Il numero di esodi forzati nel mondo è in costante aumento a seguito di conflitti e persecuzioni, per cui l’integrazione lavorativa dei rifugiati in fuga per la salvezza diventa una responsabilità globale di proporzioni sempre maggiori. È importante infatti garantire loro uno stile di vita dignitoso e migliorare le loro condizioni economiche, avvicinandoli man mano ai livelli dei cittadini. A questo proposito, la domanda da porsi è: Quanto efficienti sono i Paesi sviluppati nel perseguire questo scopo? In che aspetto si può ancora migliorare? L'obiettivo prefissato da questo lavoro è proprio quello di valutare la posizione in cui i rifugiati si ritrovano nei mercati del lavoro europei e in generale dei Paesi avanzati, cercando di individuare le eventuali problematiche che rendono più difficoltosa la loro situazione. Il primo capitolo svolge una funzione principalmente introduttiva: vengono visti i principali Paesi di provenienza e di destinazione dei rifugiati, mettendo a confronto la distribuzione registrata in Europa con quella trovata nel resto del mondo. Il secondo capitolo invece viene dedicato allo studio effettivo sull’integrazione lavorativa dei rifugiati. Mediante l’uso di due importanti indicatori del mercato del lavoro (il tasso di occupazione e il salario medio orario), viene dapprima studiata la differenza tra i lavoratori nativi e stranieri nei Paesi europei e, successivamente, il divario tra i rifugiati e gli immigrati di altro genere. Dopodiché, ne vengono comprese le cause principali prendendo come riferimento il contesto tedesco. Infine, il terzo capitolo si concentra sui fattori che presentano il rischio di rallentare l’integrazione nel lungo periodo, rappresentati da barriere legali (i tempi di accesso nel mercato del lavoro dei richiedenti asilo), condizioni di salute dei rifugiati (possibili disturbi psicologici) e atteggiamenti di discriminazioni individuabili nella comunità e nel lavoro stesso. Per completezza, l’analisi verrà accompagnata da sondaggi effettuati in passato negli Stati di riferimento e da articoli di riviste economiche trattanti tali argomenti. I risultati confermano che i rifugiati rappresentano la categoria più vulnerabile nel mercato del lavoro: nel primo periodo, il tasso di occupazione e il salario medio orario sono notevolmente più ridotti di quelli registrati sugli altri immigrati e specialmente sui nativi, principalmente a causa del basso grado di scolarizzazione e delle differenze culturali e di lingua. Questo divario col tempo tende a restringersi grazie all’acquisto di esperienza lavorativa e di tratti culturali del Paese ospitante, ma è un processo destinato a durare per più di dieci anni nella maggior parte dei casi, portando alla conclusione che l’integrazione lavorativa negli Stati avanzati è decisamente migliorabile. Di conseguenza, i governi e le comunità di tali Paesi devono impegnarsi maggiormente sin dalle prime fasi per riuscire ad accelerare la chiusura del divario.

I rifugiati nei mercati del lavoro dei Paesi avanzati

BARUZZO, ALESSIO
2021/2022

Abstract

Il numero di esodi forzati nel mondo è in costante aumento a seguito di conflitti e persecuzioni, per cui l’integrazione lavorativa dei rifugiati in fuga per la salvezza diventa una responsabilità globale di proporzioni sempre maggiori. È importante infatti garantire loro uno stile di vita dignitoso e migliorare le loro condizioni economiche, avvicinandoli man mano ai livelli dei cittadini. A questo proposito, la domanda da porsi è: Quanto efficienti sono i Paesi sviluppati nel perseguire questo scopo? In che aspetto si può ancora migliorare? L'obiettivo prefissato da questo lavoro è proprio quello di valutare la posizione in cui i rifugiati si ritrovano nei mercati del lavoro europei e in generale dei Paesi avanzati, cercando di individuare le eventuali problematiche che rendono più difficoltosa la loro situazione. Il primo capitolo svolge una funzione principalmente introduttiva: vengono visti i principali Paesi di provenienza e di destinazione dei rifugiati, mettendo a confronto la distribuzione registrata in Europa con quella trovata nel resto del mondo. Il secondo capitolo invece viene dedicato allo studio effettivo sull’integrazione lavorativa dei rifugiati. Mediante l’uso di due importanti indicatori del mercato del lavoro (il tasso di occupazione e il salario medio orario), viene dapprima studiata la differenza tra i lavoratori nativi e stranieri nei Paesi europei e, successivamente, il divario tra i rifugiati e gli immigrati di altro genere. Dopodiché, ne vengono comprese le cause principali prendendo come riferimento il contesto tedesco. Infine, il terzo capitolo si concentra sui fattori che presentano il rischio di rallentare l’integrazione nel lungo periodo, rappresentati da barriere legali (i tempi di accesso nel mercato del lavoro dei richiedenti asilo), condizioni di salute dei rifugiati (possibili disturbi psicologici) e atteggiamenti di discriminazioni individuabili nella comunità e nel lavoro stesso. Per completezza, l’analisi verrà accompagnata da sondaggi effettuati in passato negli Stati di riferimento e da articoli di riviste economiche trattanti tali argomenti. I risultati confermano che i rifugiati rappresentano la categoria più vulnerabile nel mercato del lavoro: nel primo periodo, il tasso di occupazione e il salario medio orario sono notevolmente più ridotti di quelli registrati sugli altri immigrati e specialmente sui nativi, principalmente a causa del basso grado di scolarizzazione e delle differenze culturali e di lingua. Questo divario col tempo tende a restringersi grazie all’acquisto di esperienza lavorativa e di tratti culturali del Paese ospitante, ma è un processo destinato a durare per più di dieci anni nella maggior parte dei casi, portando alla conclusione che l’integrazione lavorativa negli Stati avanzati è decisamente migliorabile. Di conseguenza, i governi e le comunità di tali Paesi devono impegnarsi maggiormente sin dalle prime fasi per riuscire ad accelerare la chiusura del divario.
2021
Refugees in the labour markets of the developed countries
Rifugiati
Occupazione
Integrazione
Divario
Discriminazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/11381