During my Erasmus at the University of KU Leuven, Belgium, I had the opportunity to organize some physical activities for disabled people, and even draw up the functional profile of one of the participants in the so-called, “sports week”. This experience made me realize how many difficulties some people must face every day, how resilient people with disability are, and how “extraordinary” they appear to the eyes of someone who is not impaired or never had a disability. Afterward, I found myself thinking about how the images and the lexicon about disability, to which the society is constantly subjected, could alter its comprehension and perception of disability. Starting from this reflection, I firstly, deepened and analyzed the models that, variously considering the relationship between the individual, health condition, and society, try to explain disability (medical model, social model, and biopsychosocial model). As a result, I decided to adopt the perspective of the biopsychosocial model explained in the ICF and published by the WHO in 2001, which synthesize the medical and social model. Subsequently, after briefly explaining their origins and history, I tried to understand if the International Paralympic Committee (IPC), the Paralympic Movement, and the Paralympic Games, a time when disability sport is in the spotlight and receives major media coverage, could foster the empowerment of disabled people, through athletes’ representations. In doing so, I focused on how Paralympians are portrayed by the media, examining, and questioning the main discourse about them, the so-called “supercrip”. By putting together several and different points of view, obtained from audiovisual sources, direct testimonies, and scientific literature, I tried to understand and explain the merits and demerits of this type of representation. Moreover, I discussed if the choice of the media to use it so recurrently is an operation dictated only by reasons of convenience, or if it could promote a change in public opinion, towards a more positive consideration of disability, and eliminate the negative stigma that exists about it. Finally, I introduced the "WeThe15" campaign, launched by the IPC at the Tokyo 2020 Paralympics, which aims to reduce inactivity, eliminate inequalities and discrimination, and promote inclusion.

Nel corso del mio Erasmus presso l’università KU Leuven, in Belgio, ho avuto modo di organizzare delle attività sportive per persone con disabilità, stilando anche il profilo funzionale di uno dei partecipanti al progetto. Ciò mi ha permesso di rendermi conto di quali siano le difficoltà che alcune persone affrontano quotidianamente, di quanto le persone con disabilità possano essere resilienti e di quanto appaiano, agli occhi di chi non hai mai vissuto l’esperienza della disabilità, “straordinarie”. Questa esperienza mi ha in seguito fatto riflettere sulle immagini che ci vengono mostrate e sul lessico utilizzato dai media relativamente alla disabilità e su quali possano essere le conseguenze sulla percezione e comprensione della disabilità da parte della società. Come prima cosa, ho approfondito e analizzato i modelli che, considerando variamente il rapporto tra individuo, condizione di salute e società, tentano di fornire una spiegazione della disabilità (modello medico, sociale e biopsicosociale). In seguito a questa analisi ho deciso di adottare la prospettiva del modello biopiscosociale, sintesi dei modelli medico e sociale, e spiegato nell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) pubblicata dall’OMS nel 2001. Successivamente, dopo averne spiegato brevemente origini e storia ho cercato di capire se il movimento Paralimpico, il Comitato Paralimpico Internazionale (CPI) e le Paralimpiadi, momento in cui la disabilità nello sport è sotto i riflettori e riceve un’importantissima copertura mediatica, possano realmente favorire l’empowerment delle persone con disabilità. Nel fare ciò mi sono soffermata sul modo in cui gli atleti paralimpici vengono ritratti dai media, esaminando e mettendo in discussione il tipo di narrazione prevalente e più frequentemente utilizzato, quello del “supercrip”. Confrontando diversi punti di vista, ricavati da fonti audio-visive, testimonianze dirette e dalla letteratura scientifica, ho cercato di capire quali siano i meriti e i demeriti di questo tipo di rappresentazione, e se la scelta dei media di utilizzarla così ricorrentemente sia solo un’operazione dettata da motivi di convenienza, o possa realmente promuovere un cambiamento dell’opinione pubblica verso una considerazione più positiva della disabilità ed eliminare lo stigma negativo che esiste attorno ad essa. Infine, ho introdotto la campagna “WeThe15”, lanciata dal CPI alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, che mira a ridurre l’inattività, eliminare diseguaglianze e discriminazioni e promuovere l’inclusione.

Sport e disabilità: rappresentazione delle persone con disabilità, tra modello sociale, medico e atleti “supercrip”.

BALDASSIN, ALMACLARA
2021/2022

Abstract

During my Erasmus at the University of KU Leuven, Belgium, I had the opportunity to organize some physical activities for disabled people, and even draw up the functional profile of one of the participants in the so-called, “sports week”. This experience made me realize how many difficulties some people must face every day, how resilient people with disability are, and how “extraordinary” they appear to the eyes of someone who is not impaired or never had a disability. Afterward, I found myself thinking about how the images and the lexicon about disability, to which the society is constantly subjected, could alter its comprehension and perception of disability. Starting from this reflection, I firstly, deepened and analyzed the models that, variously considering the relationship between the individual, health condition, and society, try to explain disability (medical model, social model, and biopsychosocial model). As a result, I decided to adopt the perspective of the biopsychosocial model explained in the ICF and published by the WHO in 2001, which synthesize the medical and social model. Subsequently, after briefly explaining their origins and history, I tried to understand if the International Paralympic Committee (IPC), the Paralympic Movement, and the Paralympic Games, a time when disability sport is in the spotlight and receives major media coverage, could foster the empowerment of disabled people, through athletes’ representations. In doing so, I focused on how Paralympians are portrayed by the media, examining, and questioning the main discourse about them, the so-called “supercrip”. By putting together several and different points of view, obtained from audiovisual sources, direct testimonies, and scientific literature, I tried to understand and explain the merits and demerits of this type of representation. Moreover, I discussed if the choice of the media to use it so recurrently is an operation dictated only by reasons of convenience, or if it could promote a change in public opinion, towards a more positive consideration of disability, and eliminate the negative stigma that exists about it. Finally, I introduced the "WeThe15" campaign, launched by the IPC at the Tokyo 2020 Paralympics, which aims to reduce inactivity, eliminate inequalities and discrimination, and promote inclusion.
2021
Sport and disability: representation of people with disability, between social model, medical model, and "supercrip" athletes.
Nel corso del mio Erasmus presso l’università KU Leuven, in Belgio, ho avuto modo di organizzare delle attività sportive per persone con disabilità, stilando anche il profilo funzionale di uno dei partecipanti al progetto. Ciò mi ha permesso di rendermi conto di quali siano le difficoltà che alcune persone affrontano quotidianamente, di quanto le persone con disabilità possano essere resilienti e di quanto appaiano, agli occhi di chi non hai mai vissuto l’esperienza della disabilità, “straordinarie”. Questa esperienza mi ha in seguito fatto riflettere sulle immagini che ci vengono mostrate e sul lessico utilizzato dai media relativamente alla disabilità e su quali possano essere le conseguenze sulla percezione e comprensione della disabilità da parte della società. Come prima cosa, ho approfondito e analizzato i modelli che, considerando variamente il rapporto tra individuo, condizione di salute e società, tentano di fornire una spiegazione della disabilità (modello medico, sociale e biopsicosociale). In seguito a questa analisi ho deciso di adottare la prospettiva del modello biopiscosociale, sintesi dei modelli medico e sociale, e spiegato nell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) pubblicata dall’OMS nel 2001. Successivamente, dopo averne spiegato brevemente origini e storia ho cercato di capire se il movimento Paralimpico, il Comitato Paralimpico Internazionale (CPI) e le Paralimpiadi, momento in cui la disabilità nello sport è sotto i riflettori e riceve un’importantissima copertura mediatica, possano realmente favorire l’empowerment delle persone con disabilità. Nel fare ciò mi sono soffermata sul modo in cui gli atleti paralimpici vengono ritratti dai media, esaminando e mettendo in discussione il tipo di narrazione prevalente e più frequentemente utilizzato, quello del “supercrip”. Confrontando diversi punti di vista, ricavati da fonti audio-visive, testimonianze dirette e dalla letteratura scientifica, ho cercato di capire quali siano i meriti e i demeriti di questo tipo di rappresentazione, e se la scelta dei media di utilizzarla così ricorrentemente sia solo un’operazione dettata da motivi di convenienza, o possa realmente promuovere un cambiamento dell’opinione pubblica verso una considerazione più positiva della disabilità ed eliminare lo stigma negativo che esiste attorno ad essa. Infine, ho introdotto la campagna “WeThe15”, lanciata dal CPI alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, che mira a ridurre l’inattività, eliminare diseguaglianze e discriminazioni e promuovere l’inclusione.
Disabilità
Paralimpiadi
Inclusione
Sociale
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