Nella Società della conoscenza (Pavan, 2008) si assiste ad alcuni passaggi paradigmatici: cambiano i valori educativi, muta il ruolo attribuito al contesto sociale e si riconosce la persona nella sua agentività. Nel porsi da paladina della significatività dell'apprendimento nell'arco di tutta la vita, questa società solletica la ripresa di alcuni principi cardini come quelli di Rousseau (1712-1778), che identifica come funzione dell'educazione quella di curarsi delle persone affinché apprendano a essere human being (Snaza & Nathan, 2013), e il secondo imperativo categorico di Kant (1724-1804) anticipato nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785), che postula di agire in modo da considerare la persona come fine e non come mezzo. Nella dignità umana, dunque, li promuove con continuità tramite il dialogo tra sistemi formali, informali e non formali tra cui il lavoro, contesto del dovere, potere e piacere. Di fronte alla tanta liquidità e fluidità che dalla società inonda anche le dinamiche organizzative, l'ancora attorno alla quale costruire l'equilibrio tra la persona come risorsa in sé e la competitività economica come spinta al guadagno, risiede nel riconoscere e includere la diversità: da esperienze diverse si traggono prospettive diverse, da prospettive diverse si ricavano soluzioni nuove ai problemi (Hertig & Davenport, 2010). Si pone attenzione dunque alla persona, alle sue capacità e funzionamenti e ai benefici di questa nuova imprenditorialità tramite una logica di sviluppo organizzativo il Diversity Management (DM). Concepito come approccio di equilibrio tra la persona e la strategia organizzativa affinché entrambi perseguino il proprio ben-essere, nel capitolo 1 si approfondiscono alcuni modelli di gestione della diversità, le ragioni e i benefici che rendono tale logica indispensabile per concepire il lavoro odierno che fungono da apripista per il capitolo 2 nel quale si riflette sul dialogo tra economia ed etica, tra bene individuale e comune, su quei vocaboli come diversità, inclusione e adattamento positivo che concorrono a contestualizzare il significato del DM. Nel capitolo 3 si approda infatti alla consapevolezza dei possibili mindset alla base della logica del DM e dunque potenziali fattori di influenza della funzionalità dell'approccio stesso. Gli ultimi due capitoli, investiti sulla ricerca sperimentale, esplorano rispettivamente nel capitolo 4 un precoce stato dell'arte della figura del Diversity Manager (DManager) così come praticata in Italia, mentre nel capitolo 5 un'intervento di sensibilizzazione alla logica DM e al ruolo DManager come primo passo contestuale e graduale di una prospettiva a lungo termine, avviata in un contesto organizzativo già fecondo della discussa visione italiana del DM.
Diversità: un ostacolo da superare o uno strumento da conoscere? Il Diversity Management come equilibrio tra la persona e la strategia organizzativa
COGO, MARTINA
2021/2022
Abstract
Nella Società della conoscenza (Pavan, 2008) si assiste ad alcuni passaggi paradigmatici: cambiano i valori educativi, muta il ruolo attribuito al contesto sociale e si riconosce la persona nella sua agentività. Nel porsi da paladina della significatività dell'apprendimento nell'arco di tutta la vita, questa società solletica la ripresa di alcuni principi cardini come quelli di Rousseau (1712-1778), che identifica come funzione dell'educazione quella di curarsi delle persone affinché apprendano a essere human being (Snaza & Nathan, 2013), e il secondo imperativo categorico di Kant (1724-1804) anticipato nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785), che postula di agire in modo da considerare la persona come fine e non come mezzo. Nella dignità umana, dunque, li promuove con continuità tramite il dialogo tra sistemi formali, informali e non formali tra cui il lavoro, contesto del dovere, potere e piacere. Di fronte alla tanta liquidità e fluidità che dalla società inonda anche le dinamiche organizzative, l'ancora attorno alla quale costruire l'equilibrio tra la persona come risorsa in sé e la competitività economica come spinta al guadagno, risiede nel riconoscere e includere la diversità: da esperienze diverse si traggono prospettive diverse, da prospettive diverse si ricavano soluzioni nuove ai problemi (Hertig & Davenport, 2010). Si pone attenzione dunque alla persona, alle sue capacità e funzionamenti e ai benefici di questa nuova imprenditorialità tramite una logica di sviluppo organizzativo il Diversity Management (DM). Concepito come approccio di equilibrio tra la persona e la strategia organizzativa affinché entrambi perseguino il proprio ben-essere, nel capitolo 1 si approfondiscono alcuni modelli di gestione della diversità, le ragioni e i benefici che rendono tale logica indispensabile per concepire il lavoro odierno che fungono da apripista per il capitolo 2 nel quale si riflette sul dialogo tra economia ed etica, tra bene individuale e comune, su quei vocaboli come diversità, inclusione e adattamento positivo che concorrono a contestualizzare il significato del DM. Nel capitolo 3 si approda infatti alla consapevolezza dei possibili mindset alla base della logica del DM e dunque potenziali fattori di influenza della funzionalità dell'approccio stesso. Gli ultimi due capitoli, investiti sulla ricerca sperimentale, esplorano rispettivamente nel capitolo 4 un precoce stato dell'arte della figura del Diversity Manager (DManager) così come praticata in Italia, mentre nel capitolo 5 un'intervento di sensibilizzazione alla logica DM e al ruolo DManager come primo passo contestuale e graduale di una prospettiva a lungo termine, avviata in un contesto organizzativo già fecondo della discussa visione italiana del DM.File | Dimensione | Formato | |
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