Il diritto fallimentare italiano ha subito una notevole evoluzione nel corso degli anni dovuta essenzialmente ai profondi cambiamenti del contesto sociale, culturale ed economico, in una prospettiva sempre più globalizzata. Originariamente le procedure fallimentari venivano accostate a concetti di disonestà e di mala fede, comportando di conseguenza per il debitore, la perdita dei diritti civili e l’inflizione di sanzioni. L’attribuzione ad un soggetto della qualifica di fallito significava l’accollo di una condizione di disonore e di biasimo pubblico. Proprio per tale motivo, al fine di evitare questa connotazione negativa, nelle legislazioni più recenti, i termini “fallito”, “procedure fallimentari”, ecc. sono stati sostituiti da appellativi meno marcati, quali “insolvente”, “procedure volte alla regolazione della crisi”, ecc.. Un cambiamento radicale lo si ha anche nel loro fine ultimo: non più la liquidazione dei beni del debitore e la successiva distribuzione del ricavato fra i creditori, bensì la prevenzione della liquidazione dei beni e la riabilitazione sociale e finanziaria del debitore. Come si avrà modo di spiegare, le recenti riforme legislative hanno evidenziato un notevole cambio di tendenza rispetto a quanto stabilito originariamente, sottolineando l’importanza circa il recupero dell'impresa del debitore piuttosto che la sua eliminazione, salvaguardando in questo modo anche le opportunità di impiego per la forza lavoro. Fino ad arrivare all’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a decorrere dal 15 luglio 2022, dopo una lunga serie di rinvii, che è andato a sostituire la precedente legge fallimentare italiana. L’impianto originario è stato in gran parte modificato dal d. lgs. 83/2022, che ha recepito la Direttiva Insolvency (Direttiva 1023/2019/UE) con l’obiettivo di considerare la situazione di difficoltà in cui versa l’impresa, possibile e fisiologica dell’attività economica, mettendo in atto tutta una serie di strumenti idonei alla sua emersione tempestiva ed alla risoluzione concordata e bonaria. In relazione a ciò è possibile affermare che l’obiettivo delle procedure di insolvenza è stato traslato dall’asse Stato – curatore/ fallito a quello debitore / creditori, limitando così il potere del giudice ed “affidando” loro la regolamentazione della crisi d’impresa. In un tale scenario, emergono gli strumenti di regolazione della crisi, espressamente definiti dal Codice della crisi e dell’insolvenza . Il presente elaborato ha lo scopo di analizzare tali strumenti, focalizzandosi in particolare sugli accordi di ristrutturazione dei debiti. Organizzato in quattro capitoli, il primo è dedicato alla nascita e all’evoluzione del sistema concorsuale italiano: verranno ripercorse tutte le tappe principali, dall’epoca comunale, all’affermazione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, comprendendo le Direttive e i Regolamenti dell’Unione Europea. Nel secondo capitolo verranno trattati gli strumenti di regolazione della crisi, in particolare: gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, la convenzione di moratoria, il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione ed il concordato preventivo. Nel terzo capitolo invece, dopo aver definito che cosa si intende per ristrutturazione, saranno esaminati gli accordi di ristrutturazione dei debiti, distinguendo tra quelli ordinari, agevolati e ad efficacia estesa, illustrandone il procedimento e le modalità di rinegoziazione. Infine il quarto capitolo è destinato ad esaminare un caso reale di accordo di ristrutturazione dei debiti.

Gli strumenti di regolazione della crisi: focus sull'accordo di ristrutturazione dei debiti

BARETTA, NICOLA
2022/2023

Abstract

Il diritto fallimentare italiano ha subito una notevole evoluzione nel corso degli anni dovuta essenzialmente ai profondi cambiamenti del contesto sociale, culturale ed economico, in una prospettiva sempre più globalizzata. Originariamente le procedure fallimentari venivano accostate a concetti di disonestà e di mala fede, comportando di conseguenza per il debitore, la perdita dei diritti civili e l’inflizione di sanzioni. L’attribuzione ad un soggetto della qualifica di fallito significava l’accollo di una condizione di disonore e di biasimo pubblico. Proprio per tale motivo, al fine di evitare questa connotazione negativa, nelle legislazioni più recenti, i termini “fallito”, “procedure fallimentari”, ecc. sono stati sostituiti da appellativi meno marcati, quali “insolvente”, “procedure volte alla regolazione della crisi”, ecc.. Un cambiamento radicale lo si ha anche nel loro fine ultimo: non più la liquidazione dei beni del debitore e la successiva distribuzione del ricavato fra i creditori, bensì la prevenzione della liquidazione dei beni e la riabilitazione sociale e finanziaria del debitore. Come si avrà modo di spiegare, le recenti riforme legislative hanno evidenziato un notevole cambio di tendenza rispetto a quanto stabilito originariamente, sottolineando l’importanza circa il recupero dell'impresa del debitore piuttosto che la sua eliminazione, salvaguardando in questo modo anche le opportunità di impiego per la forza lavoro. Fino ad arrivare all’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a decorrere dal 15 luglio 2022, dopo una lunga serie di rinvii, che è andato a sostituire la precedente legge fallimentare italiana. L’impianto originario è stato in gran parte modificato dal d. lgs. 83/2022, che ha recepito la Direttiva Insolvency (Direttiva 1023/2019/UE) con l’obiettivo di considerare la situazione di difficoltà in cui versa l’impresa, possibile e fisiologica dell’attività economica, mettendo in atto tutta una serie di strumenti idonei alla sua emersione tempestiva ed alla risoluzione concordata e bonaria. In relazione a ciò è possibile affermare che l’obiettivo delle procedure di insolvenza è stato traslato dall’asse Stato – curatore/ fallito a quello debitore / creditori, limitando così il potere del giudice ed “affidando” loro la regolamentazione della crisi d’impresa. In un tale scenario, emergono gli strumenti di regolazione della crisi, espressamente definiti dal Codice della crisi e dell’insolvenza . Il presente elaborato ha lo scopo di analizzare tali strumenti, focalizzandosi in particolare sugli accordi di ristrutturazione dei debiti. Organizzato in quattro capitoli, il primo è dedicato alla nascita e all’evoluzione del sistema concorsuale italiano: verranno ripercorse tutte le tappe principali, dall’epoca comunale, all’affermazione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, comprendendo le Direttive e i Regolamenti dell’Unione Europea. Nel secondo capitolo verranno trattati gli strumenti di regolazione della crisi, in particolare: gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento, la convenzione di moratoria, il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione ed il concordato preventivo. Nel terzo capitolo invece, dopo aver definito che cosa si intende per ristrutturazione, saranno esaminati gli accordi di ristrutturazione dei debiti, distinguendo tra quelli ordinari, agevolati e ad efficacia estesa, illustrandone il procedimento e le modalità di rinegoziazione. Infine il quarto capitolo è destinato ad esaminare un caso reale di accordo di ristrutturazione dei debiti.
2022
Crisis management tools: focus on the debt restructuring agreement
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/43622