Un’esigenza comune a diversi settori quali l’archeologia, la geologia e la diagnosi medica è rappresentata dalla necessità di indagare la composizione interna di volumi incogniti. Qualora non sia possibile o non si voglia sezionare il materiale, per perseguire tale scopo si ha l’esigenza di ricostruire un’immagine del volume di interesse mediante l’utilizzo di metodologie non invasive. Questa tematica è ampiamente trattata con l’uso di diverse tecniche, diversificate a seconda del contesto di applicazione. Il presente lavoro è pertanto finalizzato a sondare l’applicabilità di un possibile approccio di imaging mediante tomografia muonica, che sfrutta un processo fisico ad oggi poco approfondito per questo fine: la cattura k. Tale processo si verifica quando un muone negativo cade nel nucleo di un atomo, ove trasforma un protone in un neutrone, dando luogo ad un’emissione di fotoni. La dipendenza della fenomenologia dal tipo di atomo è allora utile ad estrarre informazioni sulla composizione del materiale interessato. In primo luogo, ipotizzando di voler analizzare la composizione di un volume, si è realizzato un modello di simulazione volto ad ottenere dati generati dal fenomeno di cattura k, con l’obiettivo successivo di studiarne la composizione atomica. Successivamente, si è ideata una metodologia statistica che sfrutta l’algoritmo EM, al fine di produrre una mappa tridimensionale della composizione elementare del volume. La metodologia suggerita fa uso, in particolare, delle energie dei fotoni prodotte quando il muone penetra nel nucleo. Il metodo di imaging proposto, a differenza della classica tomografia muonica, ha la peculiarità di discriminare le diverse specie atomiche, con la possibilità di distinguere persino la loro composizione isotopica. Si tratta di una tecnica che potrebbe rivelarsi utile in un gran numero di settori, pur se con alcune limitazioni. Ad esempio, non sarebbe possibile applicarla efficacemente per studiare un materiale troppo spesso e/o denso, a causa della scarsa probabilità che i fotoni emessi nel processo riescano a fuoriuscire dal volume incognito ed essere rivelati. Al contrario, considerando la densità media del corpo umano, potrebbe rivelarsi una tecnica valida per la diagnosi medica, realizzando un passo in avanti nelle tecniche di imaging terapeutico.
Uso della cattura k nella tomografia muonica
DE VIDI, SARA
2023/2024
Abstract
Un’esigenza comune a diversi settori quali l’archeologia, la geologia e la diagnosi medica è rappresentata dalla necessità di indagare la composizione interna di volumi incogniti. Qualora non sia possibile o non si voglia sezionare il materiale, per perseguire tale scopo si ha l’esigenza di ricostruire un’immagine del volume di interesse mediante l’utilizzo di metodologie non invasive. Questa tematica è ampiamente trattata con l’uso di diverse tecniche, diversificate a seconda del contesto di applicazione. Il presente lavoro è pertanto finalizzato a sondare l’applicabilità di un possibile approccio di imaging mediante tomografia muonica, che sfrutta un processo fisico ad oggi poco approfondito per questo fine: la cattura k. Tale processo si verifica quando un muone negativo cade nel nucleo di un atomo, ove trasforma un protone in un neutrone, dando luogo ad un’emissione di fotoni. La dipendenza della fenomenologia dal tipo di atomo è allora utile ad estrarre informazioni sulla composizione del materiale interessato. In primo luogo, ipotizzando di voler analizzare la composizione di un volume, si è realizzato un modello di simulazione volto ad ottenere dati generati dal fenomeno di cattura k, con l’obiettivo successivo di studiarne la composizione atomica. Successivamente, si è ideata una metodologia statistica che sfrutta l’algoritmo EM, al fine di produrre una mappa tridimensionale della composizione elementare del volume. La metodologia suggerita fa uso, in particolare, delle energie dei fotoni prodotte quando il muone penetra nel nucleo. Il metodo di imaging proposto, a differenza della classica tomografia muonica, ha la peculiarità di discriminare le diverse specie atomiche, con la possibilità di distinguere persino la loro composizione isotopica. Si tratta di una tecnica che potrebbe rivelarsi utile in un gran numero di settori, pur se con alcune limitazioni. Ad esempio, non sarebbe possibile applicarla efficacemente per studiare un materiale troppo spesso e/o denso, a causa della scarsa probabilità che i fotoni emessi nel processo riescano a fuoriuscire dal volume incognito ed essere rivelati. Al contrario, considerando la densità media del corpo umano, potrebbe rivelarsi una tecnica valida per la diagnosi medica, realizzando un passo in avanti nelle tecniche di imaging terapeutico.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/64196