Troppo spesso il lavoro viene considerato unicamente come un mezzo per garantire un reddito e, quindi, condizioni di sopravvivenza, in un contesto sempre più competitivo, dove i singoli individui esistono solo per la loro capacità di spendere e consumare. Questa visione porta ad una grave e profonda deformazione del concetto stesso di lavoro, con conseguenze aberrante quali, a puro titolo di esempio, attività lavorative svolte sotto minaccia, sotto ricatto e dettate esclusivamente da necessità delle aziende. Il lavoro è ben altra cosa. E’ l’ambito in cui gli individui trovano la loro piena realizzazione, in cui possono mettere a frutto la loro creatività, dare un contenuto importante alla loro dimensione sociale. E’ l’ambito in cui una persona può diventare più persona. Il lavoro è un diritto perché genera autonomia economica, dignità e identità sociale; è lo strumento attraverso il quale si superano ostacoli e si riduce l’emarginazione, perché attua in concreto la partecipazione responsabile al bene comune. In Italia il lavoro è fondamento della Repubblica e l’articolo 4 della Costituzione ne riconosce a tutti i cittadini il diritto promuovendo le condizioni che rendano questo diritto effettivo. Se è vero che il lavoro consente il raggiungimento di una autonomia economica, è altrettanto vero che esso permette la trasformazione di un sé cosciente e consapevole che desidera confrontarsi con gli altri e ambisce ad accedere al mercato del vivere comune. Perdere il lavoro è sicuramente tra i drammi uno dei peggiori, l’elaborazione di un lutto, ma peggiore a questo è il momento in cui la persona oltre al lavoro perde la libertà e la famiglia. Per saltare dall’altra parte ci vuole poco, si può perdere tutto inconsapelvolmente, o essere consapevoli che peggio non potrebbe andare e nello stesso tempo sperare che qualche cosa possa cambiare. La ricerca di soluzioni che stordiscano la disperazione del momento, spostando problemi che diventano poi irreparabili, può colpire chiunque, sicuramente in primis le persone emotivamente più fragili. Aiutare questi ad un rappacificamento con la società e ad una reintegrazione sociale, alla speranza di una ripartenza, non è solo un dovere dello Stato in risposta all’articolo 27 comma 3 della Costituzione italiana, ma di tutti. Questo articolo dovrebbe aiutare gli operatori ad interpretare il termine di ri-educare non solo nel correggere comportamenti irregolari ma aiutare a rimuovere le cause che li hanno prodotti fino a giungere ad una trasformazione della loro visione della società.

La detenzione carceraria: da problema ad opportunità

CONZADA, GABRIELE
2021/2022

Abstract

Troppo spesso il lavoro viene considerato unicamente come un mezzo per garantire un reddito e, quindi, condizioni di sopravvivenza, in un contesto sempre più competitivo, dove i singoli individui esistono solo per la loro capacità di spendere e consumare. Questa visione porta ad una grave e profonda deformazione del concetto stesso di lavoro, con conseguenze aberrante quali, a puro titolo di esempio, attività lavorative svolte sotto minaccia, sotto ricatto e dettate esclusivamente da necessità delle aziende. Il lavoro è ben altra cosa. E’ l’ambito in cui gli individui trovano la loro piena realizzazione, in cui possono mettere a frutto la loro creatività, dare un contenuto importante alla loro dimensione sociale. E’ l’ambito in cui una persona può diventare più persona. Il lavoro è un diritto perché genera autonomia economica, dignità e identità sociale; è lo strumento attraverso il quale si superano ostacoli e si riduce l’emarginazione, perché attua in concreto la partecipazione responsabile al bene comune. In Italia il lavoro è fondamento della Repubblica e l’articolo 4 della Costituzione ne riconosce a tutti i cittadini il diritto promuovendo le condizioni che rendano questo diritto effettivo. Se è vero che il lavoro consente il raggiungimento di una autonomia economica, è altrettanto vero che esso permette la trasformazione di un sé cosciente e consapevole che desidera confrontarsi con gli altri e ambisce ad accedere al mercato del vivere comune. Perdere il lavoro è sicuramente tra i drammi uno dei peggiori, l’elaborazione di un lutto, ma peggiore a questo è il momento in cui la persona oltre al lavoro perde la libertà e la famiglia. Per saltare dall’altra parte ci vuole poco, si può perdere tutto inconsapelvolmente, o essere consapevoli che peggio non potrebbe andare e nello stesso tempo sperare che qualche cosa possa cambiare. La ricerca di soluzioni che stordiscano la disperazione del momento, spostando problemi che diventano poi irreparabili, può colpire chiunque, sicuramente in primis le persone emotivamente più fragili. Aiutare questi ad un rappacificamento con la società e ad una reintegrazione sociale, alla speranza di una ripartenza, non è solo un dovere dello Stato in risposta all’articolo 27 comma 3 della Costituzione italiana, ma di tutti. Questo articolo dovrebbe aiutare gli operatori ad interpretare il termine di ri-educare non solo nel correggere comportamenti irregolari ma aiutare a rimuovere le cause che li hanno prodotti fino a giungere ad una trasformazione della loro visione della società.
2021
Prison Detention: Turning Problems into opportunities
Detenzione
Lavoro
Reinserimento
Formazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/33858