Il Center for Disease Control ha stimato che il numero di persone di età superiore ai 65 anni aumenterà da 420 milioni a 1 miliardo dal 2000 al 2030. Poiché la malattia di Alzheimer (AD) è una malattia che si manifesta principalmente in età presenile, può diventare un problema di difficile soluzione a livello globale. Attualmente ci sono oltre 55 milioni di persone nel mondo affette da demenza e la maggior parte dei casi sono correlati all’AD; questo numero raddoppierà quasi ogni vent’anni, raggiungendo i 78 milioni nel 2030 e i 139 milioni nel 2050. A livello macroscopico si può osservare atrofia dell’ippocampo e della corteccia cerebrale, mentre a livello microscopico, la malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla presenza di due segni distintivi localizzati principalmente nell’ippocampo e nella corteccia: placche amiloidi extracellulari composte da aggregati insolubili della proteina amiloide-β (Aβ) e grovigli neurofibrillari intraneuronali, composti dalla proteina tau iper-fosforilata. Diverse ipotesi patogenetiche sono state avanzate per spiegare l’insorgenza dell’ AD: tra queste l’ipotesi infettiva, che ritiene un agente infettivo responsabile di innescare la neurodegenerazione, è attualmente particolarmente attenzionata dagli studiosi. Tra gli agenti infettivi oggetto di approfonditi studi è l’Herpes simplex virus di tipo 1, un virus neurotropico appartenente alla famiglia delle Herpesviridae. A seguito dell’infezione primaria, acquisita generalmente nei primi anni di vita, il virus stabilisce un’infezione latente permanente nel ganglio del Gasser. HSV-1 in latenza nel ganglio del trigemino può riattivarsi ed essere trasportato sia a livello della mucosa labiale/orale (herpes labiale) o risalire le fibre nervose fino alle aree limbiche del cervello (ippocampo, lobi temporali e frontali). Un grosso limite allo studio dei meccanismi con cui l’HSV-1 può causare, nel corso di una infezione cronica, neuro-degenerazione è la mancanza di un modello sperimentale adeguato. A tal proposito nel nostro laboratorio di ricerca è stato messo a punto un modello di infezione persistente da HSV-1 del SNE che prevede l’infezione prima per via intranasale, seguita dopo 4 settimane dall’inoculo intragastrico del virus. Utilizzando questo modello sperimentale, in precedenti studi, è stato dimostrato che il virus stabilisce un’infezione persistente nei neuroni del SNE e va incontro a riattivazioni spontanee, causando la comparsa di classici marcatori di neuro-degenerazione. Poiché nelle patologie neurodegenerative come AD è stato riportato un coinvolgimento della glia, in questo progetto di tesi abbiamo verificato se il fenotipo delle cellule gliali enteriche (CGE) sia compatibile con quanto osservato nei pazienti con AD. Come la loro controparte del SNC , le CGE sono piccole cellule che avvolgono i corpi cellulari neuronali enterici e i fasci di assoni ed estendono i loro processi nella mucosa intestinale. Le CGE sono paragonabili agli astrociti anche nella loro espressione di marcatori di identificazione tipici, che includono la proteina acida fibrillare gliale (GFAP) e la proteina legante il Ca2+ S100β. In seguito ad alterazioni dell’omeostasi cerebrale, si instaura nel SNC una condizione di astrogliosi o gliosi reattiva, processo di attivazione e di proliferazione degli astrociti, che aumentano l’espressione di GFAP e rilasciano molecole attive per creare uno stato reattivo, come ad esempio chemochine, citochine pro-infiammatorie e fattori di crescita. Gli astrociti reattivi esprimono BACE-1 (secretasi coinvolta nella proteolisi di APP, Amyloid Precursor Protein), esprimono livelli elevati di APP e, quindi, possono contribuire alla produzione di Aβ. Allo stesso modo, nelle cellule gliali enteriche, in seguito a infiammazione o lesioni, si instaura una condizione di gliosi reattiva, in cui le CGE aumentano l’espressione di GFAP e di alcuni marcatori della risposta immunitaria.
Cellule gliali enteriche murine sviluppano un fenotipo Alzheimer Disease-like in seguito a infezione del sistema nervoso enterico con Herpes simplex virus di tipo 1
TOPPARELLI, ANNA
2021/2022
Abstract
Il Center for Disease Control ha stimato che il numero di persone di età superiore ai 65 anni aumenterà da 420 milioni a 1 miliardo dal 2000 al 2030. Poiché la malattia di Alzheimer (AD) è una malattia che si manifesta principalmente in età presenile, può diventare un problema di difficile soluzione a livello globale. Attualmente ci sono oltre 55 milioni di persone nel mondo affette da demenza e la maggior parte dei casi sono correlati all’AD; questo numero raddoppierà quasi ogni vent’anni, raggiungendo i 78 milioni nel 2030 e i 139 milioni nel 2050. A livello macroscopico si può osservare atrofia dell’ippocampo e della corteccia cerebrale, mentre a livello microscopico, la malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla presenza di due segni distintivi localizzati principalmente nell’ippocampo e nella corteccia: placche amiloidi extracellulari composte da aggregati insolubili della proteina amiloide-β (Aβ) e grovigli neurofibrillari intraneuronali, composti dalla proteina tau iper-fosforilata. Diverse ipotesi patogenetiche sono state avanzate per spiegare l’insorgenza dell’ AD: tra queste l’ipotesi infettiva, che ritiene un agente infettivo responsabile di innescare la neurodegenerazione, è attualmente particolarmente attenzionata dagli studiosi. Tra gli agenti infettivi oggetto di approfonditi studi è l’Herpes simplex virus di tipo 1, un virus neurotropico appartenente alla famiglia delle Herpesviridae. A seguito dell’infezione primaria, acquisita generalmente nei primi anni di vita, il virus stabilisce un’infezione latente permanente nel ganglio del Gasser. HSV-1 in latenza nel ganglio del trigemino può riattivarsi ed essere trasportato sia a livello della mucosa labiale/orale (herpes labiale) o risalire le fibre nervose fino alle aree limbiche del cervello (ippocampo, lobi temporali e frontali). Un grosso limite allo studio dei meccanismi con cui l’HSV-1 può causare, nel corso di una infezione cronica, neuro-degenerazione è la mancanza di un modello sperimentale adeguato. A tal proposito nel nostro laboratorio di ricerca è stato messo a punto un modello di infezione persistente da HSV-1 del SNE che prevede l’infezione prima per via intranasale, seguita dopo 4 settimane dall’inoculo intragastrico del virus. Utilizzando questo modello sperimentale, in precedenti studi, è stato dimostrato che il virus stabilisce un’infezione persistente nei neuroni del SNE e va incontro a riattivazioni spontanee, causando la comparsa di classici marcatori di neuro-degenerazione. Poiché nelle patologie neurodegenerative come AD è stato riportato un coinvolgimento della glia, in questo progetto di tesi abbiamo verificato se il fenotipo delle cellule gliali enteriche (CGE) sia compatibile con quanto osservato nei pazienti con AD. Come la loro controparte del SNC , le CGE sono piccole cellule che avvolgono i corpi cellulari neuronali enterici e i fasci di assoni ed estendono i loro processi nella mucosa intestinale. Le CGE sono paragonabili agli astrociti anche nella loro espressione di marcatori di identificazione tipici, che includono la proteina acida fibrillare gliale (GFAP) e la proteina legante il Ca2+ S100β. In seguito ad alterazioni dell’omeostasi cerebrale, si instaura nel SNC una condizione di astrogliosi o gliosi reattiva, processo di attivazione e di proliferazione degli astrociti, che aumentano l’espressione di GFAP e rilasciano molecole attive per creare uno stato reattivo, come ad esempio chemochine, citochine pro-infiammatorie e fattori di crescita. Gli astrociti reattivi esprimono BACE-1 (secretasi coinvolta nella proteolisi di APP, Amyloid Precursor Protein), esprimono livelli elevati di APP e, quindi, possono contribuire alla produzione di Aβ. Allo stesso modo, nelle cellule gliali enteriche, in seguito a infiammazione o lesioni, si instaura una condizione di gliosi reattiva, in cui le CGE aumentano l’espressione di GFAP e di alcuni marcatori della risposta immunitaria.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/10089