Il presente studio si propone di esplorare il ruolo che possono rivestire le parole nella cura di sé e degli altri. Se si dovesse pensare a un’immagine in grado di rappresentare ciò che si vuole qui sostenere, si potrebbe pensare al mare come al “luogo” della cura. Ci si immergerà, quindi, per avere cura di sé e si deciderà di portare l’altro con sé, per immergersi insieme e aver cura l’uno dell’altro, vicendevolmente. Quando si sta nella cura, si ha cura di sé e dell’altro, non per dovere di ritorno, ma perché è la cura stessa ad alleggerire da questo peso e a permettere di restare a galla, ricambiando il bene ricevuto. Nello specifico, nella seguente tesi ci si focalizzerà sulla forza che le parole hanno nel creare la realtà e come queste possano essere utilizzate in modo che questa sia fatta di cura. Si definirà inizialmente cosa si intende per cura e cosa non è cura delle parole, con particolare riferimento all’hate speech. Si passerà ad analizzare il pensiero che Paul Ricoeur tematizza nel suo saggio La persona e in Percorsi del riconoscimento, nell’ottica di andare più a fondo nell’analisi dell’importanza delle parole come mezzo di riconoscimento di sé e degli altri, e ancora come uno dei modi per accrescere la stima di sé, con e per gli altri, in istituzioni giuste. Concludendo con l’analisi della comunicazione educativa in ottica pedagogica alla luce di quanto sostenuto prima. Richiamando ancora una volta l’immagine evocata all’inizio, ciò che si vuole sostenere è che: stare nella cura permetterà ad ognuno, a proprio modo, di nuotare in questo mare, insieme, perché la cura chiama altra cura e il modo in cui io sto a galla, insegnerà a stare a galla anche all’altro. Allo stesso tempo, questa immagine vuole richiamare al grande bisogno che c’è di cura in ognuno.
Alla ricerca del senso pedagogico della cura delle parole, di sé, degli altri
AVANTAGGIATO, MARIANNA
2023/2024
Abstract
Il presente studio si propone di esplorare il ruolo che possono rivestire le parole nella cura di sé e degli altri. Se si dovesse pensare a un’immagine in grado di rappresentare ciò che si vuole qui sostenere, si potrebbe pensare al mare come al “luogo” della cura. Ci si immergerà, quindi, per avere cura di sé e si deciderà di portare l’altro con sé, per immergersi insieme e aver cura l’uno dell’altro, vicendevolmente. Quando si sta nella cura, si ha cura di sé e dell’altro, non per dovere di ritorno, ma perché è la cura stessa ad alleggerire da questo peso e a permettere di restare a galla, ricambiando il bene ricevuto. Nello specifico, nella seguente tesi ci si focalizzerà sulla forza che le parole hanno nel creare la realtà e come queste possano essere utilizzate in modo che questa sia fatta di cura. Si definirà inizialmente cosa si intende per cura e cosa non è cura delle parole, con particolare riferimento all’hate speech. Si passerà ad analizzare il pensiero che Paul Ricoeur tematizza nel suo saggio La persona e in Percorsi del riconoscimento, nell’ottica di andare più a fondo nell’analisi dell’importanza delle parole come mezzo di riconoscimento di sé e degli altri, e ancora come uno dei modi per accrescere la stima di sé, con e per gli altri, in istituzioni giuste. Concludendo con l’analisi della comunicazione educativa in ottica pedagogica alla luce di quanto sostenuto prima. Richiamando ancora una volta l’immagine evocata all’inizio, ciò che si vuole sostenere è che: stare nella cura permetterà ad ognuno, a proprio modo, di nuotare in questo mare, insieme, perché la cura chiama altra cura e il modo in cui io sto a galla, insegnerà a stare a galla anche all’altro. Allo stesso tempo, questa immagine vuole richiamare al grande bisogno che c’è di cura in ognuno.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/66414