I professionisti che si occupano della cosiddetta “cura” nei confronti di altri soggetti, si possono identificare come una categoria “vulnerabile”. Questo perché la loro esposizione a esperienze emotivamente intense dell’altro, può influenzare il loro vivere ed essere. Da tempo, la letteratura evidenzia le conseguenze che coinvolgono gli individui che svolgono professioni d’aiuto (Bride, 2007; Rienks, 2020). Nello specifico, la letteratura evidenzia come operatori che si trovino a prendersi cura di minori con storie traumatiche possano sperimentare diverse condizioni. In primo luogo, si parla di stress traumatico secondario, il quale indica una serie di reazioni psicologiche e fisiche che, a causa dell’intensità, nel tempo può progredire in burnout (Figley, 1995). Nell’ambito delle organizzazioni, il burnout viene definito come “un processo progressivo caratterizzato da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e riduzione del senso di realizzazione personale che, in ambito lavorativo, viene comunemente attribuito alle caratteristiche organizzative o ai fattori di stress (Font, 2012; Lizano & Mor Barak, 2015)”. Gli educatori che si occupano di bambini con storie difficili cresciuti nelle strutture residenziali, sono chiamati a tutti gli effetti ad essere figure di riferimento (o “caregiver”) per i pazienti di cui si prendono cura, occupandosi dei loro bisogni (come dar da mangiare, fare il bagno ecc) (Van IJzendoorn et al., 2011). Tuttavia, gli educatori non svolgono solo una funzione pratica ma anche e soprattutto relazionale. Gli aspetti a cui sono esposti, non sono solamente positivi (come il piacere nell’aiutare gli altri attraverso il proprio lavoro), ma anche e soprattutto “di fatica”. Secondo i dati offerti della letteratura, è stato dimostrato che uno stress genitoriale eccessivo e prolungato, può portare il caregiver al burnout genitoriale, una sindrome che può avere esiti negativi rispetto alla qualità delle cure (Lindström, Aman, & Norberg, 2011; Norberg, 2007; Norberg, 2010; Norberg, Mellgren, Winiarski, & Forinder, 2014). In tal senso, la presente ricerca si è posta come obiettivo indagare le esperienze di compassion satisfaction, compassion fatigue (declinata nei domini di burnout lavorativo e stress traumatico secondario) e burnout genitoriale in individui che si occupano di minori con storie di esperienze traumatiche (gruppo ad alto rischio) e confrontarle con le figure professionali che si occupano di minori all’interno di contesti educativi per l’infanzia (gruppo a basso rischio). Nello specifico, il primo capitolo si concentra sulla descrizione del burnout lavorativo e dello stress traumatico secondario, sui fattori di rischio e protettivi (come la compassion satisfaction) ma anche sulle strategie di coping. Il secondo capitolo definisce il costrutto del burnout genitoriale assieme alle conseguenze, oltre che occuparsi della prevenzione e relazione tra i fenomeni di burnout lavorativo e burnout genitoriale. Il terzo capitolo è incentrato sulla ricerca, in particolare ne vengono specificati gli obiettivi e le ipotesi, il metodo, i partecipanti, gli strumenti utilizzati e le analisi statistiche condotte. Nel quarto capitolo sono presentati i risultati delle analisi statistiche. Nel quinto ed ultimo capitolo, i risultati vengono discussi con riferimento alle implicazioni cliniche e di ricerca. Infine, vengono riportati limiti e sviluppi futuri dello studio.
Trauma vicario e burnout in figure professionali che si occupano di bambini in situazioni di rischio
TESSAROLLO, BEATRICE
2021/2022
Abstract
I professionisti che si occupano della cosiddetta “cura” nei confronti di altri soggetti, si possono identificare come una categoria “vulnerabile”. Questo perché la loro esposizione a esperienze emotivamente intense dell’altro, può influenzare il loro vivere ed essere. Da tempo, la letteratura evidenzia le conseguenze che coinvolgono gli individui che svolgono professioni d’aiuto (Bride, 2007; Rienks, 2020). Nello specifico, la letteratura evidenzia come operatori che si trovino a prendersi cura di minori con storie traumatiche possano sperimentare diverse condizioni. In primo luogo, si parla di stress traumatico secondario, il quale indica una serie di reazioni psicologiche e fisiche che, a causa dell’intensità, nel tempo può progredire in burnout (Figley, 1995). Nell’ambito delle organizzazioni, il burnout viene definito come “un processo progressivo caratterizzato da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e riduzione del senso di realizzazione personale che, in ambito lavorativo, viene comunemente attribuito alle caratteristiche organizzative o ai fattori di stress (Font, 2012; Lizano & Mor Barak, 2015)”. Gli educatori che si occupano di bambini con storie difficili cresciuti nelle strutture residenziali, sono chiamati a tutti gli effetti ad essere figure di riferimento (o “caregiver”) per i pazienti di cui si prendono cura, occupandosi dei loro bisogni (come dar da mangiare, fare il bagno ecc) (Van IJzendoorn et al., 2011). Tuttavia, gli educatori non svolgono solo una funzione pratica ma anche e soprattutto relazionale. Gli aspetti a cui sono esposti, non sono solamente positivi (come il piacere nell’aiutare gli altri attraverso il proprio lavoro), ma anche e soprattutto “di fatica”. Secondo i dati offerti della letteratura, è stato dimostrato che uno stress genitoriale eccessivo e prolungato, può portare il caregiver al burnout genitoriale, una sindrome che può avere esiti negativi rispetto alla qualità delle cure (Lindström, Aman, & Norberg, 2011; Norberg, 2007; Norberg, 2010; Norberg, Mellgren, Winiarski, & Forinder, 2014). In tal senso, la presente ricerca si è posta come obiettivo indagare le esperienze di compassion satisfaction, compassion fatigue (declinata nei domini di burnout lavorativo e stress traumatico secondario) e burnout genitoriale in individui che si occupano di minori con storie di esperienze traumatiche (gruppo ad alto rischio) e confrontarle con le figure professionali che si occupano di minori all’interno di contesti educativi per l’infanzia (gruppo a basso rischio). Nello specifico, il primo capitolo si concentra sulla descrizione del burnout lavorativo e dello stress traumatico secondario, sui fattori di rischio e protettivi (come la compassion satisfaction) ma anche sulle strategie di coping. Il secondo capitolo definisce il costrutto del burnout genitoriale assieme alle conseguenze, oltre che occuparsi della prevenzione e relazione tra i fenomeni di burnout lavorativo e burnout genitoriale. Il terzo capitolo è incentrato sulla ricerca, in particolare ne vengono specificati gli obiettivi e le ipotesi, il metodo, i partecipanti, gli strumenti utilizzati e le analisi statistiche condotte. Nel quarto capitolo sono presentati i risultati delle analisi statistiche. Nel quinto ed ultimo capitolo, i risultati vengono discussi con riferimento alle implicazioni cliniche e di ricerca. Infine, vengono riportati limiti e sviluppi futuri dello studio.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Tessarollo_Beatrice.pdf
accesso aperto
Dimensione
1.06 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.06 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License
https://hdl.handle.net/20.500.12608/38481