Partendo dall'eredità storica degli psichedelici, ampiamente utilizzati in contesti sciamanici e spirituali, questa tesi analizza il fenomeno emergente del microdosing, ovvero l'assunzione di dosi molto ridotte e in maniera dilazionata nel tempo di sostanze psichedeliche, come LSD e psilocibina, al fine di facilitare il raggiungimento del benessere emotivo e cognitivo, così come l’incremento della capacità creativa evitando il sopraggiungere degli effetti allucinogeni. La somministrazione di sostanze psichedeliche ha da sempre dimostrato notevoli effetti a dosaggi elevati e, grazie allo studio di queste proprietà, è stato possibile impostare nuovi approcci al trattamento di psicopatologie come ansia, depressione, dipendenze e disturbo post-traumatico da stress. Tuttavia, la possibilità di effettuare ricerca e comprendere appieno il potenziale del microdosing è ostacolata dal ridotto numero di studi controllati a doppio cieco, la cui pianificazione e realizzazione è complicata da sfide significative, come la mancanza di standardizzazione nei dosaggi, la variabilità degli effetti nei singoli individui e le barriere legali nell’impiego di sostanze attualmente classificate come stupefacenti. L’elaborato analizza infine l'impatto che la cultura di massa e le piattaforme digitali hanno avuto (ed hanno tuttora) nel favorire la diffusione del fenomeno microdosing: questi spazi condivisi, se da un lato amplificano le testimonianze positive, dall'altro rischiano di creare aspettative irrealistiche, contribuendo alla diffusione di informazioni non scientifiche. Risulta evidente, quindi, la necessità di studi rigorosi e interdisciplinari per distinguere gli effetti reali dal placebo, e di normative adeguate per regolamentare l’uso sicuro degli psichedelici, poiché, nonostante tutto, il microdosing rappresenta una strada promettente, seppur complessa, con il potenziale di rivoluzionare le terapie psichedeliche ed il nostro approccio alla salute mentale.
Psichedelici: dallo sciamanesimo al futuro del trattamento psicologico
POSTAL, MATTEO
2024/2025
Abstract
Partendo dall'eredità storica degli psichedelici, ampiamente utilizzati in contesti sciamanici e spirituali, questa tesi analizza il fenomeno emergente del microdosing, ovvero l'assunzione di dosi molto ridotte e in maniera dilazionata nel tempo di sostanze psichedeliche, come LSD e psilocibina, al fine di facilitare il raggiungimento del benessere emotivo e cognitivo, così come l’incremento della capacità creativa evitando il sopraggiungere degli effetti allucinogeni. La somministrazione di sostanze psichedeliche ha da sempre dimostrato notevoli effetti a dosaggi elevati e, grazie allo studio di queste proprietà, è stato possibile impostare nuovi approcci al trattamento di psicopatologie come ansia, depressione, dipendenze e disturbo post-traumatico da stress. Tuttavia, la possibilità di effettuare ricerca e comprendere appieno il potenziale del microdosing è ostacolata dal ridotto numero di studi controllati a doppio cieco, la cui pianificazione e realizzazione è complicata da sfide significative, come la mancanza di standardizzazione nei dosaggi, la variabilità degli effetti nei singoli individui e le barriere legali nell’impiego di sostanze attualmente classificate come stupefacenti. L’elaborato analizza infine l'impatto che la cultura di massa e le piattaforme digitali hanno avuto (ed hanno tuttora) nel favorire la diffusione del fenomeno microdosing: questi spazi condivisi, se da un lato amplificano le testimonianze positive, dall'altro rischiano di creare aspettative irrealistiche, contribuendo alla diffusione di informazioni non scientifiche. Risulta evidente, quindi, la necessità di studi rigorosi e interdisciplinari per distinguere gli effetti reali dal placebo, e di normative adeguate per regolamentare l’uso sicuro degli psichedelici, poiché, nonostante tutto, il microdosing rappresenta una strada promettente, seppur complessa, con il potenziale di rivoluzionare le terapie psichedeliche ed il nostro approccio alla salute mentale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/85111