Che cos’è l’io e come si configura? La tesi è idealmente divisa in due parti. La prima è costituita dai primi due capitoli, in cui si approfondiscono le dinamiche che vanno a costituire e a determinare una particolare configurazione che si esprime nell’io occidentale. La seconda parte è costituita dai capi-toli 3, 4 e 5 e riguarda l’io come espressione della “Grande Ragione”, quella che la tradizione, secondo Nietzsche, chiama riduttivamente corpo. Nella prima parte della tesi si cerca di capire come nasce l’io determinato dalla morale. Per conoscere l’io da questo punto di vista, si deve fare un percorso gnoseologico e genealogico. In quest’ottica si parte da un confronto con Descartes per indagare l’uso di certi concetti nel linguaggio e approdare, infine, ad una morale che ha creato un bacino di valori utili a determinare le linee guida del comportamento sociale e quindi individuale. La contrapposizione fra le due più importanti tipologie di individui, l’aristocratico e il sacerdote, segna un netto confine fra un io come espressione spontanea del corpo e il sacerdote, espressione della mortificazione del corpo tramite il senso di colpa, che crea l’artificio dell’io decadente moderno. L’io è un’istanza creata in un passato non precisamente determinabile, che lo ha configurato nel modo in cui si presenta all’autocoscienza. Attraverso il principio di causa-effetto, si concepisce l’azione come effetto di una causa che l’ha avviata e così nasce l’idea di un soggetto che attiva le sue azioni e che si determina attraverso l’identità. Questo io che si forma viene poi ad essere educato secondo delle direzioni precise da seguire per controllarne il comportamento. Le direzioni che contraddistinguono l’io sono quelle impartite dalla morale, che mostrando ciò che è bene e male, va a determinare tipologie di persone che ubbidiscono a certe dinamiche di gruppo. L’elaborazione della seconda parte della tesi prende il suo spunto dal paragrafo intitolato “Dei disprezzatori del corpo” nell’opera “Così parlò Zarathustra”. Qui mi sono soffermato sul modo in cui Nietzsche concepisce il corpo o il Sé come grande ragione, distinguendolo dalla piccola ragione. Da qui la ricerca approfondisce il fatto che l’io è l’espressione della molteplicità delle volontà di potenza che costituiscono il corpo. In questo approccio il filosofo tedesco si allontana da un’idea riduzionista. Consapevole dell’importanza del metodo per compiere una ricerca accurata, il filosofo tedesco sa che l’introspezione ha grandi limiti, acuiti dallo strumento linguistico che porta con sé significati che nel tempo si sono stratificati. Per questo la partenza della ricerca deve privilegiare l’ambito del corpo. L’Io tradizionale, l’anima, lo spirito, sono parole diverse per esprimere la stessa idea, cioè la piccola ragione, che è il risultato della necessità di fare ordine nel caos del divenire, semplificando e trasformando. L’io è un’invenzione che non ha una volontà specifica e che non muove alcuna azione. L’io sembra essere una copia depotenziata della coscienza primaria, il corpo, di cui è l’espressione. Il linguaggio simbolico è la forma principale della coscienza secondaria, attraverso cui si opera l’assimilazione e la semplificazione, utili a gestire meglio gli stimoli e a creare una dimensione sociale dentro la quale risulti più efficace una strategia mirata a preservare l’organismo.
L'io secondo Nietzsche
CORRALES DIAZ, ABIGAIL
2021/2022
Abstract
Che cos’è l’io e come si configura? La tesi è idealmente divisa in due parti. La prima è costituita dai primi due capitoli, in cui si approfondiscono le dinamiche che vanno a costituire e a determinare una particolare configurazione che si esprime nell’io occidentale. La seconda parte è costituita dai capi-toli 3, 4 e 5 e riguarda l’io come espressione della “Grande Ragione”, quella che la tradizione, secondo Nietzsche, chiama riduttivamente corpo. Nella prima parte della tesi si cerca di capire come nasce l’io determinato dalla morale. Per conoscere l’io da questo punto di vista, si deve fare un percorso gnoseologico e genealogico. In quest’ottica si parte da un confronto con Descartes per indagare l’uso di certi concetti nel linguaggio e approdare, infine, ad una morale che ha creato un bacino di valori utili a determinare le linee guida del comportamento sociale e quindi individuale. La contrapposizione fra le due più importanti tipologie di individui, l’aristocratico e il sacerdote, segna un netto confine fra un io come espressione spontanea del corpo e il sacerdote, espressione della mortificazione del corpo tramite il senso di colpa, che crea l’artificio dell’io decadente moderno. L’io è un’istanza creata in un passato non precisamente determinabile, che lo ha configurato nel modo in cui si presenta all’autocoscienza. Attraverso il principio di causa-effetto, si concepisce l’azione come effetto di una causa che l’ha avviata e così nasce l’idea di un soggetto che attiva le sue azioni e che si determina attraverso l’identità. Questo io che si forma viene poi ad essere educato secondo delle direzioni precise da seguire per controllarne il comportamento. Le direzioni che contraddistinguono l’io sono quelle impartite dalla morale, che mostrando ciò che è bene e male, va a determinare tipologie di persone che ubbidiscono a certe dinamiche di gruppo. L’elaborazione della seconda parte della tesi prende il suo spunto dal paragrafo intitolato “Dei disprezzatori del corpo” nell’opera “Così parlò Zarathustra”. Qui mi sono soffermato sul modo in cui Nietzsche concepisce il corpo o il Sé come grande ragione, distinguendolo dalla piccola ragione. Da qui la ricerca approfondisce il fatto che l’io è l’espressione della molteplicità delle volontà di potenza che costituiscono il corpo. In questo approccio il filosofo tedesco si allontana da un’idea riduzionista. Consapevole dell’importanza del metodo per compiere una ricerca accurata, il filosofo tedesco sa che l’introspezione ha grandi limiti, acuiti dallo strumento linguistico che porta con sé significati che nel tempo si sono stratificati. Per questo la partenza della ricerca deve privilegiare l’ambito del corpo. L’Io tradizionale, l’anima, lo spirito, sono parole diverse per esprimere la stessa idea, cioè la piccola ragione, che è il risultato della necessità di fare ordine nel caos del divenire, semplificando e trasformando. L’io è un’invenzione che non ha una volontà specifica e che non muove alcuna azione. L’io sembra essere una copia depotenziata della coscienza primaria, il corpo, di cui è l’espressione. Il linguaggio simbolico è la forma principale della coscienza secondaria, attraverso cui si opera l’assimilazione e la semplificazione, utili a gestire meglio gli stimoli e a creare una dimensione sociale dentro la quale risulti più efficace una strategia mirata a preservare l’organismo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/41019