L’obiettivo della tesi è di comprendere se nell’ordinamento penale Italiano vi possano essere degli innesti che favoriscono e permettono l’introduzione del paradigma riparativo, il quale enfatizza e valorizza il ruolo della vittima e mira all’auto responsabilizzazione da parte del reo tramite processi che mirano alla gestione condivisa del conflitto con il supporto di figure professionali. È per tale motivo che la giustizia riparativa potrebbe essere un modello che collega l’aspetto del controllo penale con la funzione di stampo risocializzante della pena. La legge del 28 aprile 2014 n. 67 che introduce la sospensione del processo penale con la messa alla prova per imputati adulti è un interessante spunto di analisi e di riflessione per l’effettiva compatibilità del recente istituto con i presupposti e gli obiettivi del paradigma ripativo, in quanto la messa alla prova si colloca a metà strada tra causa estintiva del reato e il rito premiale. La legge ha operato una rivoluzione copernicana al modo di intendere il reato, il quale non essendo minorile e nemmeno di competenza del giudice di pace, è affrontato senza l’utilizzo di una pena detentiva. Con tale istituto, la pena e il processo tendono verso istanze sia deflattive sia rieducative, in quanto la messa alla prova mira alla riparazione, alla rieducazione e alla retribuzione. La spinta propulsoria per l’innesto di tale istituto nell’ordinamento italiano è stato il monito da parte della Corte Europea per i diritti dell’uomo con la “Sentenza Torreggiani” del 2013, la quale accusava lo Stato Italiano di violare sistematicamente i diritti dei detenuti a causa dal sovraffollamento carcerario, in particolare l’art. 3 della Convenzione Europea. La corte di Strasburgo ha imposto l’introduzione sia di forme punitive alternative al carcere sia la diminuzione delle misure detentive cautelari. Da tali premesse il Legislatore ha introdotto la messa alla prova con l’intento di evitare all’indagato la possibile stigmatizzazione che deriva dal contatto con il sistema processuale e il contesto penitenziario. L’adozione di una visione sistemica e non più meramente carcerocentrica ha permesso di dedicare un’attenzione specifica alla mediazione e alla riparazione, le quali mirano ad attivare dinamiche e meccanismi di auto responsabilizzazione del reo. In tale contesto, l’autore di reato non è il destinatario passivo della sanzione penale, ma è colui che si attiva in prima persona per riparare il danno causato alla vittima.

La sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati adulti: una possibile apertura a percorsi di restorative justice.

MACCHI, CLAUDIA
2021/2022

Abstract

L’obiettivo della tesi è di comprendere se nell’ordinamento penale Italiano vi possano essere degli innesti che favoriscono e permettono l’introduzione del paradigma riparativo, il quale enfatizza e valorizza il ruolo della vittima e mira all’auto responsabilizzazione da parte del reo tramite processi che mirano alla gestione condivisa del conflitto con il supporto di figure professionali. È per tale motivo che la giustizia riparativa potrebbe essere un modello che collega l’aspetto del controllo penale con la funzione di stampo risocializzante della pena. La legge del 28 aprile 2014 n. 67 che introduce la sospensione del processo penale con la messa alla prova per imputati adulti è un interessante spunto di analisi e di riflessione per l’effettiva compatibilità del recente istituto con i presupposti e gli obiettivi del paradigma ripativo, in quanto la messa alla prova si colloca a metà strada tra causa estintiva del reato e il rito premiale. La legge ha operato una rivoluzione copernicana al modo di intendere il reato, il quale non essendo minorile e nemmeno di competenza del giudice di pace, è affrontato senza l’utilizzo di una pena detentiva. Con tale istituto, la pena e il processo tendono verso istanze sia deflattive sia rieducative, in quanto la messa alla prova mira alla riparazione, alla rieducazione e alla retribuzione. La spinta propulsoria per l’innesto di tale istituto nell’ordinamento italiano è stato il monito da parte della Corte Europea per i diritti dell’uomo con la “Sentenza Torreggiani” del 2013, la quale accusava lo Stato Italiano di violare sistematicamente i diritti dei detenuti a causa dal sovraffollamento carcerario, in particolare l’art. 3 della Convenzione Europea. La corte di Strasburgo ha imposto l’introduzione sia di forme punitive alternative al carcere sia la diminuzione delle misure detentive cautelari. Da tali premesse il Legislatore ha introdotto la messa alla prova con l’intento di evitare all’indagato la possibile stigmatizzazione che deriva dal contatto con il sistema processuale e il contesto penitenziario. L’adozione di una visione sistemica e non più meramente carcerocentrica ha permesso di dedicare un’attenzione specifica alla mediazione e alla riparazione, le quali mirano ad attivare dinamiche e meccanismi di auto responsabilizzazione del reo. In tale contesto, l’autore di reato non è il destinatario passivo della sanzione penale, ma è colui che si attiva in prima persona per riparare il danno causato alla vittima.
2021
Suspension of proceedings with probation for adult defendants: a possible opening to paths of restorative justice.
giustizia riparativa
messa alla prova
adulti
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