Il problema della sovrappopolazione felina è presente su scala mondiale, in ogni luogo abitato dall’uomo. L’unica strategia di controllo che si è dimostrata vincente è la sterilizzazione sistematica tramite programmi “high volume surgery” di TNR (trap-neuter-return), associata all’adozione dei cuccioli ed a campagne di informazione volte a incentivare la sterilizzazione dei gatti di casa e a prevenirne l’abbandono. Negli USA il problema è particolarmente sentito, e negli ultimi anni la branca della Shelter Medicine ha avuto un notevole sviluppo: nel 1999 è sorta la prima scuola di specializzazione in Shelter Medicine alla Cornell University, e attualmente diversi atenei statunitensi collaborano con strutture rifugio. In Italia la situazione è arretrata rispetto al modello USA e, sebbene la legge 281/91 sancendo una politica no-kill abbia rafforzato l’importanza di una sterilizzazione sistematica per il controllo della sovrappopolazione, non sono ancora in atto protocolli “high surgery” in grado di gestire grandi numeri (eccezione fatta per il Roman Cat Sanctuary di Torre Argentina, sorto su un modello USA) e la normativa è scarna e poco chiara. Assodato che programmi sistematici di TNR sono necessari ed al momento non sostituibili, dovrebbero essere previste strutture per la stabulazione dei gatti di strada, qualora bisognosi di cure, adottabili, “domestici” o almeno per la degenza post-operatoria. In Italia la situazione è piuttosto nebulosa, e, da un punto di vista giuridico, i gattili per alcune regioni sono inesistenti mentre altre hanno stabilito i requisiti strutturali minimi. Le strutture rifugio dovrebbero sempre attenersi a dei requisiti strutturali e gestionali minimi, anche se non previsti dalla normativa vigente, poiché l’elevata promiscuità e gli alti numeri favoriscono la diffusione delle malattie infettive: divengono così necessari reparti di quarantena, isolamento, pavimenti e pareti in materiali facilmente lavabili e disinfettabili, l’uso di attrezzatura usa e getta (…) e sistematiche operazioni di pulizia, affiancate ad un corretto management per il benessere degli animali. Un’indagine preliminare sulle strutture rifugio per gatti in Italia è stata condotta con l’ausilio di un questionario, strumento che ha mostrato seri limiti. Ciò nonostante è emersa una situazione estremamente eterogenea, che va da strutture sanitarie attrezzate e funzionali a soluzioni “di fortuna”, entrambe comprese sotto il denominatore comune di “gattile”, dal momento che non ve ne è una definizione giuridica.
Problematiche relative al controllo della popolazione di gatti sinantropi ed alla gestione di strutture rifugio ad essi dedicate.
Carbonin Jakopin, Lisa
2011/2012
Abstract
Il problema della sovrappopolazione felina è presente su scala mondiale, in ogni luogo abitato dall’uomo. L’unica strategia di controllo che si è dimostrata vincente è la sterilizzazione sistematica tramite programmi “high volume surgery” di TNR (trap-neuter-return), associata all’adozione dei cuccioli ed a campagne di informazione volte a incentivare la sterilizzazione dei gatti di casa e a prevenirne l’abbandono. Negli USA il problema è particolarmente sentito, e negli ultimi anni la branca della Shelter Medicine ha avuto un notevole sviluppo: nel 1999 è sorta la prima scuola di specializzazione in Shelter Medicine alla Cornell University, e attualmente diversi atenei statunitensi collaborano con strutture rifugio. In Italia la situazione è arretrata rispetto al modello USA e, sebbene la legge 281/91 sancendo una politica no-kill abbia rafforzato l’importanza di una sterilizzazione sistematica per il controllo della sovrappopolazione, non sono ancora in atto protocolli “high surgery” in grado di gestire grandi numeri (eccezione fatta per il Roman Cat Sanctuary di Torre Argentina, sorto su un modello USA) e la normativa è scarna e poco chiara. Assodato che programmi sistematici di TNR sono necessari ed al momento non sostituibili, dovrebbero essere previste strutture per la stabulazione dei gatti di strada, qualora bisognosi di cure, adottabili, “domestici” o almeno per la degenza post-operatoria. In Italia la situazione è piuttosto nebulosa, e, da un punto di vista giuridico, i gattili per alcune regioni sono inesistenti mentre altre hanno stabilito i requisiti strutturali minimi. Le strutture rifugio dovrebbero sempre attenersi a dei requisiti strutturali e gestionali minimi, anche se non previsti dalla normativa vigente, poiché l’elevata promiscuità e gli alti numeri favoriscono la diffusione delle malattie infettive: divengono così necessari reparti di quarantena, isolamento, pavimenti e pareti in materiali facilmente lavabili e disinfettabili, l’uso di attrezzatura usa e getta (…) e sistematiche operazioni di pulizia, affiancate ad un corretto management per il benessere degli animali. Un’indagine preliminare sulle strutture rifugio per gatti in Italia è stata condotta con l’ausilio di un questionario, strumento che ha mostrato seri limiti. Ciò nonostante è emersa una situazione estremamente eterogenea, che va da strutture sanitarie attrezzate e funzionali a soluzioni “di fortuna”, entrambe comprese sotto il denominatore comune di “gattile”, dal momento che non ve ne è una definizione giuridica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/13872