Parlare di depressione oggi non è facile; questo perché, se da un lato sembra essere già stato detto tutto, dall'altro nessuno sembra essere ancora venuto a capo di quel fenomeno che accompagna l'uomo dall'alba dei (suoi) tempi. Il tentativo che si propone questo scritto è quello di cercare di comprendere, attraverso il metodo e la ricerca fenomenologica, un poco di più l'essenza stessa della melanconia, primariamente in relazione alla temporalità, intesa come struttura fondante dell'esistenza umana e le cui modificazioni (nelle forme della retrospezione e della prospezione melanconica) possono condurre ad un accesso psicopatologico. Il percorso di questo lavoro inizia da una panoramica generale del fenomeno depressivo, così come formulato a partire dagli antichi (ira degli dei, colpa e peccato, follia) fino ad arrivare alle teorizzazioni psicologiche recenti (la melanconia psicoanalitica, le distorsioni cognitive e le anomali cerebrali e neurotrasmettitorali), con l'accento posto sulla moderna classificazione nosografica della depressione la quale, se da un lato può aiutarne il riconoscimento ed il dialogo fra professionisti, dall'altro non concede la comprensione della stessa, il "come" della patogenesi del fenomeno. Ampio spazio anche al concetto di tempo: dall'antica distinzione rispetto all'eternità "fuori dal tempo" ad una temporalità che vede il proprio ruolo fondante rispetto all'esistenza umana (il futuro, secondo Heidegger, viene considerato come l’estasi temporale fondamentale a partire da cui possiamo progettare la nostra vita). In secondo luogo, viene evidenziata l'ottica husserliana dell'esperire il tempo (la sintesi unitaria data dall'unione dei tre momenti temporali: ritenzione, impressione originaria, protenzione) e come l'ambiente si intrecci indissolubilmente entro il tempo del soggetto (Minkowski). A questo punto, il fenomeno depressivo e la temporalità umana si incontrano: a partire da quel presupposto endo-cosmo-genetico (Tellenbach) che si rivela fondamentale nella patogenesi depressiva, fino ad arrivare alla descrizione di quelle modificazioni strutturali della temporalità che intercorrono nella depressione: la chiusura dell’avvenire e il rivolgimento di sé ad un passato che, come tale, non offre più alcuna possibilità di redenzione. Il futuro, in questa ottica, è visto come portatore di catastrofi imminenti: da queste due prospettive, ecco l’instillarsi della colpa e dell’angoscia. La depressione viene poi trattata anche rispetto al “tempo del mondo”: una conseguenza della de-sincronizzazione (Fuchs) tra esso ed il tempo personale. Arriviamo così ad un (possibile) decorso della patologia: il suicidio, che qui non deve essere inteso come fenomeno folle ed insensato, bensì come azione dotata di senso che noi stessi dobbiamo provare a ricostruire; suicidio che si configura come dispositivo antropologico estremo (Callieri) che possa, paradossalmente, ridare la vita al soggetto che, a causa della melanconia, percepisce la propria vita arida, desertica e priva di senso. Ed è in questo contesto che verranno analizzati gli stralci di un diario di un amico che ha deciso, tragicamente, di togliersi la vita: l’obiettivo di tale analisi (fenomenologicamente fondata) non è tanto quello di arrivare a capire il “perché”, quanto quello di sottrarre tale gesto dalla categoria dei fenomeni considerati insensati (il suicidio come modo di rimettere in moto la vitalità intrinseca dell’esistenza umana). Alle conclusioni viene dato l’arduo compito di mettere un punto sopra queste questioni (ben s’intenda: interrogativo).

Le modificazioni strutturali della temporalità in un caso di depressione melanconica

GOI, STEFANO
2021/2022

Abstract

Parlare di depressione oggi non è facile; questo perché, se da un lato sembra essere già stato detto tutto, dall'altro nessuno sembra essere ancora venuto a capo di quel fenomeno che accompagna l'uomo dall'alba dei (suoi) tempi. Il tentativo che si propone questo scritto è quello di cercare di comprendere, attraverso il metodo e la ricerca fenomenologica, un poco di più l'essenza stessa della melanconia, primariamente in relazione alla temporalità, intesa come struttura fondante dell'esistenza umana e le cui modificazioni (nelle forme della retrospezione e della prospezione melanconica) possono condurre ad un accesso psicopatologico. Il percorso di questo lavoro inizia da una panoramica generale del fenomeno depressivo, così come formulato a partire dagli antichi (ira degli dei, colpa e peccato, follia) fino ad arrivare alle teorizzazioni psicologiche recenti (la melanconia psicoanalitica, le distorsioni cognitive e le anomali cerebrali e neurotrasmettitorali), con l'accento posto sulla moderna classificazione nosografica della depressione la quale, se da un lato può aiutarne il riconoscimento ed il dialogo fra professionisti, dall'altro non concede la comprensione della stessa, il "come" della patogenesi del fenomeno. Ampio spazio anche al concetto di tempo: dall'antica distinzione rispetto all'eternità "fuori dal tempo" ad una temporalità che vede il proprio ruolo fondante rispetto all'esistenza umana (il futuro, secondo Heidegger, viene considerato come l’estasi temporale fondamentale a partire da cui possiamo progettare la nostra vita). In secondo luogo, viene evidenziata l'ottica husserliana dell'esperire il tempo (la sintesi unitaria data dall'unione dei tre momenti temporali: ritenzione, impressione originaria, protenzione) e come l'ambiente si intrecci indissolubilmente entro il tempo del soggetto (Minkowski). A questo punto, il fenomeno depressivo e la temporalità umana si incontrano: a partire da quel presupposto endo-cosmo-genetico (Tellenbach) che si rivela fondamentale nella patogenesi depressiva, fino ad arrivare alla descrizione di quelle modificazioni strutturali della temporalità che intercorrono nella depressione: la chiusura dell’avvenire e il rivolgimento di sé ad un passato che, come tale, non offre più alcuna possibilità di redenzione. Il futuro, in questa ottica, è visto come portatore di catastrofi imminenti: da queste due prospettive, ecco l’instillarsi della colpa e dell’angoscia. La depressione viene poi trattata anche rispetto al “tempo del mondo”: una conseguenza della de-sincronizzazione (Fuchs) tra esso ed il tempo personale. Arriviamo così ad un (possibile) decorso della patologia: il suicidio, che qui non deve essere inteso come fenomeno folle ed insensato, bensì come azione dotata di senso che noi stessi dobbiamo provare a ricostruire; suicidio che si configura come dispositivo antropologico estremo (Callieri) che possa, paradossalmente, ridare la vita al soggetto che, a causa della melanconia, percepisce la propria vita arida, desertica e priva di senso. Ed è in questo contesto che verranno analizzati gli stralci di un diario di un amico che ha deciso, tragicamente, di togliersi la vita: l’obiettivo di tale analisi (fenomenologicamente fondata) non è tanto quello di arrivare a capire il “perché”, quanto quello di sottrarre tale gesto dalla categoria dei fenomeni considerati insensati (il suicidio come modo di rimettere in moto la vitalità intrinseca dell’esistenza umana). Alle conclusioni viene dato l’arduo compito di mettere un punto sopra queste questioni (ben s’intenda: interrogativo).
2021
Structural modifications of temporality in a case of melancholic depression
Depressione
Temporalità
Melanconia
Suicidio
Fenomenologia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/32164