Un elemento fondamentale per comprendere la formazione e l’evoluzione delle galassie, che costituiscono la componente più importante dell’Universo, viene dallo studio della storia della formazione cosmica delle stelle. Il punto di partenza è lo studio delle proprietà fisiche basilari delle popolazioni stellari e delle polveri del mezzo interstellare, da cui si ricava che gli indicatori della formazione stellare sono le emissioni nelle regioni spettrali dell’ultravioletto (UV), dell’infrarosso (IR) e del radio. Un lavoro che si è occupato in modo sistematico di stimare il tasso della formazione stellare (SFR) in funzione del redshift è quello di Madau e Dickinson (2014), che, a partire dal tracciante UV e parzialmente da quello IR, trova che la SFR è piccata approssimativamente a 3.5 Gyr dopo il Big Bang, corrispondente a z # 1:9, e declina esponenzialmente per tempi maggiori, con un calo di un fattore e a 3.9 Gyr. Molti studi si sono succeduti a questo, con l’obiettivo di aumentare la precisione di questo risultato utilizzando anche gli altri indicatori di formazione stellare, tra cui quello di Franceschini et al. (2017) e quello di Novak et al. (2017) che si sono occupati delle surveys IR e radio rispettivamente. Quello che si evince da questa tesi è che il confronto tra tutti i traccianti è indispensabile per eliminare le contaminazioni da altre sorgenti non legate alla formazione stellare, come i cirri e i nuclei galattici attivi (AGN) e per evitare il bias dovuto all’assorbimento delle polveri.
La storia cosmica della formazione stellare nelle galassie
De Michele, Rosaria
2017/2018
Abstract
Un elemento fondamentale per comprendere la formazione e l’evoluzione delle galassie, che costituiscono la componente più importante dell’Universo, viene dallo studio della storia della formazione cosmica delle stelle. Il punto di partenza è lo studio delle proprietà fisiche basilari delle popolazioni stellari e delle polveri del mezzo interstellare, da cui si ricava che gli indicatori della formazione stellare sono le emissioni nelle regioni spettrali dell’ultravioletto (UV), dell’infrarosso (IR) e del radio. Un lavoro che si è occupato in modo sistematico di stimare il tasso della formazione stellare (SFR) in funzione del redshift è quello di Madau e Dickinson (2014), che, a partire dal tracciante UV e parzialmente da quello IR, trova che la SFR è piccata approssimativamente a 3.5 Gyr dopo il Big Bang, corrispondente a z # 1:9, e declina esponenzialmente per tempi maggiori, con un calo di un fattore e a 3.9 Gyr. Molti studi si sono succeduti a questo, con l’obiettivo di aumentare la precisione di questo risultato utilizzando anche gli altri indicatori di formazione stellare, tra cui quello di Franceschini et al. (2017) e quello di Novak et al. (2017) che si sono occupati delle surveys IR e radio rispettivamente. Quello che si evince da questa tesi è che il confronto tra tutti i traccianti è indispensabile per eliminare le contaminazioni da altre sorgenti non legate alla formazione stellare, come i cirri e i nuclei galattici attivi (AGN) e per evitare il bias dovuto all’assorbimento delle polveri.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/28237