Il rapporto tra follia e genere è centrale nella letteratura dell’Ottocento e del Novecento e la rappresentazione del disagio psichico sembra essere una prerogativa della donna. Si riscontrano certamente casi di personaggi maschili affetti da disturbo mentale, ma i romanzi con protagonista una donna “pazza” o che impazzisce sono nettamente in maggioranza. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di analizzare la relazione profonda tra genere e pazzia, con particolare attenzione alla figura di Bertha Antoinetta Mason, definita come la “madwoman in the attic” da Charlotte Brontë nel suo celeberrimo romanzo Jane Eyre. Celebrato dalla critica femminile come espressione in letteratura delle rivendicazioni di genere, Jane Eyre è stato oggetto di controversie e polemiche letture soprattutto alla luce della recente prospettiva teorica postcoloniale. In particolare, la costruzione della soggettività della protagonista Jane, intorno alla quale ruota il romanzo, è debitrice di cancellazioni e occultamenti di un’identità altra che si configura nel personaggio inquietante e problematico citato in precedenza, ovvero la prima moglie del signor Rochester. Bertha Mason, donna creola di origini caraibiche e affetta da un’incurabile pazzia, diviene così il simbolo di una perversa e temibile alterità destinata ad essere emarginata e infine soppressa. Nella cancellazione dell’alterità, che nel personaggio di Bertha somma la diversità di razza a quella di classe oltre che di genere, Jane individua la strada del successo: la sua identità si costruisce per opposizione con l’altra, che ne disturba la stabilità solo per giungere infine a confermarla. In quest’ottica, un secolo più tardi, la scrittrice britannica di origini caraibiche Jean Rhys, dona voce a questo controverso personaggio nel suo romanzo Wide Sargasso Sea (1966), presentandola a partire dalla sua giovinezza trascorsa in Giamaica fino al suo infelice matrimonio con un non specificato gentleman inglese, il quale la fa dichiarare pazza e la porta con sé in Inghilterra. Il testo di Brontë offre esigue informazioni circa il personaggio di Bertha, circondata da un’aura di mistero e paura. Nello specifico, la donna viene rinchiusa nell’attico di Thornfield Hall e in preda ad un attacco di follia dà fuoco al castello e si lancia dal tetto. Nell’ipertesto è senza dubbio rappresentata come una presenza femminile archetipa negativa, irrazionale, violenta, perversa e incapace di controllare i propri istinti. In aggiunta, il signor Rochester afferma di odiare la sua prima moglie (sposata per volere del padre) in quanto si tratta di una donna lasciva, lunatica e la biasima per aver tradito la sua fiducia non rivelandogli la follia della madre. Al contrario, nell’ipotesto, Jean Rhys crea un personaggio che incute pietà e non terrore, dal momento che Bertha non era affatto pazza, ma la sua condizione era il prodotto di tutto ciò che aveva dovuto subire fin dalla tenera età. Proiezione dei più profondi timori della società vittoriana, Bertha è vittima della follia, della sessualità incontrollata, della bestialità, tratti che Jane dovrà apprendere a tenere sotto controllo per acquisire una rispettabile identità. A dispetto della rappresentazione dicotomica dei due soggetti femminili, parte della critica ha ravvisato in Bertha una sorta di alter ego della protagonista, cosicché l’istinto e la follia che la caratterizzano si attestano come manifestazione esterna del rancore e delle passioni soffocate dell’altra. Pertanto, Bertha rappresenta la parte più vera e buia di Jane, espressione della rabbia repressa tanto dell’eroina, quanto della stessa scrittrice, entrambe vittime dell’oppressione patriarcale.
Madness and Gender: a Study of the Female Voice in Jean Rhys' Wide Sargasso Sea and in other Rewritings of Jane Eyre
BARICHELLO, GIULIA
2021/2022
Abstract
Il rapporto tra follia e genere è centrale nella letteratura dell’Ottocento e del Novecento e la rappresentazione del disagio psichico sembra essere una prerogativa della donna. Si riscontrano certamente casi di personaggi maschili affetti da disturbo mentale, ma i romanzi con protagonista una donna “pazza” o che impazzisce sono nettamente in maggioranza. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di analizzare la relazione profonda tra genere e pazzia, con particolare attenzione alla figura di Bertha Antoinetta Mason, definita come la “madwoman in the attic” da Charlotte Brontë nel suo celeberrimo romanzo Jane Eyre. Celebrato dalla critica femminile come espressione in letteratura delle rivendicazioni di genere, Jane Eyre è stato oggetto di controversie e polemiche letture soprattutto alla luce della recente prospettiva teorica postcoloniale. In particolare, la costruzione della soggettività della protagonista Jane, intorno alla quale ruota il romanzo, è debitrice di cancellazioni e occultamenti di un’identità altra che si configura nel personaggio inquietante e problematico citato in precedenza, ovvero la prima moglie del signor Rochester. Bertha Mason, donna creola di origini caraibiche e affetta da un’incurabile pazzia, diviene così il simbolo di una perversa e temibile alterità destinata ad essere emarginata e infine soppressa. Nella cancellazione dell’alterità, che nel personaggio di Bertha somma la diversità di razza a quella di classe oltre che di genere, Jane individua la strada del successo: la sua identità si costruisce per opposizione con l’altra, che ne disturba la stabilità solo per giungere infine a confermarla. In quest’ottica, un secolo più tardi, la scrittrice britannica di origini caraibiche Jean Rhys, dona voce a questo controverso personaggio nel suo romanzo Wide Sargasso Sea (1966), presentandola a partire dalla sua giovinezza trascorsa in Giamaica fino al suo infelice matrimonio con un non specificato gentleman inglese, il quale la fa dichiarare pazza e la porta con sé in Inghilterra. Il testo di Brontë offre esigue informazioni circa il personaggio di Bertha, circondata da un’aura di mistero e paura. Nello specifico, la donna viene rinchiusa nell’attico di Thornfield Hall e in preda ad un attacco di follia dà fuoco al castello e si lancia dal tetto. Nell’ipertesto è senza dubbio rappresentata come una presenza femminile archetipa negativa, irrazionale, violenta, perversa e incapace di controllare i propri istinti. In aggiunta, il signor Rochester afferma di odiare la sua prima moglie (sposata per volere del padre) in quanto si tratta di una donna lasciva, lunatica e la biasima per aver tradito la sua fiducia non rivelandogli la follia della madre. Al contrario, nell’ipotesto, Jean Rhys crea un personaggio che incute pietà e non terrore, dal momento che Bertha non era affatto pazza, ma la sua condizione era il prodotto di tutto ciò che aveva dovuto subire fin dalla tenera età. Proiezione dei più profondi timori della società vittoriana, Bertha è vittima della follia, della sessualità incontrollata, della bestialità, tratti che Jane dovrà apprendere a tenere sotto controllo per acquisire una rispettabile identità. A dispetto della rappresentazione dicotomica dei due soggetti femminili, parte della critica ha ravvisato in Bertha una sorta di alter ego della protagonista, cosicché l’istinto e la follia che la caratterizzano si attestano come manifestazione esterna del rancore e delle passioni soffocate dell’altra. Pertanto, Bertha rappresenta la parte più vera e buia di Jane, espressione della rabbia repressa tanto dell’eroina, quanto della stessa scrittrice, entrambe vittime dell’oppressione patriarcale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/11624