Ripercorrendo l’evoluzione della nozione di Gattung negli scritti di Ludwig Feuerbach dalla giovinezza a “L’essenza del Cristianesimo”, si cercherà di mostrare come le piattaforme teoriche dell’universalismo panteistico della ragione e della particolarità finita, distinte già nella dissertazione del 1828, si avviino progressivamente verso uno spostamento chiasmatico dei termini. Nel primo capitolo si prenderanno in considerazione i saggi degli anni ‘30 “Critica dell’«Anti-Hegel»”, “Per la critica della filosofia positiva” e “Per la critica della filosofia hegeliana”, scelti come tappe di un percorso che vede l’universalità della ragione trasformarsi da termine interiore e speculativo, proprio del pensiero, in natura sensibile ‘spazializzata’ come una totalità onnicomprensiva al cui culmine stanno i legami comunitari, intersoggettivi che gli uomini stringono gli uni con gli altri. Viene allora elaborata da Feuerbach una filosofia come antropologia, cioè viene scelta l’umanità come soggetto che incarna nel mondo sensibile l’universalità della ragione. L’approdo antropologico della riflessione filosofica feuerbachiana non giunge tuttavia ad una vera e propria sintesi delle due prospettive, che restano ancora problematicamente nella dimensione di un panteismo fusionale, non mutando di conseguenza il quadro teorico giovanile della risoluzione dell’individuale nell’universale. Ciononostante, l’emergere del tema della natura pone le premesse per un ripensamento radicale dell’universalità del soggetto, in quanto esso è sempre e costitutivamente corporeo, passivo oltre che attivo e intrinsecamente abitato da differenze.
La questione del soggetto in Feuerbach: dagli scritti giovanili a “L'essenza del cristianesimo”
BISELLI, FILIPPO
2021/2022
Abstract
Ripercorrendo l’evoluzione della nozione di Gattung negli scritti di Ludwig Feuerbach dalla giovinezza a “L’essenza del Cristianesimo”, si cercherà di mostrare come le piattaforme teoriche dell’universalismo panteistico della ragione e della particolarità finita, distinte già nella dissertazione del 1828, si avviino progressivamente verso uno spostamento chiasmatico dei termini. Nel primo capitolo si prenderanno in considerazione i saggi degli anni ‘30 “Critica dell’«Anti-Hegel»”, “Per la critica della filosofia positiva” e “Per la critica della filosofia hegeliana”, scelti come tappe di un percorso che vede l’universalità della ragione trasformarsi da termine interiore e speculativo, proprio del pensiero, in natura sensibile ‘spazializzata’ come una totalità onnicomprensiva al cui culmine stanno i legami comunitari, intersoggettivi che gli uomini stringono gli uni con gli altri. Viene allora elaborata da Feuerbach una filosofia come antropologia, cioè viene scelta l’umanità come soggetto che incarna nel mondo sensibile l’universalità della ragione. L’approdo antropologico della riflessione filosofica feuerbachiana non giunge tuttavia ad una vera e propria sintesi delle due prospettive, che restano ancora problematicamente nella dimensione di un panteismo fusionale, non mutando di conseguenza il quadro teorico giovanile della risoluzione dell’individuale nell’universale. Ciononostante, l’emergere del tema della natura pone le premesse per un ripensamento radicale dell’universalità del soggetto, in quanto esso è sempre e costitutivamente corporeo, passivo oltre che attivo e intrinsecamente abitato da differenze.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/11733