La retroflessione è generalmente definita come il movimento che compie la punta della lingua - dapprima sollevandosi e poi indietreggiando verso il palato - per produrre consonanti coronali. Nel corso di questa indagine, tale definizione è stata sviscerata in quanto il contatto tra la lingua e il palato può essere a volte apicale e altre volte subapicale o sublaminale, creando articolazioni alveolari, postalveolari o palatali. Ciò ha portato ad affermare che il termine retroflessione non possa che essere considerato un termine tetto, non possa cioè essere interpretato allo stesso modo in ogni lingua in cui è presente. Allo stesso tempo, da un punto di vista fonologico, è stato mostrato che è possibile definire la classe delle retroflesse come una classe naturale, grazie ai tratti comuni e universali che condividono ([+ coronale, - anteriore, - distribuito]). La letteratura più recente in merito ai suoni retroflessi si concentra sulle lingue dravidiche, australiane, scandinave, ignorando del tutto la presenza degli stessi in ambito romanzo. In questa ricerca, l’attenzione è rivolta al nostro Paese e alle varietà meridionali e insulari che presentano suoni retroflessi, con lo scopo di passare in rassegna gli esiti che derivano da determinati gruppi consonantici (ll, tr, ttr, dr, str, ntr). Ciò che è emerso dal confronto dimostra che nonostante si tratti di aree geograficamente contigue, le realizzazioni di questi gruppi consonantici portano ad un quadro piuttosto eterogeneo: sebbene gli esiti retroflessi siano dominanti in tutte le varietà prese in esame, non mancano realizzazioni alveolari o alveodentali. Nella maggior parte di questi dialetti, comunque, si registrano esiti affricati ([ɖɖʐ] < ll, [ʈ(ː)ʂ] < t(ː)r) o fricativi ([š] < str).
Una descrizione fonetica e fonologica delle consonanti retroflesse: le varietà italo-romanze a confronto
SALLUZZO, CHIARA
2021/2022
Abstract
La retroflessione è generalmente definita come il movimento che compie la punta della lingua - dapprima sollevandosi e poi indietreggiando verso il palato - per produrre consonanti coronali. Nel corso di questa indagine, tale definizione è stata sviscerata in quanto il contatto tra la lingua e il palato può essere a volte apicale e altre volte subapicale o sublaminale, creando articolazioni alveolari, postalveolari o palatali. Ciò ha portato ad affermare che il termine retroflessione non possa che essere considerato un termine tetto, non possa cioè essere interpretato allo stesso modo in ogni lingua in cui è presente. Allo stesso tempo, da un punto di vista fonologico, è stato mostrato che è possibile definire la classe delle retroflesse come una classe naturale, grazie ai tratti comuni e universali che condividono ([+ coronale, - anteriore, - distribuito]). La letteratura più recente in merito ai suoni retroflessi si concentra sulle lingue dravidiche, australiane, scandinave, ignorando del tutto la presenza degli stessi in ambito romanzo. In questa ricerca, l’attenzione è rivolta al nostro Paese e alle varietà meridionali e insulari che presentano suoni retroflessi, con lo scopo di passare in rassegna gli esiti che derivano da determinati gruppi consonantici (ll, tr, ttr, dr, str, ntr). Ciò che è emerso dal confronto dimostra che nonostante si tratti di aree geograficamente contigue, le realizzazioni di questi gruppi consonantici portano ad un quadro piuttosto eterogeneo: sebbene gli esiti retroflessi siano dominanti in tutte le varietà prese in esame, non mancano realizzazioni alveolari o alveodentali. Nella maggior parte di questi dialetti, comunque, si registrano esiti affricati ([ɖɖʐ] < ll, [ʈ(ː)ʂ] < t(ː)r) o fricativi ([š] < str).File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/11655