I comportamenti di falsificazione, o faking behavior, messi in atto dai candidati durante il processo di selezione, possono comportare il sostenimento di ulteriori costi non previsti da parte delle aziende, dovuti essenzialmente all’assunzione di persone che hanno mentito durante il processo di selezione, rivelandosi non adatte alla posizione lavorativa. Per questo, negli ultimi decenni si è visto un incremento degli studi su tale fenomeno, in particolare nei test di personalità, mentre pochi studi sono stati effettuati sull’utilizzo di tali comportamenti nelle interviste di selezione, le quali risultano essere uno degli strumenti più diffusi in tale ambito. Allo stesso modo, poco è stato detto sul linguaggio non verbale che viene solitamente associato alla menzogna durante il colloquio, e in letteratura ciò viene spesso riportato attraverso studi meta-analitici. Sono pochi anche gli studi che hanno cercato di approfondire la relazione tra gli indicatori comportamentali, che hanno dimostrato avere un’associazione con la menzogna, e i comportamenti oggettivi di falsificazione o con le diverse tattiche di menzogna. Questo studio ha pertanto indagato quanto il comportamento oggettivo di menzogna passato possa influenzare la messa in atto di tali indicatori comportamentali e, in secondo luogo, quanto e in che misura questi indicatori possano essere utilizzati come predittori di alcune delle principali tattiche di gestione ingannevole delle impressioni in partecipanti esposti ad un avviso di identificazione e non. Per rilevare i comportamenti oggettivi di menzogna è stato utilizzato un questionario contenente dei bogus items, mentre per rilevare i comportamenti soggettivi di falsificazione dichiarati dai partecipanti è stata utilizzata la Interview Faking Behavior di Levashina & Campion (2007), ovvero un questionario self-report. I partecipanti, prima di iniziare l’esperimento sono stati suddivisi in maniera randomizzata ad una condizione di controllo e ad una condizione sperimentale; quest’ultima ha previsto l’esposizione ad un avviso di identificazione prima della compilazione dei bogus items e dell’intervista. I risultati hanno mostrato come solamente gli indicatori di ambivalenza, immediatezza verbale e vocale e tensione vocale possano essere dei predittori abbastanza efficaci della tattica “Extensive Imagine Creation”, ovvero quella tattica che consiste nell’inventarsi o appropriarsi di esperienze vissute da altri o attribuirsi competenze non possedute realmente al fine di creare l’immagine del “buon candidato”. Ciò potrebbe essere veritiero soprattutto per coloro che sono stati esposti all’avviso di identificazione, il quale potrebbe portare i soggetti ad utilizzare il ricordo del comportamento manifestato durante l’intervista nel momento in cui devono dichiarare se hanno creato storie ex-novo. Questi risultati potrebbero suggerire che l’impressione di ambivalenza, immediatezza verbale e vocale e di tensione vocale possano portare l’intervistatore ad individuare con maggiore sicurezza i candidati che stanno esagerando nell’esposizione delle proprie esperienze o competenze; tale impressione potrebbe essere rafforzata se prima dell’intervista di selezione i candidati vengono esposti ad un avviso di identificazione. Per quanto riguarda la ricerca futura, sarebbe auspicabile che vengano svolti ulteriori studi di approfondimento su questi tre indicatori, innanzitutto per permettere ai giudici, nel momento della codifica, di potersi concentrare con maggior precisione solo su un aspetto del candidato, e in secondo luogo approfondire l’effetto che l’avviso di identificazione ha sull’elicitare la messa in atto di tali indicatori comportamentali con un’analisi di moderazione categoriale più approfondita e prendendo in considerazione un campione più ampio, in modo tale da ottenere dei risultati abbastanza attendibili.
Inganno e intervista di selezione: uno studio di osservazione sistematica del comportamento
CRISTOFORI, NICOLAS
2022/2023
Abstract
I comportamenti di falsificazione, o faking behavior, messi in atto dai candidati durante il processo di selezione, possono comportare il sostenimento di ulteriori costi non previsti da parte delle aziende, dovuti essenzialmente all’assunzione di persone che hanno mentito durante il processo di selezione, rivelandosi non adatte alla posizione lavorativa. Per questo, negli ultimi decenni si è visto un incremento degli studi su tale fenomeno, in particolare nei test di personalità, mentre pochi studi sono stati effettuati sull’utilizzo di tali comportamenti nelle interviste di selezione, le quali risultano essere uno degli strumenti più diffusi in tale ambito. Allo stesso modo, poco è stato detto sul linguaggio non verbale che viene solitamente associato alla menzogna durante il colloquio, e in letteratura ciò viene spesso riportato attraverso studi meta-analitici. Sono pochi anche gli studi che hanno cercato di approfondire la relazione tra gli indicatori comportamentali, che hanno dimostrato avere un’associazione con la menzogna, e i comportamenti oggettivi di falsificazione o con le diverse tattiche di menzogna. Questo studio ha pertanto indagato quanto il comportamento oggettivo di menzogna passato possa influenzare la messa in atto di tali indicatori comportamentali e, in secondo luogo, quanto e in che misura questi indicatori possano essere utilizzati come predittori di alcune delle principali tattiche di gestione ingannevole delle impressioni in partecipanti esposti ad un avviso di identificazione e non. Per rilevare i comportamenti oggettivi di menzogna è stato utilizzato un questionario contenente dei bogus items, mentre per rilevare i comportamenti soggettivi di falsificazione dichiarati dai partecipanti è stata utilizzata la Interview Faking Behavior di Levashina & Campion (2007), ovvero un questionario self-report. I partecipanti, prima di iniziare l’esperimento sono stati suddivisi in maniera randomizzata ad una condizione di controllo e ad una condizione sperimentale; quest’ultima ha previsto l’esposizione ad un avviso di identificazione prima della compilazione dei bogus items e dell’intervista. I risultati hanno mostrato come solamente gli indicatori di ambivalenza, immediatezza verbale e vocale e tensione vocale possano essere dei predittori abbastanza efficaci della tattica “Extensive Imagine Creation”, ovvero quella tattica che consiste nell’inventarsi o appropriarsi di esperienze vissute da altri o attribuirsi competenze non possedute realmente al fine di creare l’immagine del “buon candidato”. Ciò potrebbe essere veritiero soprattutto per coloro che sono stati esposti all’avviso di identificazione, il quale potrebbe portare i soggetti ad utilizzare il ricordo del comportamento manifestato durante l’intervista nel momento in cui devono dichiarare se hanno creato storie ex-novo. Questi risultati potrebbero suggerire che l’impressione di ambivalenza, immediatezza verbale e vocale e di tensione vocale possano portare l’intervistatore ad individuare con maggiore sicurezza i candidati che stanno esagerando nell’esposizione delle proprie esperienze o competenze; tale impressione potrebbe essere rafforzata se prima dell’intervista di selezione i candidati vengono esposti ad un avviso di identificazione. Per quanto riguarda la ricerca futura, sarebbe auspicabile che vengano svolti ulteriori studi di approfondimento su questi tre indicatori, innanzitutto per permettere ai giudici, nel momento della codifica, di potersi concentrare con maggior precisione solo su un aspetto del candidato, e in secondo luogo approfondire l’effetto che l’avviso di identificazione ha sull’elicitare la messa in atto di tali indicatori comportamentali con un’analisi di moderazione categoriale più approfondita e prendendo in considerazione un campione più ampio, in modo tale da ottenere dei risultati abbastanza attendibili.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/59690