Negli ultimi 70 anni è stato registrato un aumento esponenziale della domanda e della produzione di plastica, la quale è passata da 1,5 milioni di tonnellate negli anni '50 a 359 milioni di tonnellate nel 2018. Secondo le attuali stime, la produzione di plastica continuerà ad aumentare nel prossimo futuro, raggiungendo più del triplo dell’attuale produzione nel 2050. Le materie plastiche, grazie alle loro proprietà, sono utilizzate per molte applicazioni. Nonostante i vantaggi derivanti dall’utilizzo della plastica siano innumerevoli, la produzione di massa, l’inadeguata gestione dei rifiuti e la durabilità della plastica hanno portato a un notevole accumulo di rifiuti plastici di ogni dimensione negli ambienti acquatici di tutto il mondo. Si stima che 15 milioni di tonnellate di plastica entrino negli oceani ogni anno. Sebbene la maggior parte dei rifiuti plastici marini derivi da fonti terrestri, anche il settore della pesca e dell’acquacoltura contribuisce all’inquinamento marino da plastica. Attualmente non esiste una definizione di microplastiche riconosciuta a livello internazionale. Secondo EFSA le microplastiche sono frammenti, sferoidi, granuli, pellet, schegge o perline di plastica con dimensioni comprese tra 0,1 μm e 5.000 μm. In base alla loro origine, le microplastiche sono classificate in primarie e secondarie. Le microplastiche primarie sono particelle di plastica prodotte intenzionalmente in questa gamma di dimensioni, mentre le microplastiche secondarie sono il prodotto della degradazione e della frammentazione delle plastiche. La contaminazione da microplastiche negli ambienti acquatici è fonte di crescente preoccupazione a causa della loro distribuzione ubiquitaria e dei potenziali rischi che costituiscono per gli organismi acquatici e per l’uomo attraverso il consumo dei prodotti della pesca. Le microplastiche, infatti, contengono una miscela di sostanze chimiche aggiunte durante il processo di produzione, dette additivi, alcuni dei quali rappresentano degli interferenti endocrini (ftalati, bisfenolo A e alcuni ritardanti di fiamma). Esse, inoltre, hanno la capacità di assorbire in modo efficiente dall’ambiente e di concentrare lungo la catena alimentare metalli pesanti e POPs, tra cui PCB e IPA. L’ingestione di microplastiche da parte di organismi acquatici, comprese specie di importanza commerciale, e il loro trasferimento trofico lungo la catena alimentare sono stati ampiamente documentati. Sebbene non esistano linee guida per l’analisi delle microplastiche, negli ultimi anni sono stati descritti diversi metodi che includono uno o più dei seguenti passaggi: estrazione e degradazione della materia organica; identificazione e quantificazione; caratterizzazione e identificazione della composizione chimica. Negli organismi acquatici selvatici, le microplastiche sono state osservate principalmente nel tratto gastrointestinale e in piccole quantità.Nell’uomo il rischio di ingestione di microplastiche attraverso il consumo dei prodotti della pesca è ridotto dalla rimozione del tratto gastrointestinale nella maggior parte delle specie ittiche. Ciò, però, non si applica ai molluschi bivalvi, ai piccoli crostacei e ad alcune specie di piccoli pesci che vengono consumate intere. Una stima dell’esposizione alle microplastiche dopo il consumo di una porzione di cozze (225 g) porterebbe, nel caso peggiore, all’ingestione di 7 μg di plastica, il cui effetto sull’esposizione a contaminanti chimici e additivi plastici sarebbe trascurabile. L’assorbimento delle microplastiche attraverso l’epitelio intestinale sembra essere limitato (≤ 0,3%) e riservato alle particelle inferiori di 150 μm. Ad oggi, tuttavia, mancano informazioni sulla tossicocinetica e i dati tossicologici sugli effetti delle microplastiche in quanto tali non sono sufficienti per fare una valutazione del rischio associato all’ingestione di microplastiche nell’uomo e dei loro effetti sulla salute umana.

Le microplastiche nei prodotti della pesca destinati a consumo umano: sintesi delle attuali conoscenze

DORIGATO, GIULIA
2021/2022

Abstract

Negli ultimi 70 anni è stato registrato un aumento esponenziale della domanda e della produzione di plastica, la quale è passata da 1,5 milioni di tonnellate negli anni '50 a 359 milioni di tonnellate nel 2018. Secondo le attuali stime, la produzione di plastica continuerà ad aumentare nel prossimo futuro, raggiungendo più del triplo dell’attuale produzione nel 2050. Le materie plastiche, grazie alle loro proprietà, sono utilizzate per molte applicazioni. Nonostante i vantaggi derivanti dall’utilizzo della plastica siano innumerevoli, la produzione di massa, l’inadeguata gestione dei rifiuti e la durabilità della plastica hanno portato a un notevole accumulo di rifiuti plastici di ogni dimensione negli ambienti acquatici di tutto il mondo. Si stima che 15 milioni di tonnellate di plastica entrino negli oceani ogni anno. Sebbene la maggior parte dei rifiuti plastici marini derivi da fonti terrestri, anche il settore della pesca e dell’acquacoltura contribuisce all’inquinamento marino da plastica. Attualmente non esiste una definizione di microplastiche riconosciuta a livello internazionale. Secondo EFSA le microplastiche sono frammenti, sferoidi, granuli, pellet, schegge o perline di plastica con dimensioni comprese tra 0,1 μm e 5.000 μm. In base alla loro origine, le microplastiche sono classificate in primarie e secondarie. Le microplastiche primarie sono particelle di plastica prodotte intenzionalmente in questa gamma di dimensioni, mentre le microplastiche secondarie sono il prodotto della degradazione e della frammentazione delle plastiche. La contaminazione da microplastiche negli ambienti acquatici è fonte di crescente preoccupazione a causa della loro distribuzione ubiquitaria e dei potenziali rischi che costituiscono per gli organismi acquatici e per l’uomo attraverso il consumo dei prodotti della pesca. Le microplastiche, infatti, contengono una miscela di sostanze chimiche aggiunte durante il processo di produzione, dette additivi, alcuni dei quali rappresentano degli interferenti endocrini (ftalati, bisfenolo A e alcuni ritardanti di fiamma). Esse, inoltre, hanno la capacità di assorbire in modo efficiente dall’ambiente e di concentrare lungo la catena alimentare metalli pesanti e POPs, tra cui PCB e IPA. L’ingestione di microplastiche da parte di organismi acquatici, comprese specie di importanza commerciale, e il loro trasferimento trofico lungo la catena alimentare sono stati ampiamente documentati. Sebbene non esistano linee guida per l’analisi delle microplastiche, negli ultimi anni sono stati descritti diversi metodi che includono uno o più dei seguenti passaggi: estrazione e degradazione della materia organica; identificazione e quantificazione; caratterizzazione e identificazione della composizione chimica. Negli organismi acquatici selvatici, le microplastiche sono state osservate principalmente nel tratto gastrointestinale e in piccole quantità.Nell’uomo il rischio di ingestione di microplastiche attraverso il consumo dei prodotti della pesca è ridotto dalla rimozione del tratto gastrointestinale nella maggior parte delle specie ittiche. Ciò, però, non si applica ai molluschi bivalvi, ai piccoli crostacei e ad alcune specie di piccoli pesci che vengono consumate intere. Una stima dell’esposizione alle microplastiche dopo il consumo di una porzione di cozze (225 g) porterebbe, nel caso peggiore, all’ingestione di 7 μg di plastica, il cui effetto sull’esposizione a contaminanti chimici e additivi plastici sarebbe trascurabile. L’assorbimento delle microplastiche attraverso l’epitelio intestinale sembra essere limitato (≤ 0,3%) e riservato alle particelle inferiori di 150 μm. Ad oggi, tuttavia, mancano informazioni sulla tossicocinetica e i dati tossicologici sugli effetti delle microplastiche in quanto tali non sono sufficienti per fare una valutazione del rischio associato all’ingestione di microplastiche nell’uomo e dei loro effetti sulla salute umana.
2021
Microplastics in fish and fishery products for human consumption: a review of the current knowledges.
microplastiche
prodotti ittici
sicurezza alimenti
POPs
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/10007