L’obiettivo di questa tesi è la “caccia” agli slanci metafisici di Giorgio Caproni, dal primo riferimento a Dio in "Cronistoria" fino all’ultima notizia del poeta e di Dio in "Dinnanzi al Bambin Gesù, pensando ai troppi innocenti che nascono, derelitti, al mondo", a dimostrazione della pervasività del tema (a)teologico nel livornese che, fino all’ultimo respiro, ha cercato una “guida”, una coscienza del suo (non) essere. Tale tesi sarebbe probabilmente stata avversata dallo stesso Caproni che, alla richiesta di chiarire la propria posizione circa Dio, non aveva mancato di rispondere, piuttosto scocciato e risentito: “Senta, di queste cose io non so parlare […]. Ma poi, insomma: ateologia, patoteologia…Sono termini che ho usato in modo scherzoso. E invece quasi tutti li hanno presi sul serio”. Per essere, dunque, del tutto rispettosi del desiderio del poeta di non porgli domande riguardo alla provvidenza né di prendere troppo sul serio la sua “ateologia”, questo elaborato, a rigore, non dovrebbe esistere. O, ancora, per meglio aderire allo stile ed alle movenze di Caproni, queste 97 pagine avrebbero dovuto essere costellate di vuoto, di spazi bianchi, essere insomma 97 pagine bianche senza la contaminazione della Parola. Pertanto, è con piglio piuttosto impertinente, quanto i "Versicoli del controcaproni", che tale lavoro si prefigge di ricercare, e per di più, seriamente e tragicamente, Dio. E, ancora più dispettosamente, lo fa servendosi di 26.781 parole, decisamente troppe per il poeta a cui il rumore delle parole stesse dà sempre più noia. Infatti, anche volendo ammettere per vere le dichiarazioni del livornese (“Senta, di queste cose io non so parlare”), resta che la presenza di Dio nella produzione del genovese acquisito è davvero onnipervadente, presenza che si rivela tanto più considerevole nello spazio della Sua assenza. Nella tesi, inoltre, si rivelano i modi privilegiati inseguiti da Caproni per cercare Dio, espedienti che, si vedrà, spaziano dalla preghiera all’uccisione del numinoso, fino al Suo fugace riconoscimento in “asparizioni” animali (la Bestia e il delfino). Dio è, quindi, presentissimo nella parabola del poeta, probabilmente ancor più che se fosse stata assodata la Sua esistenza. È, infatti, proprio nel pensiero di Dio (o, meglio, di Cristo) che si conchiudono tanto la poesia quanto l’esistenza di Giorgio Caproni.
"Caccia a Dio": un viaggio nell'«ateologia» poetica di Giorgio Caproni
FORZAN, ANNA
2024/2025
Abstract
L’obiettivo di questa tesi è la “caccia” agli slanci metafisici di Giorgio Caproni, dal primo riferimento a Dio in "Cronistoria" fino all’ultima notizia del poeta e di Dio in "Dinnanzi al Bambin Gesù, pensando ai troppi innocenti che nascono, derelitti, al mondo", a dimostrazione della pervasività del tema (a)teologico nel livornese che, fino all’ultimo respiro, ha cercato una “guida”, una coscienza del suo (non) essere. Tale tesi sarebbe probabilmente stata avversata dallo stesso Caproni che, alla richiesta di chiarire la propria posizione circa Dio, non aveva mancato di rispondere, piuttosto scocciato e risentito: “Senta, di queste cose io non so parlare […]. Ma poi, insomma: ateologia, patoteologia…Sono termini che ho usato in modo scherzoso. E invece quasi tutti li hanno presi sul serio”. Per essere, dunque, del tutto rispettosi del desiderio del poeta di non porgli domande riguardo alla provvidenza né di prendere troppo sul serio la sua “ateologia”, questo elaborato, a rigore, non dovrebbe esistere. O, ancora, per meglio aderire allo stile ed alle movenze di Caproni, queste 97 pagine avrebbero dovuto essere costellate di vuoto, di spazi bianchi, essere insomma 97 pagine bianche senza la contaminazione della Parola. Pertanto, è con piglio piuttosto impertinente, quanto i "Versicoli del controcaproni", che tale lavoro si prefigge di ricercare, e per di più, seriamente e tragicamente, Dio. E, ancora più dispettosamente, lo fa servendosi di 26.781 parole, decisamente troppe per il poeta a cui il rumore delle parole stesse dà sempre più noia. Infatti, anche volendo ammettere per vere le dichiarazioni del livornese (“Senta, di queste cose io non so parlare”), resta che la presenza di Dio nella produzione del genovese acquisito è davvero onnipervadente, presenza che si rivela tanto più considerevole nello spazio della Sua assenza. Nella tesi, inoltre, si rivelano i modi privilegiati inseguiti da Caproni per cercare Dio, espedienti che, si vedrà, spaziano dalla preghiera all’uccisione del numinoso, fino al Suo fugace riconoscimento in “asparizioni” animali (la Bestia e il delfino). Dio è, quindi, presentissimo nella parabola del poeta, probabilmente ancor più che se fosse stata assodata la Sua esistenza. È, infatti, proprio nel pensiero di Dio (o, meglio, di Cristo) che si conchiudono tanto la poesia quanto l’esistenza di Giorgio Caproni.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/90778