L’Italia è un paese con una delle più ricche biodiversità al mondo. Lungo l’estensione da nord a sud della penisola è possibile riscontrare diversi ecosistemi e climi: montagne, colline, pianure, litorali, vulcani ancora attivi o spenti, foreste, fiumi, laghi che danno alla luce una differenziazione vasta di flora e fauna. Grazie proprio a questa varietà di territori, l’Italia vanta una delle più importanti e rinomate enogastronomie a livello mondiale, grazie al suo ampio ventaglio di tradizioni culinarie che si diversificano di regione in regione. L’agricoltura è una parte importante, dove quella del vino spicca per eccellenze che tutto il mondo ci invidia. La viticoltura e l’enologia italiana ha radici antichissime, qui si trovano il numero più grande di vitigni autoctoni al mondo, infatti ne sono registrate 545 varietà da vino e 182 da tavola. Con la globalizzazione si sono visti abbandonare soprattutto i vitigni autoctoni preferendo quelli definiti “internazionali”, nella speranza di replicare o avvicinarsi alle caratteristiche dei vini più venduti nel mercato. Altro avvenimento che ha cambiato lo stile di vita dell’uomo è stata l’industrializzazione e la crescita di grandi città, che hanno portato all’abbandono dei campi e quindi in parte anche della viticoltura. Negli ultimi anni però, in vista dei cambiamenti climatici e grazie alla sensibilizzazione sulle tematiche ambientali e dello sfruttamento del suolo, si sta procedendo verso un cambio di filosofia nel mondo della viticoltura, con il riavvicinarsi alla natura, attraverso la conversione al regime biologico e quindi l’abbandono dei prodotti chimici e dei fertilizzanti, nel tentativo di riportare l’ecosistema ad un equilibrio sostenibile. Vignaioli e imprenditori si stanno occupando del recupero di vitigni autoctoni a rischio di estinzione. Quando si parla di vitigni autoctoni, ci si riferisce alle piante nate in una determinata zona e non trapiantate, che sono in perfetta armonia con il territorio, inteso come suolo e clima, e che crescono nel miglior modo dando vini unici e riconoscibili per determinate caratteristiche di quella zona geografica, anche nelle condizioni più estreme, dove altre piante non riuscirebbero a produrre uva adatta ad essere trasformata in vino, o addirittura morire. Venezia ha una storia millenaria di tradizione soprattutto commerciale, ma numerose ricerche dimostrano che negli orti e giardini di tutta la laguna erano presenti vigneti coltivati per dare uva da tavola e uva da vino, sia per consumo familiare che per uso commerciale. Più recentemente il Consorzio Vini Venezia ha condotto ispezioni nelle isole lagunari per il ritrovamento e l'analisi molecolare di tutte le viti presenti. In questa tesi si studia soprattutto l’uva autoctona Dorona, la quale è stata salvata da associazioni locali e aziende private, fino ad arrivare ad essere messo in vendita il vino proveniente da queste uve. In Italia negli ultimi anni si produce meno quantità di vino, ma si punta ad avere sempre più alla qualità, a prodotti di alto livello, di migliorare la qualità-prezzo, che è quello che ricerca il consumatore medio. L’analisi sensoriale è divenuta il principale strumento per la valutazione della qualità del vino, dove il giudizio viene dato da più persone addestrate e competenti, che vengono selezionate accuratamente a tal fine. I risultati di queste analisi rendono consapevoli sia i consumatori sulle caratteristiche del vino che andranno ad acquistare, sia i produttori, per poi poter attuare eventuali miglioramenti del loro prodotto. Grazie alla disponibilità della Tenuta Venissa nell’isola di Mazzorbo, sono stati analizzati i vini da loro prodotti con 100% di uva Dorona, per studiare al meglio la qualità di questa varietà rara e la sua potenzialità.

Il vino a Venezia: la Dorona e l'analisi sensoriale dei vini prodotti nell'isola di Mazzorbo

STEFANI, YURI
2021/2022

Abstract

L’Italia è un paese con una delle più ricche biodiversità al mondo. Lungo l’estensione da nord a sud della penisola è possibile riscontrare diversi ecosistemi e climi: montagne, colline, pianure, litorali, vulcani ancora attivi o spenti, foreste, fiumi, laghi che danno alla luce una differenziazione vasta di flora e fauna. Grazie proprio a questa varietà di territori, l’Italia vanta una delle più importanti e rinomate enogastronomie a livello mondiale, grazie al suo ampio ventaglio di tradizioni culinarie che si diversificano di regione in regione. L’agricoltura è una parte importante, dove quella del vino spicca per eccellenze che tutto il mondo ci invidia. La viticoltura e l’enologia italiana ha radici antichissime, qui si trovano il numero più grande di vitigni autoctoni al mondo, infatti ne sono registrate 545 varietà da vino e 182 da tavola. Con la globalizzazione si sono visti abbandonare soprattutto i vitigni autoctoni preferendo quelli definiti “internazionali”, nella speranza di replicare o avvicinarsi alle caratteristiche dei vini più venduti nel mercato. Altro avvenimento che ha cambiato lo stile di vita dell’uomo è stata l’industrializzazione e la crescita di grandi città, che hanno portato all’abbandono dei campi e quindi in parte anche della viticoltura. Negli ultimi anni però, in vista dei cambiamenti climatici e grazie alla sensibilizzazione sulle tematiche ambientali e dello sfruttamento del suolo, si sta procedendo verso un cambio di filosofia nel mondo della viticoltura, con il riavvicinarsi alla natura, attraverso la conversione al regime biologico e quindi l’abbandono dei prodotti chimici e dei fertilizzanti, nel tentativo di riportare l’ecosistema ad un equilibrio sostenibile. Vignaioli e imprenditori si stanno occupando del recupero di vitigni autoctoni a rischio di estinzione. Quando si parla di vitigni autoctoni, ci si riferisce alle piante nate in una determinata zona e non trapiantate, che sono in perfetta armonia con il territorio, inteso come suolo e clima, e che crescono nel miglior modo dando vini unici e riconoscibili per determinate caratteristiche di quella zona geografica, anche nelle condizioni più estreme, dove altre piante non riuscirebbero a produrre uva adatta ad essere trasformata in vino, o addirittura morire. Venezia ha una storia millenaria di tradizione soprattutto commerciale, ma numerose ricerche dimostrano che negli orti e giardini di tutta la laguna erano presenti vigneti coltivati per dare uva da tavola e uva da vino, sia per consumo familiare che per uso commerciale. Più recentemente il Consorzio Vini Venezia ha condotto ispezioni nelle isole lagunari per il ritrovamento e l'analisi molecolare di tutte le viti presenti. In questa tesi si studia soprattutto l’uva autoctona Dorona, la quale è stata salvata da associazioni locali e aziende private, fino ad arrivare ad essere messo in vendita il vino proveniente da queste uve. In Italia negli ultimi anni si produce meno quantità di vino, ma si punta ad avere sempre più alla qualità, a prodotti di alto livello, di migliorare la qualità-prezzo, che è quello che ricerca il consumatore medio. L’analisi sensoriale è divenuta il principale strumento per la valutazione della qualità del vino, dove il giudizio viene dato da più persone addestrate e competenti, che vengono selezionate accuratamente a tal fine. I risultati di queste analisi rendono consapevoli sia i consumatori sulle caratteristiche del vino che andranno ad acquistare, sia i produttori, per poi poter attuare eventuali miglioramenti del loro prodotto. Grazie alla disponibilità della Tenuta Venissa nell’isola di Mazzorbo, sono stati analizzati i vini da loro prodotti con 100% di uva Dorona, per studiare al meglio la qualità di questa varietà rara e la sua potenzialità.
2021
The wine in Venice: Dorona and sensory analysis of Mazzorbo's island wine production
Venezia
Dorona
Analisi sensoriale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/32362