Hikikomori is a phenomenon that finds its origins in Japan and then spread to other countries of the world. Thanks to the material in the literature, I treated the characteristics that distinguish it, paying particular attention to what differentiates it from other psychopathologies. The two main figures I was inspired by are Dr Tamaki Saitō, who was the first to treat this discomfort in the Rising Sun, and Dr Marco Crepaldi, who identified and studied the phenomenon in our territory founding, in 2013, "Hikikomori Italia". I tried to outline the symptoms, the causes, the numbers and the potential solutions to this problem. I also mentioned my personal thoughts, being the mother of a teenager; I underlined the different attitude towards Hikikomori between parents and people who didn't have any children. My hope is that more and more new graduates decide to approach these individuals who are too weak to cope with the society.

Il fenomeno dell’Hikikomori (isolamento sociale volontario) trova le proprie origini in Giappone per poi diffondersi in altri paesi del mondo. Grazie al materiale presente in letteratura, ho trattato le caratteristiche che lo contraddistinguono, prestando particolare attenzione a ciò che lo diversifica da altre psicopatologie. Le due figure principali a cui mi sono ispirata sono il dottor Tamaki Saitō, che per primo ha trattato questo disagio nel Sol Levante, e il dottor Marco Crepaldi, il quale ha identificato e studiato il fenomeno nel nostro territorio fondando, nel 2013, “Hikikomori Italia”. Mi sono dedicata a definire i sintomi di questa forma di autoreclusione e i numeri che la caratterizzano, specie in Giappone e in Italia, prestando particolare attenzione alle distinzioni attuate dal dottor Crepaldi che classifica l’evoluzione dell’Hikikomori in tre fasi a seconda dell’intensità del disagio e dei cambiamenti a cui il soggetto va incontro, e in quattro tipologie, correlate alle motivazioni che spingono alla scelta dell’isolamento. Tra le cause che principalmente inducono all’uscita dalla società, vi sono la pressione di realizzazione sociale con un’estrema paura del giudizio altrui, un rapporto disfunzionale tra i genitori e i propri figli e il confronto con i pari (si considerino gli episodi di bullismo in ambito scolastico, ad esempio). Si è ancora lontani dal poter parlare di prevenzione in quanto si è maggiormente impegnati alla risoluzione dei numerosissimi casi già esistenti. I canali di comunicazione veicolati soprattutto grazie al web, permettono, comunque, la diffusione di materiale, interviste, filmati e tanto altro, con l’obiettivo di permettere una sempre maggior dimestichezza nei confronti di un argomento così poco noto. Tra le possibili soluzioni vengono proposte l’open dialogue e l’intervento psicoeducativo domiciliare, suggerito dal dottor Crepaldi. Si tratta di interventi che prevedono la messa in campo delle energie di professionisti proprio in ambito familiare, considerando l’isolamento non tanto come un fenomeno del singolo, quanto una problematica che riguarda tutte le sfere esistenziali dell’individuo. Ci sono alcuni atteggiamenti e comportamenti altamente consigliati nel tentativo di aiutare gli Hikikomori; altri, invece, sono assolutamente banditi. Fondamentale è che non venga attuata alcuna forma di coercizione, che il soggetto venga reso consapevole e partecipe del percorso intrapreso per la sua guarigione, che lo si inviti con pazienza a svolgere alcune brevi attività che lo avevano entusiasmato prima di “ammalarsi”. Alla base del sostegno che si può elargire a questi individui disagiati, deve esserci una grande capacità da parte del professionista di empatizzare, di permettere all’Hikikomori di sentirsi compreso, non sminuito e di non essere trattato come una persona malata. Le testimonianze alle quali si può accedere sono numerosissime: vi sono interviste, libri, video, addirittura anche qualche film dedicato. In rete ho veramente trovato tantissimo materiale, anche se ho preferito approfondire il fenomeno come è stato trattato dal dottor Crepaldi nel suo libro “Hikikomori. I giovani che non escono di casa”. Per concludere ho accennato al mio pensiero in veste di mamma di un adolescente, al diverso atteggiamento nei confronti dell’Hikikomori tra genitori e individui che non hanno avuto figli e alla mia speranza che sempre più neolaureati decidano di avvicinarsi a quei ragazzi che, troppo fragili, rinunciano a quella che dovrebbe essere una vita ricca di spensieratezza.

La danza della solitudine nel Sol Levante: gli Hikikomori

DE CASSAN, ELENA
2021/2022

Abstract

Hikikomori is a phenomenon that finds its origins in Japan and then spread to other countries of the world. Thanks to the material in the literature, I treated the characteristics that distinguish it, paying particular attention to what differentiates it from other psychopathologies. The two main figures I was inspired by are Dr Tamaki Saitō, who was the first to treat this discomfort in the Rising Sun, and Dr Marco Crepaldi, who identified and studied the phenomenon in our territory founding, in 2013, "Hikikomori Italia". I tried to outline the symptoms, the causes, the numbers and the potential solutions to this problem. I also mentioned my personal thoughts, being the mother of a teenager; I underlined the different attitude towards Hikikomori between parents and people who didn't have any children. My hope is that more and more new graduates decide to approach these individuals who are too weak to cope with the society.
2021
A solo dance in the Rising Sun: Hikikomori
Il fenomeno dell’Hikikomori (isolamento sociale volontario) trova le proprie origini in Giappone per poi diffondersi in altri paesi del mondo. Grazie al materiale presente in letteratura, ho trattato le caratteristiche che lo contraddistinguono, prestando particolare attenzione a ciò che lo diversifica da altre psicopatologie. Le due figure principali a cui mi sono ispirata sono il dottor Tamaki Saitō, che per primo ha trattato questo disagio nel Sol Levante, e il dottor Marco Crepaldi, il quale ha identificato e studiato il fenomeno nel nostro territorio fondando, nel 2013, “Hikikomori Italia”. Mi sono dedicata a definire i sintomi di questa forma di autoreclusione e i numeri che la caratterizzano, specie in Giappone e in Italia, prestando particolare attenzione alle distinzioni attuate dal dottor Crepaldi che classifica l’evoluzione dell’Hikikomori in tre fasi a seconda dell’intensità del disagio e dei cambiamenti a cui il soggetto va incontro, e in quattro tipologie, correlate alle motivazioni che spingono alla scelta dell’isolamento. Tra le cause che principalmente inducono all’uscita dalla società, vi sono la pressione di realizzazione sociale con un’estrema paura del giudizio altrui, un rapporto disfunzionale tra i genitori e i propri figli e il confronto con i pari (si considerino gli episodi di bullismo in ambito scolastico, ad esempio). Si è ancora lontani dal poter parlare di prevenzione in quanto si è maggiormente impegnati alla risoluzione dei numerosissimi casi già esistenti. I canali di comunicazione veicolati soprattutto grazie al web, permettono, comunque, la diffusione di materiale, interviste, filmati e tanto altro, con l’obiettivo di permettere una sempre maggior dimestichezza nei confronti di un argomento così poco noto. Tra le possibili soluzioni vengono proposte l’open dialogue e l’intervento psicoeducativo domiciliare, suggerito dal dottor Crepaldi. Si tratta di interventi che prevedono la messa in campo delle energie di professionisti proprio in ambito familiare, considerando l’isolamento non tanto come un fenomeno del singolo, quanto una problematica che riguarda tutte le sfere esistenziali dell’individuo. Ci sono alcuni atteggiamenti e comportamenti altamente consigliati nel tentativo di aiutare gli Hikikomori; altri, invece, sono assolutamente banditi. Fondamentale è che non venga attuata alcuna forma di coercizione, che il soggetto venga reso consapevole e partecipe del percorso intrapreso per la sua guarigione, che lo si inviti con pazienza a svolgere alcune brevi attività che lo avevano entusiasmato prima di “ammalarsi”. Alla base del sostegno che si può elargire a questi individui disagiati, deve esserci una grande capacità da parte del professionista di empatizzare, di permettere all’Hikikomori di sentirsi compreso, non sminuito e di non essere trattato come una persona malata. Le testimonianze alle quali si può accedere sono numerosissime: vi sono interviste, libri, video, addirittura anche qualche film dedicato. In rete ho veramente trovato tantissimo materiale, anche se ho preferito approfondire il fenomeno come è stato trattato dal dottor Crepaldi nel suo libro “Hikikomori. I giovani che non escono di casa”. Per concludere ho accennato al mio pensiero in veste di mamma di un adolescente, al diverso atteggiamento nei confronti dell’Hikikomori tra genitori e individui che non hanno avuto figli e alla mia speranza che sempre più neolaureati decidano di avvicinarsi a quei ragazzi che, troppo fragili, rinunciano a quella che dovrebbe essere una vita ricca di spensieratezza.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/30225