Il presente elaborato vuole mettere in luce gli aspetti più problematici riguardanti la conversione del pignoramento, in particolare, laddove questa trovi applicazione unitamente alla disciplina sull’intervento dei creditori nel processo esecutivo. Uno dei nodi irrisolti della conversione è rappresentato dal discusso potere valutativo che il giudice esercita quando, ai sensi dell’art. 495 c.p.c., è chiamato a determinare la somma sostitutiva del bene pignorato. Il legislatore del 1940-42 ha pensato al processo esecutivo come la sede deputata al compimento di operazioni materiali strumentali alla soddisfazione del creditore, senza che esso possa conoscere parentesi cognitive. Il problema sorge nel momento in cui è la stessa norma sulla conversione a stabilire che la determinazione della somma sostitutiva spetti al g.e. previa audizione delle parti, come a dire che una qualche valutazione lo stesso giudice la compia e anzi debba compierla. Si passerà poi ad analizzare quelli che sono i rimedi oppositivi offerti dalla legge in fase di determinazione della somma, ovvero contro l’ordinanza di conversione o ancora contro il provvedimento finale che chiude la procedura esecutiva. Di quest’ultimo si suole ammetterne una certa qual stabilità da cui discende, non già un giudicato, bensì un effetto preclusivo che impedisce la riapertura di quanto oramai concluso. Tale effetto preclusivo non riguarderebbe però chi nel processo esecutivo si sia previamente difeso e abbia ottenuto ragione solo in seguito alla chiusura del processo esecutivo. La parte vittoriosa, potrà, pertanto, ancora agire in sua difesa proponendo autonome azioni, come ad esempio quella di ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c. Altra controversa questione riguarda il trattamento di quel creditore che dispiega intervento successivamente alla prima ordinanza di conversione. Sul punto, la giurisprudenza è ferma nel ritenere tale atto di intervento inammissibile, senza però considerare che una simile posizione di fatto viola il generale principio della par condicio creditorum ex. art. 2741 c.c. quale pilastro fondamentale del processo esecutivo. Forse sarebbe più congruo parlare di tendenziale eguaglianza di trattamento dei creditori del comune debitore oppure, all’opposto, si potrebbe pensare all’ammissione condizionata del creditore c.d. tardivo (rispetto alla conversione) di modo che questi possa trovare soddisfazione sull’eventuale residuo (derivante dall'accoglimento della contestazione sull'an e quantum della pretesa di credito di altro creditore e non già dalla modificazione dell'ordinanza che determina la somma sostitutiva) dopo l’integrale soddisfazione del procedente, dei creditori (chirografari) tempestivi e dei privilegiati. Se così non fosse, l'eventuale somma residua tornerebbe nella piena disponibilità del debitore esecutato, ma l'illogicità di una simile previsione è piuttosto palese nel caso in cui venga constata la presenza di ulteriori creditore che hanno, sui beni del debitore, diritto di essere soddisfatti. Proprio l'ammissione condizionata dei creditori tardivi (sempre rispetto alla conversione) sarebbe in grado di risolvere, ex ante, questa possibile problematica e di evitare un possibile pregiudizio che questi patirebbero dalla postergazione della soddisfazione del loro diritto di credito.

Conversione del pignoramento e par condicio creditorum

SARTORI, ANGELICA
2021/2022

Abstract

Il presente elaborato vuole mettere in luce gli aspetti più problematici riguardanti la conversione del pignoramento, in particolare, laddove questa trovi applicazione unitamente alla disciplina sull’intervento dei creditori nel processo esecutivo. Uno dei nodi irrisolti della conversione è rappresentato dal discusso potere valutativo che il giudice esercita quando, ai sensi dell’art. 495 c.p.c., è chiamato a determinare la somma sostitutiva del bene pignorato. Il legislatore del 1940-42 ha pensato al processo esecutivo come la sede deputata al compimento di operazioni materiali strumentali alla soddisfazione del creditore, senza che esso possa conoscere parentesi cognitive. Il problema sorge nel momento in cui è la stessa norma sulla conversione a stabilire che la determinazione della somma sostitutiva spetti al g.e. previa audizione delle parti, come a dire che una qualche valutazione lo stesso giudice la compia e anzi debba compierla. Si passerà poi ad analizzare quelli che sono i rimedi oppositivi offerti dalla legge in fase di determinazione della somma, ovvero contro l’ordinanza di conversione o ancora contro il provvedimento finale che chiude la procedura esecutiva. Di quest’ultimo si suole ammetterne una certa qual stabilità da cui discende, non già un giudicato, bensì un effetto preclusivo che impedisce la riapertura di quanto oramai concluso. Tale effetto preclusivo non riguarderebbe però chi nel processo esecutivo si sia previamente difeso e abbia ottenuto ragione solo in seguito alla chiusura del processo esecutivo. La parte vittoriosa, potrà, pertanto, ancora agire in sua difesa proponendo autonome azioni, come ad esempio quella di ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c. Altra controversa questione riguarda il trattamento di quel creditore che dispiega intervento successivamente alla prima ordinanza di conversione. Sul punto, la giurisprudenza è ferma nel ritenere tale atto di intervento inammissibile, senza però considerare che una simile posizione di fatto viola il generale principio della par condicio creditorum ex. art. 2741 c.c. quale pilastro fondamentale del processo esecutivo. Forse sarebbe più congruo parlare di tendenziale eguaglianza di trattamento dei creditori del comune debitore oppure, all’opposto, si potrebbe pensare all’ammissione condizionata del creditore c.d. tardivo (rispetto alla conversione) di modo che questi possa trovare soddisfazione sull’eventuale residuo (derivante dall'accoglimento della contestazione sull'an e quantum della pretesa di credito di altro creditore e non già dalla modificazione dell'ordinanza che determina la somma sostitutiva) dopo l’integrale soddisfazione del procedente, dei creditori (chirografari) tempestivi e dei privilegiati. Se così non fosse, l'eventuale somma residua tornerebbe nella piena disponibilità del debitore esecutato, ma l'illogicità di una simile previsione è piuttosto palese nel caso in cui venga constata la presenza di ulteriori creditore che hanno, sui beni del debitore, diritto di essere soddisfatti. Proprio l'ammissione condizionata dei creditori tardivi (sempre rispetto alla conversione) sarebbe in grado di risolvere, ex ante, questa possibile problematica e di evitare un possibile pregiudizio che questi patirebbero dalla postergazione della soddisfazione del loro diritto di credito.
2021
Conversion of the attachment and joinder of creditors
Esecuzione forzata
Conversione
Par condicio cred.
Pignoramento
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Sartori Angelica.pdf

accesso riservato

Dimensione 1.55 MB
Formato Adobe PDF
1.55 MB Adobe PDF

The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/30580