I confini sono da sempre oggetto di lotte secolari, di scelte strategiche, fulcro di obiettivi economici, militari o di processi di unificazione nazionale, che si ripresentano anche ai giorni nostri, ai quali però risulta difficile dare una definizione univoca. Bisogna quindi evidenziare come il territorio ha la radicata capacità di attribuire un senso di appartenenza nazionale di carattere permanente solamente se si verifica il binomio “spazio dell’identità - spazio della decisione”, ovvero se collima l’entità che garantisce la geografia della lealtà collettiva e lo spazio garante della sicurezza fisica, economica e culturale. Nelle aree del continente europeo caratterizzate dalla multietnicità e dalla vicinanza ai confini, questo binomio si caratterizza per produrre uno stato, più o meno grave, di instabilità nel quale si crea una divergenza di posizione tra la sovranità statuale e la lealtà nazionale; avviene quindi “un’ipoteca reale” sul controllo del territorio da parte dello stato. Se prendessimo in analisi quanto detto fino ad ora, potremmo constatare che il confine nordorientale dell’Italia è sempre stato oggetto di contesa; il problema si inserisce nella dialettica legata alla caduta degli imperi plurinazionali e dell’affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli promosso dal presidente statunitense Wilson. Durante la Prima Guerra mondiale, l’Italia decise di cambiare alleanza con lo scopo di ottenere maggiori vantaggi territoriali che le permettessero il completamento del processo di unificazione; proprio per questo per gli ambienti nazionalisti, il Primo Conflitto mondiale si configura come la quarta guerra d’indipendenza. Attraverso l’annessione del Trentino e dell’Alto Adige, l’Italia mirava a creare un confine strategico utilizzabile come linea difensiva in caso di conflitto armato; mentre, attraverso l’annessione della Venezia Giulia, lo Stato italiano voleva acquisire il titolo di potenza egemone dell’Adriatico. Lo scopo di questo approfondimento è analizzare e comprendere le scelte di politica estera italiana relative ai primi anni della questione adriatica con l’obiettivo di capire come quest’ultime abbiano influito e modellato il futuro della “grande potenza” italiana. Inoltre, si prefigge l’obiettivo di comprendere se scelte diverse avrebbero permesso allo stato italiano di ricoprire un ruolo primario nello scenario internazionale con particolare attenzione alla città di Fiume, enclave italiana. L’interesse verso questa ricerca nasce dalla mia curiosità personale di studiare un tema a me caro e rilevante sulla scena internazionale data la posizione strategica ricoperta dal confine orientale italiano.

La questione adriatica e la sorte di Fiume nella politica estera italiana: dalla conferenza di Parigi al trattato di Rapallo

SCHNEIDER, GIULIA
2022/2023

Abstract

I confini sono da sempre oggetto di lotte secolari, di scelte strategiche, fulcro di obiettivi economici, militari o di processi di unificazione nazionale, che si ripresentano anche ai giorni nostri, ai quali però risulta difficile dare una definizione univoca. Bisogna quindi evidenziare come il territorio ha la radicata capacità di attribuire un senso di appartenenza nazionale di carattere permanente solamente se si verifica il binomio “spazio dell’identità - spazio della decisione”, ovvero se collima l’entità che garantisce la geografia della lealtà collettiva e lo spazio garante della sicurezza fisica, economica e culturale. Nelle aree del continente europeo caratterizzate dalla multietnicità e dalla vicinanza ai confini, questo binomio si caratterizza per produrre uno stato, più o meno grave, di instabilità nel quale si crea una divergenza di posizione tra la sovranità statuale e la lealtà nazionale; avviene quindi “un’ipoteca reale” sul controllo del territorio da parte dello stato. Se prendessimo in analisi quanto detto fino ad ora, potremmo constatare che il confine nordorientale dell’Italia è sempre stato oggetto di contesa; il problema si inserisce nella dialettica legata alla caduta degli imperi plurinazionali e dell’affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli promosso dal presidente statunitense Wilson. Durante la Prima Guerra mondiale, l’Italia decise di cambiare alleanza con lo scopo di ottenere maggiori vantaggi territoriali che le permettessero il completamento del processo di unificazione; proprio per questo per gli ambienti nazionalisti, il Primo Conflitto mondiale si configura come la quarta guerra d’indipendenza. Attraverso l’annessione del Trentino e dell’Alto Adige, l’Italia mirava a creare un confine strategico utilizzabile come linea difensiva in caso di conflitto armato; mentre, attraverso l’annessione della Venezia Giulia, lo Stato italiano voleva acquisire il titolo di potenza egemone dell’Adriatico. Lo scopo di questo approfondimento è analizzare e comprendere le scelte di politica estera italiana relative ai primi anni della questione adriatica con l’obiettivo di capire come quest’ultime abbiano influito e modellato il futuro della “grande potenza” italiana. Inoltre, si prefigge l’obiettivo di comprendere se scelte diverse avrebbero permesso allo stato italiano di ricoprire un ruolo primario nello scenario internazionale con particolare attenzione alla città di Fiume, enclave italiana. L’interesse verso questa ricerca nasce dalla mia curiosità personale di studiare un tema a me caro e rilevante sulla scena internazionale data la posizione strategica ricoperta dal confine orientale italiano.
2022
The Adriatic question and the fate of Fiume in Italian foreign policy: from the Paris conference to the Rapallo treaty
irredentismo
questione adriatica
sidney sonnino
trattato di rapallo
conferenza di parigi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/56323