Dopo aver ripercorso brevemente i più importanti istituti previsti dal diritto romano per la tutela della par condicio creditorum nella soddisfazione del credito, l’elaborato si focalizza su un particolare strumento previsto dal nostro ordinamento a difesa di detto principio: l'azione revocatoria fallimentare di rimesse bancarie, ossia quegli accrediti effettuati nel conto corrente del correntista fallendo e idonei a ridurre l’esposizione debitoria verso la banca senza che essa possa vantare alcun diritto di prelazione. Sottoposto a numerose revisioni legislative - peraltro tutte così generiche da lasciare gli addetti ai lavori nella difficoltà di darne attuazione - l'istituto è oggi poco utilizzato anche in conseguenza del dimezzamento del periodo sospetto. Tra le riforme il D.L. 35/2005, introduce, a vantaggio degli Istituti di credito l’esenzione da revocatoria delle rimesse in conto corrente che non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito. Si espongono gli orientamenti prevalenti in merito ai concetti di scientia decoctionis, di saldo di riferimento e di “durevolezza” e “consistenza”, nonché alla difficile convivenza tra questo e il limite del “rientro” introdotto dall’art. 70 della stessa legge fallimentare. A conclusione l’esposizione si sofferma sulle pochissime novità che il Codice della Crisi porta con sé, quale il riferimento alla data di deposito della domanda di liquidazione giudiziale sia per il calcolo a ritroso del periodo sospetto - così in linea con quanto già previsto da altri ordinamenti stranieri – sia per il calcolo del limite temporale dell’esperimento dell’azione – che rimane tuttavia identico nel quantum.
L'azione revocatoria fallimentare di rimesse in conto corrente
ZANOLA, SERENA
2021/2022
Abstract
Dopo aver ripercorso brevemente i più importanti istituti previsti dal diritto romano per la tutela della par condicio creditorum nella soddisfazione del credito, l’elaborato si focalizza su un particolare strumento previsto dal nostro ordinamento a difesa di detto principio: l'azione revocatoria fallimentare di rimesse bancarie, ossia quegli accrediti effettuati nel conto corrente del correntista fallendo e idonei a ridurre l’esposizione debitoria verso la banca senza che essa possa vantare alcun diritto di prelazione. Sottoposto a numerose revisioni legislative - peraltro tutte così generiche da lasciare gli addetti ai lavori nella difficoltà di darne attuazione - l'istituto è oggi poco utilizzato anche in conseguenza del dimezzamento del periodo sospetto. Tra le riforme il D.L. 35/2005, introduce, a vantaggio degli Istituti di credito l’esenzione da revocatoria delle rimesse in conto corrente che non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito. Si espongono gli orientamenti prevalenti in merito ai concetti di scientia decoctionis, di saldo di riferimento e di “durevolezza” e “consistenza”, nonché alla difficile convivenza tra questo e il limite del “rientro” introdotto dall’art. 70 della stessa legge fallimentare. A conclusione l’esposizione si sofferma sulle pochissime novità che il Codice della Crisi porta con sé, quale il riferimento alla data di deposito della domanda di liquidazione giudiziale sia per il calcolo a ritroso del periodo sospetto - così in linea con quanto già previsto da altri ordinamenti stranieri – sia per il calcolo del limite temporale dell’esperimento dell’azione – che rimane tuttavia identico nel quantum.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/33086