Con il presente studio si vuole mettere in luce e analizzare come la percezione sociale possa influenzare la propria autorappresentazione in modo specifico in soggetti che presentano un disturbo di natura psicologica. Si analizzerà in particolare il processo di meta-deumanizzazione concentrandosi sulle conseguenze che quest’ultimo ha per il target colpito e si indagherà se il costrutto di meta-deumanizzazione sia un predittore significativo dell’auto-deumanizzazione. In particolare, si vuole verificare se c’è una relazione tra meta-deumanizzazione, auto-deumanizzazione e benessere percepito. Oltre a queste variabili che possono portare a una catena negativa di percezioni proprie del target colpito, si inserisce come altra variabile lo stigma. Ci si è chiesti se la percezione dello stigma sia un predittore parallelo insieme alla meta-deumanizzazione, che porta all’auto-deumanizzazione. Questa ricerca vuole ampliare l’analisi in particolare a persone che soffrono di un disturbo mentale e contestualmente analizzare il contesto in cui queste persone vengono prese in cura, in particolare la visione dei professionisti della salute mentale rispetto al target di cui si occupano. Per quanto riguarda l’analisi del campione degli operatori della salute mentale, il presente studio vuole implementare gli studi precedenti in particolare quello di Vaes e Muratore (2013) inserendo un’ulteriore variabile ossia la percezione che i professionisti hanno del loro operato, ossia se lo considerino utile/efficace o al contrario non di grande valore per le persone con disturbo mentale ossia se hanno la percezione che il loro operato non sia così significativo nel percorso di cura della persona (in questo senso gioca un ruolo cruciale il conetto di cronicità. Quanto i professionisti ritengono che la persona da loro presa in carico sia destinata a convivere con il disagio mentale o quanto ritengono che la loro sia una condizione di passaggio (Aalto, Elovainio, Kivimäki,Uutela & Pirkola, 2012; Reynaert & Gelman, 2019; Link, Cullen, Struening & Shrout, 1989) e quindi quanto i professionisti ritengono che il loro supporto possa giovare alla persona). Un altro aspetto precedentemente analizzato da vari studi (Roupa, Patelarou, Fradelos, Fousiani, Miliaraki, Giakoumidakis & Patelarou, 2024; Fontesse, Demoulin, Stinglhamber & Maurage, 2019; Trifiletti, Di Bernardo, Falvo & Capozza, 2014; Capozza, Colledani & Falvo, 2024; Delgado, Bonache, Betancort , Morera & Harris, 2021; Diniz et al., 2019; Vaes e Muratore, 2013; Fontesse, Rimez & Maurage, 2021) indica come la deumanizzazione da parte dei professionisti verso le persone di cui si prendono cura, possa in qualche modo proteggere loro stessi dal burnout, ma deumanizzare il target verso cui si opera potrebbe contribuire a far percepire il loro operato come inutile proprio perché si attribuisce, come si vedrà in seguito, alla persona una minor umanità e una minor agency (Haslam & Loughnan, 2014; Diniz et al., 2019; Adams, Case, Fitness & Stevenson 2017; Martinez, Piff, Mendoza-Denton & Hinshaw 2011). L’obbiettivo della ricerca è quindi da un lato andare a esaminare se i processi di meta-deumanizzazione e auto-deumanizzazione siano implicati nella visione che le persone con un disturbo mentale hanno di sé stesse e se questo impatta poi il loro benessere e la loro percezione di efficacia. Dall’altro lato si è voluta indagare la visione dei professionisti della salute mentale e capire e estendere i risultati di Vaes e Muratore (2013).

Lo stigma legato alla salute mentale: il suo impatto sulle persone che ne sono bersaglio e sugli operatori del settore.

TOFFAN, MARTINA
2024/2025

Abstract

Con il presente studio si vuole mettere in luce e analizzare come la percezione sociale possa influenzare la propria autorappresentazione in modo specifico in soggetti che presentano un disturbo di natura psicologica. Si analizzerà in particolare il processo di meta-deumanizzazione concentrandosi sulle conseguenze che quest’ultimo ha per il target colpito e si indagherà se il costrutto di meta-deumanizzazione sia un predittore significativo dell’auto-deumanizzazione. In particolare, si vuole verificare se c’è una relazione tra meta-deumanizzazione, auto-deumanizzazione e benessere percepito. Oltre a queste variabili che possono portare a una catena negativa di percezioni proprie del target colpito, si inserisce come altra variabile lo stigma. Ci si è chiesti se la percezione dello stigma sia un predittore parallelo insieme alla meta-deumanizzazione, che porta all’auto-deumanizzazione. Questa ricerca vuole ampliare l’analisi in particolare a persone che soffrono di un disturbo mentale e contestualmente analizzare il contesto in cui queste persone vengono prese in cura, in particolare la visione dei professionisti della salute mentale rispetto al target di cui si occupano. Per quanto riguarda l’analisi del campione degli operatori della salute mentale, il presente studio vuole implementare gli studi precedenti in particolare quello di Vaes e Muratore (2013) inserendo un’ulteriore variabile ossia la percezione che i professionisti hanno del loro operato, ossia se lo considerino utile/efficace o al contrario non di grande valore per le persone con disturbo mentale ossia se hanno la percezione che il loro operato non sia così significativo nel percorso di cura della persona (in questo senso gioca un ruolo cruciale il conetto di cronicità. Quanto i professionisti ritengono che la persona da loro presa in carico sia destinata a convivere con il disagio mentale o quanto ritengono che la loro sia una condizione di passaggio (Aalto, Elovainio, Kivimäki,Uutela & Pirkola, 2012; Reynaert & Gelman, 2019; Link, Cullen, Struening & Shrout, 1989) e quindi quanto i professionisti ritengono che il loro supporto possa giovare alla persona). Un altro aspetto precedentemente analizzato da vari studi (Roupa, Patelarou, Fradelos, Fousiani, Miliaraki, Giakoumidakis & Patelarou, 2024; Fontesse, Demoulin, Stinglhamber & Maurage, 2019; Trifiletti, Di Bernardo, Falvo & Capozza, 2014; Capozza, Colledani & Falvo, 2024; Delgado, Bonache, Betancort , Morera & Harris, 2021; Diniz et al., 2019; Vaes e Muratore, 2013; Fontesse, Rimez & Maurage, 2021) indica come la deumanizzazione da parte dei professionisti verso le persone di cui si prendono cura, possa in qualche modo proteggere loro stessi dal burnout, ma deumanizzare il target verso cui si opera potrebbe contribuire a far percepire il loro operato come inutile proprio perché si attribuisce, come si vedrà in seguito, alla persona una minor umanità e una minor agency (Haslam & Loughnan, 2014; Diniz et al., 2019; Adams, Case, Fitness & Stevenson 2017; Martinez, Piff, Mendoza-Denton & Hinshaw 2011). L’obbiettivo della ricerca è quindi da un lato andare a esaminare se i processi di meta-deumanizzazione e auto-deumanizzazione siano implicati nella visione che le persone con un disturbo mentale hanno di sé stesse e se questo impatta poi il loro benessere e la loro percezione di efficacia. Dall’altro lato si è voluta indagare la visione dei professionisti della salute mentale e capire e estendere i risultati di Vaes e Muratore (2013).
2024
Mental health-related stigma: its impact on people who are targeted and practitioners.
stigma
deumanizzazione
autodeumanizzazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/85140