Questa ricerca esamina la considerazione della pittura di Giotto nell’estetica hegeliana, ponendo particolare attenzione alla sua collocazione all’interno della fase romantica dell’arte. Sebbene Giotto sia storicamente collocato nel periodo medievale, Hegel lo identifica come il primo pittore romantico italiano, riconoscendo nella sua opera un momento di transizione fondamentale. Attraverso l’analisi delle innovazioni pittoriche introdotte da Giotto si mette in luce il suo superamento della tradizione bizantina e la sua capacità di umanizzare il sacro, avvicinandolo a una dimensione più sensibile e concreta. Nell’Estetica l’arte romantica segna il momento in cui l’elemento spirituale si emancipa progressivamente dalla forma sensibile, evidenziando il limite della rappresentazione artistica nell’espressione della spiritualità e avviando quel processo che condurrà alla cosiddetta "fine dell’arte". La pittura di Giotto, con la sua umanizzazione del sacro e l’introduzione di elementi mondani nelle scene raffigurate, può essere considerata come uno dei momenti in cui l’arte inizia ad emanciparsi dalla sua funzione tradizionale e, nel fare ciò, si avvia inconsapevolmente verso quel processo che culminerà con la fine dell’arte. L’ultima parte della ricerca problematizza il concetto hegeliano di fine dell’arte alla luce della modernità e della postmodernità, interrogandosi sulla validità di questa categoria in epoca contemporanea. Se, per Hegel, l’arte cede il passo alla riflessione concettuale, l’arte contemporanea sembra piuttosto caratterizzarsi per una frammentazione e ridefinizione costante dei suoi linguaggi e delle sue forme espressive. In questo senso, anche il museo, da semplice luogo di conservazione e preservazione delle opere d’arte, diventa un laboratorio dinamico in cui l’arte è continuamente riconsiderata nel suo rapporto con il presente. La ricerca si conclude con una riflessione sulla possibilità che la fine dell’arte non vada intesa come un evento definitivo, ma come un processo ciclico di crisi e rinascita, in cui l’arte trova sempre nuove modalità per ridefinire sé stessa e il proprio ruolo all’interno della società.
La pittura di Giotto nelle lezioni di estetica di Hegel
ZANTOMIO, IRENE
2024/2025
Abstract
Questa ricerca esamina la considerazione della pittura di Giotto nell’estetica hegeliana, ponendo particolare attenzione alla sua collocazione all’interno della fase romantica dell’arte. Sebbene Giotto sia storicamente collocato nel periodo medievale, Hegel lo identifica come il primo pittore romantico italiano, riconoscendo nella sua opera un momento di transizione fondamentale. Attraverso l’analisi delle innovazioni pittoriche introdotte da Giotto si mette in luce il suo superamento della tradizione bizantina e la sua capacità di umanizzare il sacro, avvicinandolo a una dimensione più sensibile e concreta. Nell’Estetica l’arte romantica segna il momento in cui l’elemento spirituale si emancipa progressivamente dalla forma sensibile, evidenziando il limite della rappresentazione artistica nell’espressione della spiritualità e avviando quel processo che condurrà alla cosiddetta "fine dell’arte". La pittura di Giotto, con la sua umanizzazione del sacro e l’introduzione di elementi mondani nelle scene raffigurate, può essere considerata come uno dei momenti in cui l’arte inizia ad emanciparsi dalla sua funzione tradizionale e, nel fare ciò, si avvia inconsapevolmente verso quel processo che culminerà con la fine dell’arte. L’ultima parte della ricerca problematizza il concetto hegeliano di fine dell’arte alla luce della modernità e della postmodernità, interrogandosi sulla validità di questa categoria in epoca contemporanea. Se, per Hegel, l’arte cede il passo alla riflessione concettuale, l’arte contemporanea sembra piuttosto caratterizzarsi per una frammentazione e ridefinizione costante dei suoi linguaggi e delle sue forme espressive. In questo senso, anche il museo, da semplice luogo di conservazione e preservazione delle opere d’arte, diventa un laboratorio dinamico in cui l’arte è continuamente riconsiderata nel suo rapporto con il presente. La ricerca si conclude con una riflessione sulla possibilità che la fine dell’arte non vada intesa come un evento definitivo, ma come un processo ciclico di crisi e rinascita, in cui l’arte trova sempre nuove modalità per ridefinire sé stessa e il proprio ruolo all’interno della società.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/83505