INTRODUZIONE: la malattia renale cronica (CKD) è una condizione progressiva che interessa il 10% della popolazione. Rallentarne l’avanzamento agli stadi avanzati è fondamentale per ridurre le complicanze, mortalità, l’impatto sulla qualità di vita ed i costi. Nonostante vi siano strategie efficaci rimane un rischio residuo considerevole, evidenziando la necessità di individuare nuovi trattamenti da aggiungere allo standard of care. Una nuova classe di farmaci, gli inibitori di SGLT2, ha dimostrato una riduzione del rischio cardiovascolare e di progressione della CKD in pazienti con nefropatia diabetica ed albuminuria (CREDENCE, 2019). Un recente studio (DAPA-CKD, 2020) ha evidenziato un rallentamento nella progressione della CKD anche in non diabetici (42% del campione senza DM), arruolando tuttavia soggetti con eGFR > 30 ml/min/1.73 m2 e uACR > 200 mg/g, non potendo estendere i risultati alle categorie con eGFR e uACR inferiori. Considerando la popolazione globale con CKD emerge come la maggior parte dei pazienti abbia basa albuminuria (uACR < 300 mg/g) e la metà non sia diabetica. SCOPO: in questo contesto si inserisce lo studio EMPA-KIDNEY, trial disegnato per valutare l’effetto di empagliflozin su outcome cardio-renali in un ampio numero di pazienti con CKD, e mira ad includere un’elevata quantità di soggetti senza diabete e nefropatia dovuta ad altre cause, eGFR < 30 ml/min/1.73 m2 e ridotta albuminuria. MATERIALI E METODI: lo studio è un trial clinico multicentrico internazionale randomizzato in doppio cieco empagliflozin-placebo, condotto su 6009 pazienti arruolati da 241 Centri di 8 Paesi. Sono stati inclusi soggetti con eGFR 20-40 ml/min/1.73m2 o eGFR 45-89 ml/min/1.73m2 e uACR > 200 mg/g. I pazienti sono stati seguiti per 2 anni con visite di follow-up raccogliendo campioni ematici e di urine, valori pressori, peso corporeo, eventuali avventi avversi o variazioni terapeutiche. Outcome primario: tempo al primo evento composito di morte per causa cardiovascolare (CV) o progressione CKD (ESKD; calo sostenuto eGFR < 10 ml/min/1.73 m2; calo eGFR>40% del basale; morte per causa renale). Outcome secondari: tempo alla prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco o causa CV, ospedalizzazione per qualsiasi causa, progressione CKD, morte CV. Outcome di safety: chetoacidosi diabetica, amputazione arti inferiori, insufficienza renale acuta, infezioni genitali, alterazione indici epatici, frattura. In seguito alla chiusura del trial sono state eseguite analisi aggiuntive sull’impatto della causa della CKD sull’effetto di empagliflozin e sull’effetto della gliflozina sul declino annuo (“slope”) di eGFR. RISULTATI: l’empagliflozin riduce in modo sicuro il rischio di outcome cardiorenali del 28% in un’ampia popolazione di oltre 6000 pazienti con CKD, di cui oltre il 50% senza diabete ed il 35% con eGFR <30 ml/min/1.73m2, con ampia gamma di albuminuria fino 30 mg/g. Il rischio di ospedalizzazione per qualsiasi causa è ridotto del 14%. Si osserva un calo acuto di eGFR di circa 2 ml/min/1.73m2, reversibile alla sospensione della terapia, seguito da un dimezzamento del declino cronico dell’eGFR a lungo termine. L’efficacia non cambia in base all’eziologia della CKD. Empagliflozin ritarda di 1.9 anni il raggiungimento dell’ESKD se iniziato a eGFR di 20 ml/min/1.73m2 e di 26.6 anni se iniziato a eGFR di 85 ml/min/1.73m2. CONCLUSIONI: lo studio EMPA-KIDNEY e le analisi successive espandono lo spettro di CKD che potrebbe beneficiare della terapia con SGLT2i a soggetti con uACR <30 ml/min/1.73 m2 ed eGFR fino 20 ml/min/1.73 m2 indipendentemente dalla presenza di diabete e con varie cause di malattia renale cronica. Questi dati si affiancano a quelli di altri importanti trial, confermando con evidenze solide la riduzione della mortalità cardiovascolare, ospedalizzazione per scompenso cardiaco e progressione di CKD con utilizzo di SGLT2i.
Gliflozine e outcome cardiorenali: lo studio EMPA-KIDNEY, analisi successive e risvolti clinici.
POSTAL, ANNA
2022/2023
Abstract
INTRODUZIONE: la malattia renale cronica (CKD) è una condizione progressiva che interessa il 10% della popolazione. Rallentarne l’avanzamento agli stadi avanzati è fondamentale per ridurre le complicanze, mortalità, l’impatto sulla qualità di vita ed i costi. Nonostante vi siano strategie efficaci rimane un rischio residuo considerevole, evidenziando la necessità di individuare nuovi trattamenti da aggiungere allo standard of care. Una nuova classe di farmaci, gli inibitori di SGLT2, ha dimostrato una riduzione del rischio cardiovascolare e di progressione della CKD in pazienti con nefropatia diabetica ed albuminuria (CREDENCE, 2019). Un recente studio (DAPA-CKD, 2020) ha evidenziato un rallentamento nella progressione della CKD anche in non diabetici (42% del campione senza DM), arruolando tuttavia soggetti con eGFR > 30 ml/min/1.73 m2 e uACR > 200 mg/g, non potendo estendere i risultati alle categorie con eGFR e uACR inferiori. Considerando la popolazione globale con CKD emerge come la maggior parte dei pazienti abbia basa albuminuria (uACR < 300 mg/g) e la metà non sia diabetica. SCOPO: in questo contesto si inserisce lo studio EMPA-KIDNEY, trial disegnato per valutare l’effetto di empagliflozin su outcome cardio-renali in un ampio numero di pazienti con CKD, e mira ad includere un’elevata quantità di soggetti senza diabete e nefropatia dovuta ad altre cause, eGFR < 30 ml/min/1.73 m2 e ridotta albuminuria. MATERIALI E METODI: lo studio è un trial clinico multicentrico internazionale randomizzato in doppio cieco empagliflozin-placebo, condotto su 6009 pazienti arruolati da 241 Centri di 8 Paesi. Sono stati inclusi soggetti con eGFR 20-40 ml/min/1.73m2 o eGFR 45-89 ml/min/1.73m2 e uACR > 200 mg/g. I pazienti sono stati seguiti per 2 anni con visite di follow-up raccogliendo campioni ematici e di urine, valori pressori, peso corporeo, eventuali avventi avversi o variazioni terapeutiche. Outcome primario: tempo al primo evento composito di morte per causa cardiovascolare (CV) o progressione CKD (ESKD; calo sostenuto eGFR < 10 ml/min/1.73 m2; calo eGFR>40% del basale; morte per causa renale). Outcome secondari: tempo alla prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco o causa CV, ospedalizzazione per qualsiasi causa, progressione CKD, morte CV. Outcome di safety: chetoacidosi diabetica, amputazione arti inferiori, insufficienza renale acuta, infezioni genitali, alterazione indici epatici, frattura. In seguito alla chiusura del trial sono state eseguite analisi aggiuntive sull’impatto della causa della CKD sull’effetto di empagliflozin e sull’effetto della gliflozina sul declino annuo (“slope”) di eGFR. RISULTATI: l’empagliflozin riduce in modo sicuro il rischio di outcome cardiorenali del 28% in un’ampia popolazione di oltre 6000 pazienti con CKD, di cui oltre il 50% senza diabete ed il 35% con eGFR <30 ml/min/1.73m2, con ampia gamma di albuminuria fino 30 mg/g. Il rischio di ospedalizzazione per qualsiasi causa è ridotto del 14%. Si osserva un calo acuto di eGFR di circa 2 ml/min/1.73m2, reversibile alla sospensione della terapia, seguito da un dimezzamento del declino cronico dell’eGFR a lungo termine. L’efficacia non cambia in base all’eziologia della CKD. Empagliflozin ritarda di 1.9 anni il raggiungimento dell’ESKD se iniziato a eGFR di 20 ml/min/1.73m2 e di 26.6 anni se iniziato a eGFR di 85 ml/min/1.73m2. CONCLUSIONI: lo studio EMPA-KIDNEY e le analisi successive espandono lo spettro di CKD che potrebbe beneficiare della terapia con SGLT2i a soggetti con uACR <30 ml/min/1.73 m2 ed eGFR fino 20 ml/min/1.73 m2 indipendentemente dalla presenza di diabete e con varie cause di malattia renale cronica. Questi dati si affiancano a quelli di altri importanti trial, confermando con evidenze solide la riduzione della mortalità cardiovascolare, ospedalizzazione per scompenso cardiaco e progressione di CKD con utilizzo di SGLT2i.File | Dimensione | Formato | |
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