La diffusione di condotte violente tra le mura domestiche, ambiente in cui si concentra il numero più elevato di violenze, ha portato la maggior parte dei paesi ad adottare numerosi interventi normativi nazionali e sovranazionali per contrastarla. Il fenomeno è stato per lungo tempo tollerato e sottovalutato in quanto ritenuto espressione di costumi sociali consolidati, negli ultimi decenni invece ha visto una presa di coscienza a livello internazionale più forte, con la conseguente adozione di norme puntuali e più efficaci. Se da un lato le manifestazioni più gravi, emergenti dall’evidenza delle autorità giudiziarie penali, vengono opportunamente punite, dall’altro vi è una maggiore difficoltà da parte del legislatore e dei vari operatori ad identificare le diverse condotte di violenza, siano esse di natura fisica, psicologica, economica o assistita, nell’ambito delle relazioni familiari. È all’interno di questo ambito che si trovano con più frequenza rapporti basati sulla prevaricazione e sulla sopraffazione, quando vi sono relazioni disfunzionali basate su rapporti di prevaricazione del partner violento sull’altra persona si realizza il “ciclo della violenza”. Quando la donna che subisce violenza, sposata, con figli, denuncia e chiede la separazione, se non accetta una separazione consensuale, entra nel giudiziale. A causa della complessità della situazione il giudice si appella ad un Consulente Tecnico d’ufficio ed entra così in gioco la figura dello psicologo, psicoterapeuta o psichiatra forense, quest’ultimo sarà chiamato a rivestire un ruolo importantissimo e di grande responsabilità. Egli, in quanto ausiliario del giudice, avrà il compito di comprendere le dinamiche familiari e suggerire la migliore soluzione per l’affidamento dei figli. Se i vari consulenti non sono opportunamente formati tenderanno a proporre modelli psicologici o eccessivamente semplicistici, o aderenti a teorie che la maggior parte della comunità scientifica è concorde a considerare “a-scientifiche” (PAS) per risolvere casi complessi. Inoltre i rappresentanti delle istituzioni, in quanto espressione della società, possono essere più o meno consciamente, portatori di pregiudizi e stereotipi di genere che stanno alla base della violenza domestica e che vedranno in ultima analisi donne e bambini sottoposti ad una vittimizzazione secondaria.

Il principio della bigenitorialità applicato ai casi di violenza domestica e la vittimizzazione secondaria.

VIGNOTTO, CAMILLA
2021/2022

Abstract

La diffusione di condotte violente tra le mura domestiche, ambiente in cui si concentra il numero più elevato di violenze, ha portato la maggior parte dei paesi ad adottare numerosi interventi normativi nazionali e sovranazionali per contrastarla. Il fenomeno è stato per lungo tempo tollerato e sottovalutato in quanto ritenuto espressione di costumi sociali consolidati, negli ultimi decenni invece ha visto una presa di coscienza a livello internazionale più forte, con la conseguente adozione di norme puntuali e più efficaci. Se da un lato le manifestazioni più gravi, emergenti dall’evidenza delle autorità giudiziarie penali, vengono opportunamente punite, dall’altro vi è una maggiore difficoltà da parte del legislatore e dei vari operatori ad identificare le diverse condotte di violenza, siano esse di natura fisica, psicologica, economica o assistita, nell’ambito delle relazioni familiari. È all’interno di questo ambito che si trovano con più frequenza rapporti basati sulla prevaricazione e sulla sopraffazione, quando vi sono relazioni disfunzionali basate su rapporti di prevaricazione del partner violento sull’altra persona si realizza il “ciclo della violenza”. Quando la donna che subisce violenza, sposata, con figli, denuncia e chiede la separazione, se non accetta una separazione consensuale, entra nel giudiziale. A causa della complessità della situazione il giudice si appella ad un Consulente Tecnico d’ufficio ed entra così in gioco la figura dello psicologo, psicoterapeuta o psichiatra forense, quest’ultimo sarà chiamato a rivestire un ruolo importantissimo e di grande responsabilità. Egli, in quanto ausiliario del giudice, avrà il compito di comprendere le dinamiche familiari e suggerire la migliore soluzione per l’affidamento dei figli. Se i vari consulenti non sono opportunamente formati tenderanno a proporre modelli psicologici o eccessivamente semplicistici, o aderenti a teorie che la maggior parte della comunità scientifica è concorde a considerare “a-scientifiche” (PAS) per risolvere casi complessi. Inoltre i rappresentanti delle istituzioni, in quanto espressione della società, possono essere più o meno consciamente, portatori di pregiudizi e stereotipi di genere che stanno alla base della violenza domestica e che vedranno in ultima analisi donne e bambini sottoposti ad una vittimizzazione secondaria.
2021
Co-parenting after domestic violence and secondary victimization.
Bigenitorialità
Violenza domestica
Vittimizzazione
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