Cevo è uno di quei paesi marginali(zzati) parte delle cosiddette aree interne. È uno di quei paesi che ti accolgono in maniera un po’ strana e che inizialmente ti lasciano interdetto, dove da una parte, sei avvolto e colpito dalle sue montagne e da un’intensa luce, data dalla fortunata esposizione a sud che illumina tutta la Val Saviore, e dall’altra, quando passi per la strada principale che taglia in due l’abitato, sei oggetto di sguardi estremamente puntuali che ti catalogano nel giro di pochi secondi come “forestiero” e ti mettono in soggezione. È uno di quei paesi in cui passeggiando vedi quasi sempre poche persone in giro, ad eccezione dei tre mesi estivi; uno di quei luoghi con i quali si commette sempre l’errore di pensare: “come fanno a vivere delle persone qui?”, “qui non c’è niente” oppure “ahh come si sta bene qui!”, “loro sì che vivono senza problemi!”, attribuendogli superficiali, ma performativi significati quali l’isolamento, l’arretratezza, l’astrazione dalla realtà, l’immobilità, la chiusura, e nello stesso tempo lo svago, il relax, lo sport, che alimentano costantemente specifiche narrazioni riguardanti la montagna. L’elaborato prova ad inserirsi tra i recenti studi e discorsi accademici sulla montagna contemporanea, ponendosi come obiettivo ultimo quello di evidenziare l’importanza della ricerca sulle mobilità, in questo caso di traiettorie, pratiche ed immaginari, per tentare di comprendere con cura e sensibilità luoghi come Cevo, dando un’interpretazione del presente e immaginando possibili scenari di futuro. In questa prospettiva, è possibile intercettare la complessità dei movimenti che, su più livelli e a più scale, si intersecano ed interagiscono tra loro, oppure no, costruendo spazi in continua evoluzione. Sarebbe inopportuno e semplicistico incastrare e minimizzare un luogo ad una condizione di fissità e mancanza di dinamicità solo perché di ridotte dimensioni ed apparentemente vuoto.
Montagne mobili: traiettorie, pratiche e immaginari degli abitanti di Cevo (Val Saviore, Brescia)
ROSSI, CAROLINA
2023/2024
Abstract
Cevo è uno di quei paesi marginali(zzati) parte delle cosiddette aree interne. È uno di quei paesi che ti accolgono in maniera un po’ strana e che inizialmente ti lasciano interdetto, dove da una parte, sei avvolto e colpito dalle sue montagne e da un’intensa luce, data dalla fortunata esposizione a sud che illumina tutta la Val Saviore, e dall’altra, quando passi per la strada principale che taglia in due l’abitato, sei oggetto di sguardi estremamente puntuali che ti catalogano nel giro di pochi secondi come “forestiero” e ti mettono in soggezione. È uno di quei paesi in cui passeggiando vedi quasi sempre poche persone in giro, ad eccezione dei tre mesi estivi; uno di quei luoghi con i quali si commette sempre l’errore di pensare: “come fanno a vivere delle persone qui?”, “qui non c’è niente” oppure “ahh come si sta bene qui!”, “loro sì che vivono senza problemi!”, attribuendogli superficiali, ma performativi significati quali l’isolamento, l’arretratezza, l’astrazione dalla realtà, l’immobilità, la chiusura, e nello stesso tempo lo svago, il relax, lo sport, che alimentano costantemente specifiche narrazioni riguardanti la montagna. L’elaborato prova ad inserirsi tra i recenti studi e discorsi accademici sulla montagna contemporanea, ponendosi come obiettivo ultimo quello di evidenziare l’importanza della ricerca sulle mobilità, in questo caso di traiettorie, pratiche ed immaginari, per tentare di comprendere con cura e sensibilità luoghi come Cevo, dando un’interpretazione del presente e immaginando possibili scenari di futuro. In questa prospettiva, è possibile intercettare la complessità dei movimenti che, su più livelli e a più scale, si intersecano ed interagiscono tra loro, oppure no, costruendo spazi in continua evoluzione. Sarebbe inopportuno e semplicistico incastrare e minimizzare un luogo ad una condizione di fissità e mancanza di dinamicità solo perché di ridotte dimensioni ed apparentemente vuoto.File | Dimensione | Formato | |
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