La presente ricerca prende in esame la legislazione nazionale vigente in materia di non discriminazione e tutela delle persone disabili nell’ambito lavorativo, con specifico riferimento all’attuazione del principio dell’accomodamento ragionevole, sancito all’art. 5 della Direttiva europea 2000/78 e dall’art. 2 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, recepite in Italia rispettivamente nel 2013 con la legge n. 99 (integrativa del d.lgs. 216/2003), e nel 2009 con la legge n. 18. In particolare, l'obiettivo dell'elaborato è quello di individuare l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto, le sue molteplici modalità di attuazione e i suoi limiti. Per quanto riguarda il primo aspetto, si osserverà come la mutata sensibilità sociale e culturale nei confronti delle persone disabili abbia indotto la comunità internazionale a estendere la nozione di disabilità, comprendendovi qualsiasi «limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori». Tuttavia, questo nuovo paradigma fatica ad insediarsi nel nostro ordinamento, che risulta ancora troppo legato ad una valutazione assistenziale e medica del fenomeno. In secondo luogo, si approfondirà il ventaglio delle soluzioni ragionevoli applicabili, che possono consistere in interventi sia strutturali sia organizzativi, fra i quali si annovera anche, a certe condizioni, l’assegnazione allo smart working. Da tali considerazioni emerge il lungo raggio d’azione dell’istituto, che può arrivare a comprimere notevolmente la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (art. 41 Cost.), e rischia altresì di determinare significativi cambiamenti delle condizioni lavorative degli altri lavoratori. Peraltro, per espressa disposizione legislativa, l’accomodamento non deve costituire per il datore di lavoro un onere sproporzionato, tenendo conto del costo degli interventi, delle dimensioni e delle risorse dell’azienda. Inoltre, come ha ribadito la Cass. 6497/2021, la ragionevolezza degli accomodamenti implica che non possa essere imposto al datore di lavoro di rivoluzionare l’organizzazione dell’impresa né che possano essere totalmente sacrificati gli interessi degli altri dipendenti. A completamento del presente studio, verranno analizzati gli effetti dell’introduzione della normativa antidiscriminatoria sulla legislazione interna in tema di licenziamento del lavoratore per sopravvenuta inidoneità alle mansioni (legge n. 68/99) e verrà affrontata la questione relativa all’autonomia del licenziamento discriminatorio rispetto a quello per giustificato motivo oggettivo connesso alla impossibilità sopravvenuta del lavoratore alla prestazione. Ciò che si ricava dalle pronunce della giurisprudenza sull’argomento è che il licenziamento di un lavoratore disabile non si traduce automaticamente in un licenziamento discriminatorio, ma comporta un appesantimento dell’onere probatorio in capo al datore di lavoro. La ricerca sarà condotta tenendo in particolare considerazione le più recenti ricostruzioni giurisprudenziali, soprattutto con riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 6497/2021, in quanto, nonostante le ultime modifiche legislative, fra le quali spicca la legge delega n. 227/2021, la disciplina presenta ancora dei confini giuridici alquanto incerti.

L'accomodamento ragionevole come prospettiva di tutela delle persone disabili sul luogo di lavoro

SALMERI, SARA
2021/2022

Abstract

La presente ricerca prende in esame la legislazione nazionale vigente in materia di non discriminazione e tutela delle persone disabili nell’ambito lavorativo, con specifico riferimento all’attuazione del principio dell’accomodamento ragionevole, sancito all’art. 5 della Direttiva europea 2000/78 e dall’art. 2 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, recepite in Italia rispettivamente nel 2013 con la legge n. 99 (integrativa del d.lgs. 216/2003), e nel 2009 con la legge n. 18. In particolare, l'obiettivo dell'elaborato è quello di individuare l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto, le sue molteplici modalità di attuazione e i suoi limiti. Per quanto riguarda il primo aspetto, si osserverà come la mutata sensibilità sociale e culturale nei confronti delle persone disabili abbia indotto la comunità internazionale a estendere la nozione di disabilità, comprendendovi qualsiasi «limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori». Tuttavia, questo nuovo paradigma fatica ad insediarsi nel nostro ordinamento, che risulta ancora troppo legato ad una valutazione assistenziale e medica del fenomeno. In secondo luogo, si approfondirà il ventaglio delle soluzioni ragionevoli applicabili, che possono consistere in interventi sia strutturali sia organizzativi, fra i quali si annovera anche, a certe condizioni, l’assegnazione allo smart working. Da tali considerazioni emerge il lungo raggio d’azione dell’istituto, che può arrivare a comprimere notevolmente la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (art. 41 Cost.), e rischia altresì di determinare significativi cambiamenti delle condizioni lavorative degli altri lavoratori. Peraltro, per espressa disposizione legislativa, l’accomodamento non deve costituire per il datore di lavoro un onere sproporzionato, tenendo conto del costo degli interventi, delle dimensioni e delle risorse dell’azienda. Inoltre, come ha ribadito la Cass. 6497/2021, la ragionevolezza degli accomodamenti implica che non possa essere imposto al datore di lavoro di rivoluzionare l’organizzazione dell’impresa né che possano essere totalmente sacrificati gli interessi degli altri dipendenti. A completamento del presente studio, verranno analizzati gli effetti dell’introduzione della normativa antidiscriminatoria sulla legislazione interna in tema di licenziamento del lavoratore per sopravvenuta inidoneità alle mansioni (legge n. 68/99) e verrà affrontata la questione relativa all’autonomia del licenziamento discriminatorio rispetto a quello per giustificato motivo oggettivo connesso alla impossibilità sopravvenuta del lavoratore alla prestazione. Ciò che si ricava dalle pronunce della giurisprudenza sull’argomento è che il licenziamento di un lavoratore disabile non si traduce automaticamente in un licenziamento discriminatorio, ma comporta un appesantimento dell’onere probatorio in capo al datore di lavoro. La ricerca sarà condotta tenendo in particolare considerazione le più recenti ricostruzioni giurisprudenziali, soprattutto con riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 6497/2021, in quanto, nonostante le ultime modifiche legislative, fra le quali spicca la legge delega n. 227/2021, la disciplina presenta ancora dei confini giuridici alquanto incerti.
2021
The reasonable accommodation as a way to protect disabled people in the workplace
Accomodamento
Ragionevolezza
Disabilità
Licenziamento
Discriminazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/29113