Background ed obiettivi. Il livello di self-care nel paziente affetto da scompenso cardiaco è un dato essenziale per verificare il rischio di riospedalizzazione. Influenzato da diverse variabili, il self-care dipende principalmente dall’adesione da parte del soggetto al trattamento e dall’educazione terapeutica offerta durante la degenza. Lo strumento utilizzato per la rilevazione del grado di self-care è stato il Self-care of Heart Failure Index (SCHFI), il quale ci ha concesso di ottenere dei risultati tali da poter ipotizzare un inserimento della figura dell’infermiere case manager (ICM) all’interno della realtà del reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre-Venezia. Materiali e metodi. E’ stato condotto uno studio osservazionale-analitico con l’utilizzo del questionario SCHFI, somministrato a distanza di 30 giorni, a 10 pazienti dimessi dal reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre-Venezia. I soggetti sono stati campionati nel periodo tra il 30 Giugno 2015 e il 31 Luglio 2015 secondo dei limiti di inclusione/esclusione definiti a priori. Risultati. I dati sono stati inizialmente aggregati riportando le risposte date dagli intervistati ai singoli item riguardanti le sezioni A (“manutenzione”), B (“percezione dei sintomi”) e C (“gestione della patologia”). E’ stata inoltre calcolata la media dei punteggi delle 3 sezioni dalla quale si è ottenuto il punteggio medio finale. Questo punteggio è stato confrontato con quello considerato di cut-off ed è risultato che il 90% dei pazienti non è in grado di gestire autonomamente la propria patologia a domicilio. Discussione. A seguito del risultato negativo rilevato attraverso il SCHFI si è deciso di ipotizzare l’inserimento della figura dell’infermiere case manager all’interno del reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo. Questa figura, nonostante sia tuttora di difficile riconoscimento per la realtà italiana, dovrebbe ricoprire il ruolo di gestione multidimensionale del paziente affetto da scompenso cardiaco, a partire dal ricovero e proseguendo nella dimissione e nel post-dimissione. Conclusioni. Il questionario è risultato utile per indagare un ambito poco considerato ma di fondamentale importanza per una patologia cronica come lo scompenso cardiaco. I risultati però non possono essere considerati statisticamente significativi e sarebbe necessaria una somministrazione su vasta scala. L’attivazione della figura dell’ICM dovrebbe essere presa in seria considerazione in quanto da essa deriverebbero dei benefici sia per la qualità dell’assistenza che per l’organizzazione e l’allocazione delle risorse.

L'infermiere nell'educazione al self-care: rilevazione del grado di cura di se nel paziente a domicilio e proposta di attivazione della figura di case manager nel percorso di dimissione

Dalla Costa, Tommaso
2015/2016

Abstract

Background ed obiettivi. Il livello di self-care nel paziente affetto da scompenso cardiaco è un dato essenziale per verificare il rischio di riospedalizzazione. Influenzato da diverse variabili, il self-care dipende principalmente dall’adesione da parte del soggetto al trattamento e dall’educazione terapeutica offerta durante la degenza. Lo strumento utilizzato per la rilevazione del grado di self-care è stato il Self-care of Heart Failure Index (SCHFI), il quale ci ha concesso di ottenere dei risultati tali da poter ipotizzare un inserimento della figura dell’infermiere case manager (ICM) all’interno della realtà del reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre-Venezia. Materiali e metodi. E’ stato condotto uno studio osservazionale-analitico con l’utilizzo del questionario SCHFI, somministrato a distanza di 30 giorni, a 10 pazienti dimessi dal reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre-Venezia. I soggetti sono stati campionati nel periodo tra il 30 Giugno 2015 e il 31 Luglio 2015 secondo dei limiti di inclusione/esclusione definiti a priori. Risultati. I dati sono stati inizialmente aggregati riportando le risposte date dagli intervistati ai singoli item riguardanti le sezioni A (“manutenzione”), B (“percezione dei sintomi”) e C (“gestione della patologia”). E’ stata inoltre calcolata la media dei punteggi delle 3 sezioni dalla quale si è ottenuto il punteggio medio finale. Questo punteggio è stato confrontato con quello considerato di cut-off ed è risultato che il 90% dei pazienti non è in grado di gestire autonomamente la propria patologia a domicilio. Discussione. A seguito del risultato negativo rilevato attraverso il SCHFI si è deciso di ipotizzare l’inserimento della figura dell’infermiere case manager all’interno del reparto di Cardiologia dell’Ospedale dell’Angelo. Questa figura, nonostante sia tuttora di difficile riconoscimento per la realtà italiana, dovrebbe ricoprire il ruolo di gestione multidimensionale del paziente affetto da scompenso cardiaco, a partire dal ricovero e proseguendo nella dimissione e nel post-dimissione. Conclusioni. Il questionario è risultato utile per indagare un ambito poco considerato ma di fondamentale importanza per una patologia cronica come lo scompenso cardiaco. I risultati però non possono essere considerati statisticamente significativi e sarebbe necessaria una somministrazione su vasta scala. L’attivazione della figura dell’ICM dovrebbe essere presa in seria considerazione in quanto da essa deriverebbero dei benefici sia per la qualità dell’assistenza che per l’organizzazione e l’allocazione delle risorse.
2015-11-03
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/20743