All'interno di questo elaborato sono state prese in considerazione due differenti letture del pensiero di Spinoza, tentando di evidenziare come l’interpretazione di Deleuze e quella di Negri siano da considerare divergenti, in particolare attorno al ruolo di attributo nel sistema metafisico spinoziano. Se, infatti, il filosofo francese individua in Spinoza una forma di espressionismo in filosofia, il cui protagonista è senz'altro il ruolo dell'attributo come ciò che è costitutivo della sostanza e al tempo stesso implicato nella necessaria produzione divina, per Negri l'attributo sembra essere vincolato alla prima stesura dell' Etica divenendo residuale nella fase matura dell'opera. Deleuze mostra come dapprima la sostanza si esprima mediante i suoi infiniti attributi come Natura Naturans, per poi, in un'espressione di secondo livello, esprimersi producendo tutto ciò che può cadere sotto un intelletto infinito mediante i medesimi attributi che lo qualificavano. D'altro canto, per Negri, l'attributo dovrebbe essere in grado di porsi come criterio d'organizzazione del reale, ma, per farlo, introdurrebbe una verticalità e una trascendenza che corromperebbero l'univocità del sistema filosofico spinoziano. Il filosofo italiano, individua allora una "seconda fondazione" nel quale non è più l'attributo ad essere coinvolto nella produzione e nell'organizzazione del reale. La divinità viene ad essere ribaltata nella dimensione modale, divenuta dunque egemone sulla Natura Naturans, in grado di costituire un avvenire in cui la collettività, la moltitudo, sia in grado di produrre il reale attraverso la propria potenza assoluta, ormai sganciata da ogni mediazione del potere.
Sostanza e attributo. Il Dio di Spinoza tra Gilles Deleuze e Antonio Negri.
DI ROCCO, ALESSANDRO
2021/2022
Abstract
All'interno di questo elaborato sono state prese in considerazione due differenti letture del pensiero di Spinoza, tentando di evidenziare come l’interpretazione di Deleuze e quella di Negri siano da considerare divergenti, in particolare attorno al ruolo di attributo nel sistema metafisico spinoziano. Se, infatti, il filosofo francese individua in Spinoza una forma di espressionismo in filosofia, il cui protagonista è senz'altro il ruolo dell'attributo come ciò che è costitutivo della sostanza e al tempo stesso implicato nella necessaria produzione divina, per Negri l'attributo sembra essere vincolato alla prima stesura dell' Etica divenendo residuale nella fase matura dell'opera. Deleuze mostra come dapprima la sostanza si esprima mediante i suoi infiniti attributi come Natura Naturans, per poi, in un'espressione di secondo livello, esprimersi producendo tutto ciò che può cadere sotto un intelletto infinito mediante i medesimi attributi che lo qualificavano. D'altro canto, per Negri, l'attributo dovrebbe essere in grado di porsi come criterio d'organizzazione del reale, ma, per farlo, introdurrebbe una verticalità e una trascendenza che corromperebbero l'univocità del sistema filosofico spinoziano. Il filosofo italiano, individua allora una "seconda fondazione" nel quale non è più l'attributo ad essere coinvolto nella produzione e nell'organizzazione del reale. La divinità viene ad essere ribaltata nella dimensione modale, divenuta dunque egemone sulla Natura Naturans, in grado di costituire un avvenire in cui la collettività, la moltitudo, sia in grado di produrre il reale attraverso la propria potenza assoluta, ormai sganciata da ogni mediazione del potere.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/11737