Il presente lavoro si prefigge di analizzare, non solo da un punto di vista meramente normativo ma anche dottrinale e giurisprudenziale, un argomento di grande attualità ed interesse, ovverosia il regime della dirigenza. Procedendo con ordine, nella prima parte della trattazione si esordirà sottolineando come i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione rinvengano il loro principale riferimento normativo nel dettato della previsione giuridica di cui all’art. 97 Cost. L’attenzione sarà poi rivolta alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 che ha rappresentato la prima codificazione dei principi generali del diritto amministrativo ed è stata spesso novellata nel corso degli anni. In merito, si evidenzierà come fra gli interventi riformatori maggiormente rilevanti vi siano la Legge 11 febbraio 2005, n. 15 e la Legge 7 agosto 2015, n. 124, più nota sotto la denominazione di Legge Madia. Nella seconda parte della ricerca saranno approfonditi: a) il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; b) il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80; c) il D.Lgs. 29 novembre 1998, n. 387; d) il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Nel dettaglio, si porrà in evidenza che per effetto del decreto per ultimo indicato, il legislatore nazionale ha proceduto a trasporre in un testo unico le principali disposizioni giuridiche che regolamentano i rapporti di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione. L’ultima parte dell’elaborato sarà dedicata alla responsabilità dirigenziale successivamente all’emanazione del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, distinguendo le fattispecie di responsabilità dirigenziale dai casi di responsabilità disciplinare, fino ad arrivare alla riforma Madia. Alla luce delle ampie considerazioni che precedono, può concludersi che la responsabilità dirigenziale sia da sempre oggetto di un notevole interesse del legislatore italiano. La responsabilità dirigenziale trova la sua ragione giustificatrice nell’importane esigenza di ottimizzare l’efficienza e l’organizzazione della Pubblica amministrazione. In questo ambito, in virtù di quanto sancito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, è possibile per il dirigente essere imputato di responsabilità dirigenziale per tutte le attività di gestione e di organizzazione dell’ufficio cui è designato. In merito, deve porsi in risalto che la responsabilità di cui si dibatte è stata disciplinata dapprincipio con l’art. 19 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 per rinvenire in seguito un riconoscimento nel D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed in ultimo nell’art. 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Malgrado ciò il legislatore nazionale ha percepito l’esigenza di attuare dei correttivi nella materia in analisi con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. In particolare, successivamente alla Riforma Brunetta, la nuova versione della previsione giuridica di cui all’art. 21, comma 1-bis, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ha prescritto la possibilità di riconoscere la responsabilità dirigenziale, allorché il dirigente avesse colpevolmente realizzato “la violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione”. Oltre al cambiamento che ha interessato la norma indicata, si sono avute poi una serie di disposizioni giuridiche riguardanti innovative ipotesi di imputabilità della responsabilità dirigenziale in capo al dirigente pubblico, l’ultima delle quali in ordine di tempo è rappresentata dalla Legge 7 agosto 2015, n. 124, d’altra parte oggetto di un ricorso di incostituzionalità promosso dalla Regione Veneto, per effetto del quale è stato pronunciata da parte del Giudice delle leggi il 25 novembre 2016, n. 251 una sentenza di incostituzionalità, tra l’altro, del dettato di cui all’art. 11 della Legge Madia.
I principi di imparzialità e buon andamento nella P.A.: il regime della dirigenza
GALLETTA, ELISA
2021/2022
Abstract
Il presente lavoro si prefigge di analizzare, non solo da un punto di vista meramente normativo ma anche dottrinale e giurisprudenziale, un argomento di grande attualità ed interesse, ovverosia il regime della dirigenza. Procedendo con ordine, nella prima parte della trattazione si esordirà sottolineando come i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione rinvengano il loro principale riferimento normativo nel dettato della previsione giuridica di cui all’art. 97 Cost. L’attenzione sarà poi rivolta alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 che ha rappresentato la prima codificazione dei principi generali del diritto amministrativo ed è stata spesso novellata nel corso degli anni. In merito, si evidenzierà come fra gli interventi riformatori maggiormente rilevanti vi siano la Legge 11 febbraio 2005, n. 15 e la Legge 7 agosto 2015, n. 124, più nota sotto la denominazione di Legge Madia. Nella seconda parte della ricerca saranno approfonditi: a) il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; b) il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80; c) il D.Lgs. 29 novembre 1998, n. 387; d) il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Nel dettaglio, si porrà in evidenza che per effetto del decreto per ultimo indicato, il legislatore nazionale ha proceduto a trasporre in un testo unico le principali disposizioni giuridiche che regolamentano i rapporti di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione. L’ultima parte dell’elaborato sarà dedicata alla responsabilità dirigenziale successivamente all’emanazione del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, distinguendo le fattispecie di responsabilità dirigenziale dai casi di responsabilità disciplinare, fino ad arrivare alla riforma Madia. Alla luce delle ampie considerazioni che precedono, può concludersi che la responsabilità dirigenziale sia da sempre oggetto di un notevole interesse del legislatore italiano. La responsabilità dirigenziale trova la sua ragione giustificatrice nell’importane esigenza di ottimizzare l’efficienza e l’organizzazione della Pubblica amministrazione. In questo ambito, in virtù di quanto sancito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, è possibile per il dirigente essere imputato di responsabilità dirigenziale per tutte le attività di gestione e di organizzazione dell’ufficio cui è designato. In merito, deve porsi in risalto che la responsabilità di cui si dibatte è stata disciplinata dapprincipio con l’art. 19 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 per rinvenire in seguito un riconoscimento nel D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed in ultimo nell’art. 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Malgrado ciò il legislatore nazionale ha percepito l’esigenza di attuare dei correttivi nella materia in analisi con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. In particolare, successivamente alla Riforma Brunetta, la nuova versione della previsione giuridica di cui all’art. 21, comma 1-bis, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ha prescritto la possibilità di riconoscere la responsabilità dirigenziale, allorché il dirigente avesse colpevolmente realizzato “la violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione”. Oltre al cambiamento che ha interessato la norma indicata, si sono avute poi una serie di disposizioni giuridiche riguardanti innovative ipotesi di imputabilità della responsabilità dirigenziale in capo al dirigente pubblico, l’ultima delle quali in ordine di tempo è rappresentata dalla Legge 7 agosto 2015, n. 124, d’altra parte oggetto di un ricorso di incostituzionalità promosso dalla Regione Veneto, per effetto del quale è stato pronunciata da parte del Giudice delle leggi il 25 novembre 2016, n. 251 una sentenza di incostituzionalità, tra l’altro, del dettato di cui all’art. 11 della Legge Madia.File | Dimensione | Formato | |
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