A partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento venne costruito a Padova, in Via Anelli, il complesso abitativo denominato Serenissima. Si trattava di un’area residenziale privata composta da sei palazzine, ubicata in una posizione favorevole, alla periferia della città, circondata da centri commerciali, negozi e grandi magazzini; vicino a un importante snodo autostradale (svincolo delle autostrade Serenissima e Bologna-Autosole), non troppo lontana dalla stazione ferroviaria, dalle industrie e dagli istituti universitari della zona. Tale complesso fu realizzato per rispondere alle esigenze abitative di studenti universitari, manager e produttori economici che si recavano, per un periodo limitato, in città per lavoro o studio. Le palazzine ospitavano duecentottantasei miniappartamenti di circa trenta metri quadrati ciascuno, che inizialmente furono acquistati da cittadini autoctoni, in particolare genitori di studenti dell’ateneo patavino, docenti o giovani coppie. Dunque, nella maggior parte dei casi erano persone provenienti dal territorio regionale. A partire dalla fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, in Italia, prese piede il fenomeno dell’immigrazione e le città del Nord-est iniziarono ad esserne maggiormente interessate, tra queste anche Padova. I migranti, giunti nel territorio veneto, non disponendo di molte risorse economiche, cercavano alloggi a basso costo, presso case o fabbriche abbandonate, insediandosi principalmente nelle zone periferiche o vicino alla stazione. Fu proprio in questo periodo che alcuni appartamenti del complesso Serenissima, lasciati liberi dagli studenti che nel frattempo si erano laureati, cominciarono ad essere affittati agli stranieri . L’affitto di tali appartamenti era per loro eccessivamente alto, ad esempio nei primi anni del Duemila si aggirava intorno ai cinquecento/seicento euro al mese. La pratica del subaffitto, concessa dai proprietari, permise loro di dividersi le spese d’affitto, finendo per convivere anche in sei/sette persone all’interno di spazi angusti (monolocali o bilocali) . In una tale situazione di precarietà si diffuse pure la pratica di subaffittare un posto letto anche a migranti privi del permesso di soggiorno. Fu così che progressivamente questo luogo divenne un rifugio non solo per i regolari, ma soprattutto per gli irregolari. A seguito del notevole incremento di abitanti stranieri all’interno del complesso Serenissima, molti italiani cominciarono a lasciar liberi gli appartamenti per cercare un alloggio in un’altra zona, preferibilmente lontana da un simile contesto. Alla fine degli anni Novanta il progressivo processo di sostituzione degli abitanti autoctoni con i migranti era ormai giunto al termine . All’inizio degli anni Duemila l’area Serenissima di Via Anelli risultava abitata in maggioranza da stranieri, provenienti soprattutto dal Maghreb e dalla Nigeria. Da quel momento il complesso abitativo cominciò a cadere nel degrado. I proprietari iniziarono a non adempiere ai loro obblighi di manutenzione e riparazione degli appartamenti. Tali condizioni di deterioramento igienico-sanitario finirono per incentivare, nei pressi della zona, attività legate allo spaccio di droga e alla prostituzione.
L'integrazione scolastica dei bambini immigrati: il caso di Via Anelli
SALVADORI, GIADA
2022/2023
Abstract
A partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento venne costruito a Padova, in Via Anelli, il complesso abitativo denominato Serenissima. Si trattava di un’area residenziale privata composta da sei palazzine, ubicata in una posizione favorevole, alla periferia della città, circondata da centri commerciali, negozi e grandi magazzini; vicino a un importante snodo autostradale (svincolo delle autostrade Serenissima e Bologna-Autosole), non troppo lontana dalla stazione ferroviaria, dalle industrie e dagli istituti universitari della zona. Tale complesso fu realizzato per rispondere alle esigenze abitative di studenti universitari, manager e produttori economici che si recavano, per un periodo limitato, in città per lavoro o studio. Le palazzine ospitavano duecentottantasei miniappartamenti di circa trenta metri quadrati ciascuno, che inizialmente furono acquistati da cittadini autoctoni, in particolare genitori di studenti dell’ateneo patavino, docenti o giovani coppie. Dunque, nella maggior parte dei casi erano persone provenienti dal territorio regionale. A partire dalla fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, in Italia, prese piede il fenomeno dell’immigrazione e le città del Nord-est iniziarono ad esserne maggiormente interessate, tra queste anche Padova. I migranti, giunti nel territorio veneto, non disponendo di molte risorse economiche, cercavano alloggi a basso costo, presso case o fabbriche abbandonate, insediandosi principalmente nelle zone periferiche o vicino alla stazione. Fu proprio in questo periodo che alcuni appartamenti del complesso Serenissima, lasciati liberi dagli studenti che nel frattempo si erano laureati, cominciarono ad essere affittati agli stranieri . L’affitto di tali appartamenti era per loro eccessivamente alto, ad esempio nei primi anni del Duemila si aggirava intorno ai cinquecento/seicento euro al mese. La pratica del subaffitto, concessa dai proprietari, permise loro di dividersi le spese d’affitto, finendo per convivere anche in sei/sette persone all’interno di spazi angusti (monolocali o bilocali) . In una tale situazione di precarietà si diffuse pure la pratica di subaffittare un posto letto anche a migranti privi del permesso di soggiorno. Fu così che progressivamente questo luogo divenne un rifugio non solo per i regolari, ma soprattutto per gli irregolari. A seguito del notevole incremento di abitanti stranieri all’interno del complesso Serenissima, molti italiani cominciarono a lasciar liberi gli appartamenti per cercare un alloggio in un’altra zona, preferibilmente lontana da un simile contesto. Alla fine degli anni Novanta il progressivo processo di sostituzione degli abitanti autoctoni con i migranti era ormai giunto al termine . All’inizio degli anni Duemila l’area Serenissima di Via Anelli risultava abitata in maggioranza da stranieri, provenienti soprattutto dal Maghreb e dalla Nigeria. Da quel momento il complesso abitativo cominciò a cadere nel degrado. I proprietari iniziarono a non adempiere ai loro obblighi di manutenzione e riparazione degli appartamenti. Tali condizioni di deterioramento igienico-sanitario finirono per incentivare, nei pressi della zona, attività legate allo spaccio di droga e alla prostituzione.File | Dimensione | Formato | |
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