulcano sembra diminuire negli anni della dominazione di Ercole I con la conseguente diminuzione delle occasioni per rappresentarne le vicende. Questo periodo storico apporta comunque grandi novità per Ferrara a partire dall’addizione erculea che vedrà la concretizzazione di un’ulteriore attestazione in città del dio del fuoco, con la decorazione della parasta d’angolo di Palazzo Diamanti attribuita a Gabriele Frisoni. Alfonso I d’Este amerà, invece, identificarsi con questa divinità controversa, non solo per motivi di tipo propagandistico-militare, ma anche per una notevole affinità personale. Qualche decennio dopo il ciclo astrologico-celebrativo commissionato da Borso, Antonio Lombardo scolpiva un pannello con la mitica fucina per i Camerini d’Alabastro, mentre Benvenuto Tisi da Garofalo affrescava diciotto lunette della Sala del Tesoro a Palazzo Costabili, con il primo e il quattordicesimo voltino che offrono un focus su Vulcano al lavoro nella fucina, omaggio alle virtù civili del committente. Dosso Dossi nella sua Allegoria musicale coglie l’interesse del duca per la musica e raffigura il dio con un trappo rosso mosso dal vento, un attributo che diventa quasi costante nell’iconografia vulcaniana del XVI secolo. Si lega al drappo scarlatto anche la figura dipinta dal Mantegna per il Parnaso di Isabella d’Este. Si analizzano poi anche le opere letterarie: tra gli autori Ludovico Ariosto presenta il dio fabbro nell’Orlando Innamorato, nei Suppositi e in altre opere teatrali e poetiche minori quasi sempre in relazione ad Alfonso I; Matteo Maria Boiardo ne sottolinea la folle gelosia nei Tarocchi. L’indagine si estende, infine, per consentire un’adeguata comprensione della fortuna visiva del soggetto: importanti artisti come Vasari, Velázquez e Rubens tornano sul tema del dio fabbro, divenuto poi nel XIX secolo emblema della crescente industrializzazione.

L'iconografia di Vulcano alla corte estense: da Borso ad Alfonso I d'Este.

GIULIANI, ELISA
2021/2022

Abstract

Il presente lavoro di tesi magistrale cerca di ricostruire il rapporto denso e complesso tra la corte Estense e il mito di Vulcano dal primo decennio del XV secolo con il ducato di Borso I d’Este al primo del XVI secolo con Alfonso I. La ricerca si avvia con una panoramica delle origini del mito: il primo autore ad inserire il mito di Vulcano all’interno di un’opera letteraria fu Omero che nell’ Iliade lo descrive come protettore del fuoco e creatore di manufatti straordinari, mentre nell’ Odissea come il marito geloso di Venere. Generato dalla sola Era secondo Esiodo, figlio di Zeus e della sua consorte in base al racconto di Omero, sarebbe precipitato dall’ Olimpo per mano della madre, disgustata dal suo aspetto. La zoppaggine che lo caratterizza è stata recepita dalla ceramica attica che costituisce una precoce attestazione pittorica dell’iconografia del dio, raffigurato con attributi come tenaglie e martello. Nella letteratura classica egli è spesso esaltato per la creatività, elemento in comune con la dea Atena, con cui è stato sovente posto in relazione. Fonti come Omero e Filostrato lo citano come instancabile guerriero, dimentichi del suo difetto fisico. Un altro elemento che concorre a definire l’iconografia di Vulcano è la presenza dei Ciclopi che solo con la poesia alessandrina diventano stabilmente i mitici aiutanti di Efesto-Vulcano. Il corpo centrale della tesi è dedicato alle commissioni dei principali esponenti della casa d’Este: assiso su un carro trascinato da scimmie, il Vulcano di Palazzo Schifanoia si dirige verso la fucina con i Ciclopi; posto a rappresentanza del Mese di Settembre, viene affrescato tra il 1467 e il 1470 da Ercole de’ Roberti chiaramente ispirato dai versi dell’Odissea. Il paragrafo su Borso sottolinea la volontà del committente di ribadire una propria linea di successione attraverso la legittimazione del potere e il rimando ad antichi valori. L’interesse per Vulcano sembra diminuire negli anni della dominazione di Ercole I con la conseguente diminuzione delle occasioni per rappresentarne le vicende. Questo periodo storico apporta comunque grandi novità per Ferrara a partire dall’addizione erculea che vedrà la concretizzazione di un’ulteriore attestazione in città del dio del fuoco, con la decorazione della parasta d’angolo di Palazzo Diamanti attribuita a Gabriele Frisoni. Alfonso I d’Este amerà, invece, identificarsi con questa divinità controversa, non solo per motivi di tipo propagandistico-militare, ma anche per una notevole affinità personale. Qualche decennio dopo il ciclo astrologico-celebrativo commissionato da Borso, Antonio Lombardo scolpiva un pannello con la mitica fucina per i Camerini d’Alabastro, mentre Benvenuto Tisi da Garofalo affrescava diciotto lunette della Sala del Tesoro a Palazzo Costabili, con il primo e il quattordicesimo voltino che offrono un focus su Vulcano al lavoro nella fucina, omaggio alle virtù civili del committente. Dosso Dossi nella sua Allegoria musicale coglie l’interesse del duca per la musica e raffigura il dio con un trappo rosso mosso dal vento, un attributo che diventa quasi costante nell’iconografia vulcaniana del XVI secolo. Si lega al drappo scarlatto anche la figura dipinta dal Mantegna per il Parnaso di Isabella d’Este. Si analizzano poi anche le opere letterarie: tra gli autori Ludovico Ariosto presenta il dio fabbro nell’Orlando Innamorato, nei Suppositi e in altre opere teatrali e poetiche minori quasi sempre in relazione ad Alfonso I; Matteo Maria Boiardo ne sottolinea la folle gelosia nei Tarocchi. L’indagine si estende, infine, per consentire un’adeguata comprensione della fortuna visiva del soggetto: importanti artisti come Vasari, Velázquez e Rubens tornano sul tema del dio fabbro, divenuto poi nel XIX secolo emblema della crescente industrializzazione.
2021
The iconography of Vulcan at the Este court: from Borso to Alfonso I d'Este.
Vulcano
Estensi
Ferrara
Iconografia
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
TESI GIULIANI pdfa.pdf

accesso riservato

Dimensione 4.78 MB
Formato Adobe PDF
4.78 MB Adobe PDF

The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/11536