La tesi si prefigge l’obiettivo di analizzare i diversi profili problematici concernenti il reato continuato. Pur essendo stati dedicati, in passato, da autorevoli esponenti della dottrina interi volumi all’istituto in esame, mancano oggi monografie aggiornate sull’argomento; il seguente elaborato, pertanto, presenta numerosi riferimenti sia ad articoli pubblicati su riviste specialistiche sia a pronunce della giurisprudenza di legittimità, precipuamente recenti, onde fornire un quadro il più possibile aggiornato sulla materia. Innanzitutto, nel primo capitolo vengono definiti i contorni del reato continuato ed identificati i requisiti strutturali dello stesso. Brevemente, il reato continuato è una particolare figura di concorso materiale di reati, regolata in modo autonomo in ragione del fatto che la pluralità di violazioni commesse dalla stessa persona risulta essere espressione del medesimo disegno criminoso ex art. 81 c.p. Questo elemento soggettivo rivela una minore riprovevolezza complessiva dei fatti commessi dall’agente, i quali, in forza di una fictio iuris, vengono considerati dal legislatore come un unico reato, portando così alla deroga del regime del cumulo materiale delle pene in favore del cumulo giuridico. Nel secondo capitolo ci si addentra, poi, nel cuore della tesi e si analizza, in maniera approfondita, l’art. 671 del codice di procedura penale. La possibilità di applicare finanche in executivis la disciplina del reato continuato costituisce una delle novità più rilevanti introdotte dal codice Vassalli nel 1988. Il legislatore, con la citata norma, ha voluto inserire nell’ordinamento una valvola di sicurezza, volta a porre rimedio, seppur in via residuale e sussidiaria, alla mancata applicazione della continuazione in sede di cognizione dovuta a fattori contingenti, quali, ad esempio, la non celebrazione di un processo unitario per assenza di coordinamento tra gli uffici giudiziari ovvero per essere stati accertati in tempi diversi i fatti di reato. Pertanto, oggi, il giudice dell’esecuzione è ammesso a rivalutare, post iudicatum, non solo l’elemento soggettivo unificante i diversi episodi criminosi perpetrati dal reo, ma, a cascata, anche il trattamento sanzionatorio relativo agli stessi. Alla luce di queste considerazioni, ben si comprende, dunque, come la norma de qua si collochi in una zona di confine tra la fase di cognizione e quella dell’esecuzione penale. Tanto premesso, nel capitolo terzo vengono affrontate ulteriori questioni problematiche afferenti all’istituto de quo, alcune proprie della sola fase di esecuzione, altre concernenti sia la fase di esecuzione che quella di cognizione; ragione per cui, nel titolo della tesi, è stato inserito l’inciso «interrelazione con la fase di cognizione». Infine, il quarto e ultimo capitolo è interamente dedicato alla complessa e controversa questione della rideterminazione della pena. Qui viene analizzata la vexata quaestio dell’individuazione della violazione più grave, rilevando, peraltro, come il problema si ponga in termini differenti rispettivamente nella fase di cognizione ed in quella di esecuzione; si indaga il problema dell’aumento della pena base determinato dai reati satellite ed i limiti posti dal legislatore a tale aumento; da ultimo, si sviscera il problema dell’applicazione della continuazione ai reati puniti con pene eterogenee.
Il reato continuato nella fase dell'esecuzione penale: problemi applicativi ed interrelazione con la fase di cognizione
RIZZO, SARA
2021/2022
Abstract
La tesi si prefigge l’obiettivo di analizzare i diversi profili problematici concernenti il reato continuato. Pur essendo stati dedicati, in passato, da autorevoli esponenti della dottrina interi volumi all’istituto in esame, mancano oggi monografie aggiornate sull’argomento; il seguente elaborato, pertanto, presenta numerosi riferimenti sia ad articoli pubblicati su riviste specialistiche sia a pronunce della giurisprudenza di legittimità, precipuamente recenti, onde fornire un quadro il più possibile aggiornato sulla materia. Innanzitutto, nel primo capitolo vengono definiti i contorni del reato continuato ed identificati i requisiti strutturali dello stesso. Brevemente, il reato continuato è una particolare figura di concorso materiale di reati, regolata in modo autonomo in ragione del fatto che la pluralità di violazioni commesse dalla stessa persona risulta essere espressione del medesimo disegno criminoso ex art. 81 c.p. Questo elemento soggettivo rivela una minore riprovevolezza complessiva dei fatti commessi dall’agente, i quali, in forza di una fictio iuris, vengono considerati dal legislatore come un unico reato, portando così alla deroga del regime del cumulo materiale delle pene in favore del cumulo giuridico. Nel secondo capitolo ci si addentra, poi, nel cuore della tesi e si analizza, in maniera approfondita, l’art. 671 del codice di procedura penale. La possibilità di applicare finanche in executivis la disciplina del reato continuato costituisce una delle novità più rilevanti introdotte dal codice Vassalli nel 1988. Il legislatore, con la citata norma, ha voluto inserire nell’ordinamento una valvola di sicurezza, volta a porre rimedio, seppur in via residuale e sussidiaria, alla mancata applicazione della continuazione in sede di cognizione dovuta a fattori contingenti, quali, ad esempio, la non celebrazione di un processo unitario per assenza di coordinamento tra gli uffici giudiziari ovvero per essere stati accertati in tempi diversi i fatti di reato. Pertanto, oggi, il giudice dell’esecuzione è ammesso a rivalutare, post iudicatum, non solo l’elemento soggettivo unificante i diversi episodi criminosi perpetrati dal reo, ma, a cascata, anche il trattamento sanzionatorio relativo agli stessi. Alla luce di queste considerazioni, ben si comprende, dunque, come la norma de qua si collochi in una zona di confine tra la fase di cognizione e quella dell’esecuzione penale. Tanto premesso, nel capitolo terzo vengono affrontate ulteriori questioni problematiche afferenti all’istituto de quo, alcune proprie della sola fase di esecuzione, altre concernenti sia la fase di esecuzione che quella di cognizione; ragione per cui, nel titolo della tesi, è stato inserito l’inciso «interrelazione con la fase di cognizione». Infine, il quarto e ultimo capitolo è interamente dedicato alla complessa e controversa questione della rideterminazione della pena. Qui viene analizzata la vexata quaestio dell’individuazione della violazione più grave, rilevando, peraltro, come il problema si ponga in termini differenti rispettivamente nella fase di cognizione ed in quella di esecuzione; si indaga il problema dell’aumento della pena base determinato dai reati satellite ed i limiti posti dal legislatore a tale aumento; da ultimo, si sviscera il problema dell’applicazione della continuazione ai reati puniti con pene eterogenee.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/31595