Sempre più spesso l’attuale perdita di biodiversità è descritta come Sesta estinzione di massa, sebbene l’intensità di questo fenomeno non sia stata tale da portare alla scomparsa il 75% delle specie esistenti, soglia necessaria per poter così definire un fenomeno di estinzione. Se, però, oltre all’intensità dell’evento si considera l’altra caratteristica delle estinzioni di massa, ovvero la velocità, si scopre che le moderne estinzioni stanno avvenendo molto più velocemente del previsto (Barnosky et al., 2011). Ciò è stato dimostrato da Barnosky e colleghi (2011) attraverso il confronto tra il numero di specie estinte negli ultimi cinquecento anni e il tasso di estinzione di fondo dei mammiferi, che rappresenta una stima della velocità di estinzione considerata normale nel processo evolutivo. Alle stesse conclusioni sono arrivati Ceballos e colleghi (2015), utilizzando come metrica un tasso di estinzione di fondo leggermente più elevato, al fine di ottenere una stima più ottimistica. In questo lavoro si analizzano i diversi approcci utilizzati in letteratura per valutare l’effettivo inizio della Sesta estinzione. In particolare tali metodi vengono applicati per stimare, tramite l’utilizzo dei dati relativi al numero di specie estinte in epoca moderna forniti dall’International Union for Conservation of Nature (IUCN), sia il discostamento tra la velocità di estinzione dei mammiferi attuale e quella di fondo sia il numero di anni necessari affinché si estingua il 75% dei Vertebrati. Dopo avere concluso che tutti i prerequisiti per il verificarsi di una Sesta Estinzione di massa sono soddisfatti, nella seconda parte dell’elaborato viene illustrata l’evoluzione del rapporto tra uomo e natura dalla nascita dell’agricoltura ai nostri giorni, per poi evidenziare le responsabilità che il primo ha nell’avere causato l’attuale crisi di biodiversità. Vengono quindi prese in considerazione cinque minacce che, secondo l’IPBES, avrebbero il peggior impatto sulla biodiversità. La prima è il cambiamento nell’uso dei terreni, che porta alla frammentazione di habitat e all’alterazione delle dinamiche ecologiche. Un’ulteriore minaccia è lo sfruttamento eccessivo delle risorse biotiche e abiotiche, che comprende il commercio illegale di specie selvatiche, ma che interessa soprattutto le specie acquatiche con l'overfishing, che si sta rivelando dannoso non solo per la biodiversità, ma anche per l’industria ittica. Un’altra grande fonte di danno economico che mette a rischio la biodiversità è l’introduzione di specie aliene invasive che, tra il 1960 e il 2020, hanno causato solo in Europa danni dell’ordine del centinaio di miliardi di euro (Haubrock et al., 2021). Le ultime due minacce prese in considerazione sono l’inquinamento e il cambiamento climatico. Della prima viene approfondito il modo in cui gli inquinanti chimici risultano responsabili dei fenomeni dell’eutrofizzazione e delle piogge acide. Per quanto riguarda la seconda vengono approfondite le conseguenze del riscaldamento globale sulle specie il cui sesso viene determinato dalla temperatura. Viene svolto in particolare un approfondimento sulla specie Caretta caretta. Dall’analisi emerge che l’incremento delle temperature medie globali del pianeta mette a rischio la sopravvivenza di diverse popolazioni di questa specie, sia interferendo con la sex ratio della covata, causando un aumento della già fortemente predominante componente femminile, sia diminuendo il successo di schiusa delle uova e il tasso di sopravvivenza delle covate.
La Sesta Estinzione: analisi delle repliche agli scettici
BRUSCAGNIN, LUCIA
2021/2022
Abstract
Sempre più spesso l’attuale perdita di biodiversità è descritta come Sesta estinzione di massa, sebbene l’intensità di questo fenomeno non sia stata tale da portare alla scomparsa il 75% delle specie esistenti, soglia necessaria per poter così definire un fenomeno di estinzione. Se, però, oltre all’intensità dell’evento si considera l’altra caratteristica delle estinzioni di massa, ovvero la velocità, si scopre che le moderne estinzioni stanno avvenendo molto più velocemente del previsto (Barnosky et al., 2011). Ciò è stato dimostrato da Barnosky e colleghi (2011) attraverso il confronto tra il numero di specie estinte negli ultimi cinquecento anni e il tasso di estinzione di fondo dei mammiferi, che rappresenta una stima della velocità di estinzione considerata normale nel processo evolutivo. Alle stesse conclusioni sono arrivati Ceballos e colleghi (2015), utilizzando come metrica un tasso di estinzione di fondo leggermente più elevato, al fine di ottenere una stima più ottimistica. In questo lavoro si analizzano i diversi approcci utilizzati in letteratura per valutare l’effettivo inizio della Sesta estinzione. In particolare tali metodi vengono applicati per stimare, tramite l’utilizzo dei dati relativi al numero di specie estinte in epoca moderna forniti dall’International Union for Conservation of Nature (IUCN), sia il discostamento tra la velocità di estinzione dei mammiferi attuale e quella di fondo sia il numero di anni necessari affinché si estingua il 75% dei Vertebrati. Dopo avere concluso che tutti i prerequisiti per il verificarsi di una Sesta Estinzione di massa sono soddisfatti, nella seconda parte dell’elaborato viene illustrata l’evoluzione del rapporto tra uomo e natura dalla nascita dell’agricoltura ai nostri giorni, per poi evidenziare le responsabilità che il primo ha nell’avere causato l’attuale crisi di biodiversità. Vengono quindi prese in considerazione cinque minacce che, secondo l’IPBES, avrebbero il peggior impatto sulla biodiversità. La prima è il cambiamento nell’uso dei terreni, che porta alla frammentazione di habitat e all’alterazione delle dinamiche ecologiche. Un’ulteriore minaccia è lo sfruttamento eccessivo delle risorse biotiche e abiotiche, che comprende il commercio illegale di specie selvatiche, ma che interessa soprattutto le specie acquatiche con l'overfishing, che si sta rivelando dannoso non solo per la biodiversità, ma anche per l’industria ittica. Un’altra grande fonte di danno economico che mette a rischio la biodiversità è l’introduzione di specie aliene invasive che, tra il 1960 e il 2020, hanno causato solo in Europa danni dell’ordine del centinaio di miliardi di euro (Haubrock et al., 2021). Le ultime due minacce prese in considerazione sono l’inquinamento e il cambiamento climatico. Della prima viene approfondito il modo in cui gli inquinanti chimici risultano responsabili dei fenomeni dell’eutrofizzazione e delle piogge acide. Per quanto riguarda la seconda vengono approfondite le conseguenze del riscaldamento globale sulle specie il cui sesso viene determinato dalla temperatura. Viene svolto in particolare un approfondimento sulla specie Caretta caretta. Dall’analisi emerge che l’incremento delle temperature medie globali del pianeta mette a rischio la sopravvivenza di diverse popolazioni di questa specie, sia interferendo con la sex ratio della covata, causando un aumento della già fortemente predominante componente femminile, sia diminuendo il successo di schiusa delle uova e il tasso di sopravvivenza delle covate.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/32770