Negli ultimi anni si nota un positivo incremento delle ricerche inerenti alla stagione colonialista italiana, che sta permettendo di tirare fuori dal cassetto memorie spesso non semplici da decodificare ed affrontare. In campo storico-artistico, è fiorito un filone di studi inerente alla cosidetta “arte coloniale”, ovvero la compagine di manifestazioni artistiche finalizzate alla costruzione dell’identità coloniale della giovane Italia. Ma nelle esposizioni dell’epoca, al fianco delle numerose opere a soggetto coloniale elaborate da artisti italiani, vi sono manufatti provenienti dai domini d’oltremare, creati dalle e per le popolazioni autoctone, spesso ridotti a meri orpelli d’ambientazione. Nella foga della propria autoindividuazione nel confronto con l’Altro, cosa rimane di quest’ultimo? In questo elaborato, si cerca di attuare un esercizio di decostruzione delle narrazioni colonialiste e delle pratiche di appropriazione e sovrascrizione, al fine di rintracciare le peculiarità culturali dell’Altro, in questo caso dell’Etiopia tra fine Ottocento e prima metà del Novecento. Nello spoglio della stampa periodica - specialistica e non - e nella visione di fotografie e documenti dell’epoca, si sono indivuate tracce di pittura contemporanea etiopica, spesso presentata al pubblico italiano come una <<puerile manifestazione folcloristica>> (Viviani, La pittura degli etiopi, <<La Lettura>>, XXXV, 11 (novembre 1935), pp. 991-996). Ma, affrontato lo spaesamento che deriva dall’addentrarsi in un linguaggio a se estraneo, si scopre che quelle forme e quei colori, che in fondo hanno tanto appagato l’occhio europeo, sono state lo strumento dell’Impero etiopico per edificare e mostrare allo straniero una propria solida identità nazionale e per promuovere un’idea di modernità (arada), che non sia acquisizione cieca del dettato occidentale, ma riflessione che vede come punto di partenza e solida base la propria tradizione.
Tracce di pittura etiopica nelle pubblicazioni ed esposizioni dell'Italia colonialista: spunti di riflessione
COMARON, GIORGIA
2022/2023
Abstract
Negli ultimi anni si nota un positivo incremento delle ricerche inerenti alla stagione colonialista italiana, che sta permettendo di tirare fuori dal cassetto memorie spesso non semplici da decodificare ed affrontare. In campo storico-artistico, è fiorito un filone di studi inerente alla cosidetta “arte coloniale”, ovvero la compagine di manifestazioni artistiche finalizzate alla costruzione dell’identità coloniale della giovane Italia. Ma nelle esposizioni dell’epoca, al fianco delle numerose opere a soggetto coloniale elaborate da artisti italiani, vi sono manufatti provenienti dai domini d’oltremare, creati dalle e per le popolazioni autoctone, spesso ridotti a meri orpelli d’ambientazione. Nella foga della propria autoindividuazione nel confronto con l’Altro, cosa rimane di quest’ultimo? In questo elaborato, si cerca di attuare un esercizio di decostruzione delle narrazioni colonialiste e delle pratiche di appropriazione e sovrascrizione, al fine di rintracciare le peculiarità culturali dell’Altro, in questo caso dell’Etiopia tra fine Ottocento e prima metà del Novecento. Nello spoglio della stampa periodica - specialistica e non - e nella visione di fotografie e documenti dell’epoca, si sono indivuate tracce di pittura contemporanea etiopica, spesso presentata al pubblico italiano come una <File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/59071