LA BOXE: UNA PRATICA EDUCATIVA EMANCIPATORIA? UNA RICERCA ETNOGRAFICA NELLA PALESTRA POPOLARE CHINATOWN

This ethnographic research explores the educational and political potential of sports practice, taking the Palestra Popolare Chinatown in Padua as an emblematic case study. Through a participatory investigation, the study aims to deconstruct the social stigma associated with boxing, proposing instead an interpretation of it as a pedagogical tool for social transformation. The work is structured around three main moments. Firstly, it outlines the socio-pedagogical landscape of sport, framing it as a "total social fact" with an ambivalent nature: an instrument of discipline but also a potential space for resistance and emancipation. Secondly, it delves into the specificities of boxing, analyzing its constitutive contradictions between ritualized violence and self-control, between marginality and social redemption. Finally, the analysis focuses on the case of the Chinatown Gym, demonstrating how its self-managed practice critically reconfigures boxing into a social and pedagogical "device." Three central dimensions emerge: bodily reappropriation as a political act, self-management as a practice of direct democracy, and urban conflict as a space for negotiation. The gym thus reveals itself as a laboratory of radical pedagogy, where training becomes a process of "conscientization" and the body transforms into a vehicle of resistance, redefining the relationship between political culture, sports practice, and urban space in the contemporary era.

Questa ricerca etnografica esplora il potenziale educativo e politico della pratica sportiva, prendendo come caso di studio emblematico la Palestra Popolare Chinatown di Padova. Attraverso un'indagine partecipativa, lo studio si propone di decostruire lo stigma sociale associato alla boxe, proponendone invece una lettura come strumento pedagogico di trasformazione sociale. Il lavoro si articola in tre momenti principali. In primo luogo, delinea il panorama socio-pedagogico dello sport, inquadrandolo come "fatto sociale totale" dalla natura ambivalente: strumento di disciplinamento ma anche potenziale spazio di resistenza ed emancipazione. In secondo luogo, approfondisce la specificità del pugilato, analizzandone le contraddizioni costitutive tra violenza ritualizzata e autocontrollo, tra marginalità e riscatto sociale. Infine, l'analisi si concentra sul caso della Palestra Chinatown, dimostrando come la sua pratica autogestita riconfiguri criticamente la boxe in un "dispositivo sociale" e pedagogico. Emergono tre dimensioni centrali: la riappropriazione corporea come atto politico, l'autogestione come pratica di democrazia diretta e il conflitto urbano come spazio di negoziazione. La palestra si rivela così un laboratorio di pedagogia radicale, in cui l'allenamento diviene processo di "coscientizzazione" e il corpo si trasforma in veicolo di resistenza, ridefinendo il rapporto tra cultura politica, pratica sportiva e spazio urbano nell'epoca contemporanea.