L’elaborato finale inizia con la descrizione di un tempo proprio, non assoluto, ma intimo. Partendo dalla mitologia e attraversando le teorizzazioni di Einstein e Heidegeer si arriva a definire il tempo vissuto come interno e soggettivo. È la premessa per poter svincolare l’uomo dalla tirannia degli orologi meccanici, da un tempo che è solo quantitativo e da una mancanza di quest’ultimo sempre presente. Una volta definita la supremazia del tempo proprio personale, si approfondirà come viviamo il tempo nella società capitalistica odierna: la distinzione tra tempo lavorativo e tempo libero è ormai anacronistica, il consumismo ha portato produttività ed efficienza nella nostra quotidianità, rendendo poco utile la riduzione dell’orario lavorativo senza annetterla a una nuova cultura del tempo. Viene, a questo punto, introdotto il ciclo circadiano, un meccanismo biologico che regola l’organismo umano. Rispettare l’orologio interno dell’uomo piuttosto che quello meccanico apporterebbe benessere e salute. Si espone poi un’altra problematica della contemporaneità: la velocità delle dinamiche di consumo e produttività creano oblio e mancanza. La soluzione suggerita è una percezione attenta e profonda. Più dettagli vengono percepiti e più lungo sembrerà il tempo trascorso. Sia per poter rispettare il ciclo circadiano dell’uomo, sia per percepire il tempo con una consapevolezza rinnovata serve un tempo lento. Un rallentare che riesca a fornire un’alternativa alla produttività e alla velocità della società globalizzata. Nell’ultimo capitolo viene proposto il cammino come esperienza benefica della lentezza, legandola a questi ultimi due aspetti. L’intento è di riuscire a verificare che durante questa attività è possibile sia rispettare i ritmi dell’uomo che percepire la realtà e il tempo in modo autentico.
Perché scegliere la lentezza. Il cammino come esperienza qualitativa
RATI, ELEONORA
2022/2023
Abstract
L’elaborato finale inizia con la descrizione di un tempo proprio, non assoluto, ma intimo. Partendo dalla mitologia e attraversando le teorizzazioni di Einstein e Heidegeer si arriva a definire il tempo vissuto come interno e soggettivo. È la premessa per poter svincolare l’uomo dalla tirannia degli orologi meccanici, da un tempo che è solo quantitativo e da una mancanza di quest’ultimo sempre presente. Una volta definita la supremazia del tempo proprio personale, si approfondirà come viviamo il tempo nella società capitalistica odierna: la distinzione tra tempo lavorativo e tempo libero è ormai anacronistica, il consumismo ha portato produttività ed efficienza nella nostra quotidianità, rendendo poco utile la riduzione dell’orario lavorativo senza annetterla a una nuova cultura del tempo. Viene, a questo punto, introdotto il ciclo circadiano, un meccanismo biologico che regola l’organismo umano. Rispettare l’orologio interno dell’uomo piuttosto che quello meccanico apporterebbe benessere e salute. Si espone poi un’altra problematica della contemporaneità: la velocità delle dinamiche di consumo e produttività creano oblio e mancanza. La soluzione suggerita è una percezione attenta e profonda. Più dettagli vengono percepiti e più lungo sembrerà il tempo trascorso. Sia per poter rispettare il ciclo circadiano dell’uomo, sia per percepire il tempo con una consapevolezza rinnovata serve un tempo lento. Un rallentare che riesca a fornire un’alternativa alla produttività e alla velocità della società globalizzata. Nell’ultimo capitolo viene proposto il cammino come esperienza benefica della lentezza, legandola a questi ultimi due aspetti. L’intento è di riuscire a verificare che durante questa attività è possibile sia rispettare i ritmi dell’uomo che percepire la realtà e il tempo in modo autentico.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/58969