L’età di esordio del Primo Episodio Psicotico si colloca nell’adolescenza e nella prima età adulta e la maggior parte del deterioramento clinico e psicosociale avviene nei primi 5 anni di malattia. Questa finestra temporale è cruciale per iniziare un trattamento. Inoltre, la maggioranza dei pazienti al Primo Episodio Psicotico riferisce un periodo prodromico di almeno un mese e la durata media della fase prodromica prima del primo episodio psicotico è di circa 5-6 anni. Questo stadio della malattia viene definito Stato Mentale A Rischio e costituisce una condizione clinica di vulnerabilità per lo sviluppo di psicosi. Possiamo quindi considerare il Primo Episodio Psicotico come l’esito di una traiettoria di sviluppo in cui esperienze psicotiche subcliniche hanno preceduto la manifestazione di una psicosi franca. Risulta quindi fondamentale individuare precocemente le situazioni a rischio e intervenire tempestivamente in modo da favorire una buona prognosi clinica a lungo termine. A partire dagli anni Novanta, il Dipartimento di Salute Mentale si è reso conto della necessità di specializzare maggiormente la risposta al disagio giovanile ponendosi quindi l’obiettivo di meglio specificare ed articolare l’intervento precoce negli esordi psicotici di persone tardo adolescenti e giovani adulti. La speranza di ripresa e di guarigione, oggi più realistica, è nella coscienza delle persone con disturbo mentale, dei loro familiari, dei cittadini. Più risorse, di differente natura sono oggi contemporaneamente disponibili. Le conoscenze disciplinari e le possibilità di intervento, la consapevolezza e la conoscenza incondizionate proprie dei giovani che vivono esperienze di disturbo mentale sono molto più qualificate. Tuttavia, la stessa rete, per altro presente fa fatica a riconoscere il problema e lo rinvia avviando, di contro, un percorso caratterizzato da comunicazioni distorte, dissonanti se non antagoniste o contrapposte. Non vanno certo trascurati gli aspetti di ordine etico che l’attivazione di programmi di riconoscimento precoce impone. Benché ci sia un accordo unanime sulla necessità di curare gli esordi psicotici nei giovani, e una serie di evidenze sui migliori esiti di tali interventi, che anche in Italia ora si stanno diffondendo, vi sono altresì aspetti problematici che riguardano la loro prevenzione specie se rivolta a soggetti considerati a rischio. Viene qui sottolineata la questione dei cosiddetti falsi positivi: il rischio di individuare persone che mostrano tratti considerati a rischio di evolvere in una psicosi, e di sottoporle a trattamenti, mentre invece esse non transiteranno mai verso il disturbo conclamato o andranno incontro a remissione spontanea di una sintomatologia iniziale, le espone a stigmatizzazione, etichettamento e medicalizzazione. Un approccio precoce non può riprodurre gli strumenti della psichiatria clinica, bensì occorre mettere in atto strategie mirate sui bisogni e puntare al recupero sociale. Da quanto esposto, risulta fondamentale individuare precocemente le psicosi all’esordio e gli stati mentali a rischio di sviluppare psicosi per fornire un trattamento tempestivo, in modo da diminuire la DUP, contrastando una prognosi negativa. Il gold standard è un trattamento integrato con farmacoterapia, CBT individuale, trattamento di gruppo e intervento sulle famiglie. Nonostante la percentuale di falsi positivi all’interno del gruppo degli stati mentali a rischio, è importante trattare comunque i disturbi riportati dai pazienti, perché i sintomi riportati dai pazienti meritano attenzione clinica e in caso di transizione a psicosi si ridurrebbe la DUP. Parallelamente, è importante affinare ulteriormente gli strumenti di identificazione precoce, ed è necessario che i terapeuti siano formati in modo specifico sugli strumenti disponibili per l’identificazione dell’early psychosis e sul tipo di trattamento adeguato in base alla stadiazione della psicosi.
LA SINDROME PSICOTICA ATTENUATA
KARTCHNER, IZABELLA
2021/2022
Abstract
L’età di esordio del Primo Episodio Psicotico si colloca nell’adolescenza e nella prima età adulta e la maggior parte del deterioramento clinico e psicosociale avviene nei primi 5 anni di malattia. Questa finestra temporale è cruciale per iniziare un trattamento. Inoltre, la maggioranza dei pazienti al Primo Episodio Psicotico riferisce un periodo prodromico di almeno un mese e la durata media della fase prodromica prima del primo episodio psicotico è di circa 5-6 anni. Questo stadio della malattia viene definito Stato Mentale A Rischio e costituisce una condizione clinica di vulnerabilità per lo sviluppo di psicosi. Possiamo quindi considerare il Primo Episodio Psicotico come l’esito di una traiettoria di sviluppo in cui esperienze psicotiche subcliniche hanno preceduto la manifestazione di una psicosi franca. Risulta quindi fondamentale individuare precocemente le situazioni a rischio e intervenire tempestivamente in modo da favorire una buona prognosi clinica a lungo termine. A partire dagli anni Novanta, il Dipartimento di Salute Mentale si è reso conto della necessità di specializzare maggiormente la risposta al disagio giovanile ponendosi quindi l’obiettivo di meglio specificare ed articolare l’intervento precoce negli esordi psicotici di persone tardo adolescenti e giovani adulti. La speranza di ripresa e di guarigione, oggi più realistica, è nella coscienza delle persone con disturbo mentale, dei loro familiari, dei cittadini. Più risorse, di differente natura sono oggi contemporaneamente disponibili. Le conoscenze disciplinari e le possibilità di intervento, la consapevolezza e la conoscenza incondizionate proprie dei giovani che vivono esperienze di disturbo mentale sono molto più qualificate. Tuttavia, la stessa rete, per altro presente fa fatica a riconoscere il problema e lo rinvia avviando, di contro, un percorso caratterizzato da comunicazioni distorte, dissonanti se non antagoniste o contrapposte. Non vanno certo trascurati gli aspetti di ordine etico che l’attivazione di programmi di riconoscimento precoce impone. Benché ci sia un accordo unanime sulla necessità di curare gli esordi psicotici nei giovani, e una serie di evidenze sui migliori esiti di tali interventi, che anche in Italia ora si stanno diffondendo, vi sono altresì aspetti problematici che riguardano la loro prevenzione specie se rivolta a soggetti considerati a rischio. Viene qui sottolineata la questione dei cosiddetti falsi positivi: il rischio di individuare persone che mostrano tratti considerati a rischio di evolvere in una psicosi, e di sottoporle a trattamenti, mentre invece esse non transiteranno mai verso il disturbo conclamato o andranno incontro a remissione spontanea di una sintomatologia iniziale, le espone a stigmatizzazione, etichettamento e medicalizzazione. Un approccio precoce non può riprodurre gli strumenti della psichiatria clinica, bensì occorre mettere in atto strategie mirate sui bisogni e puntare al recupero sociale. Da quanto esposto, risulta fondamentale individuare precocemente le psicosi all’esordio e gli stati mentali a rischio di sviluppare psicosi per fornire un trattamento tempestivo, in modo da diminuire la DUP, contrastando una prognosi negativa. Il gold standard è un trattamento integrato con farmacoterapia, CBT individuale, trattamento di gruppo e intervento sulle famiglie. Nonostante la percentuale di falsi positivi all’interno del gruppo degli stati mentali a rischio, è importante trattare comunque i disturbi riportati dai pazienti, perché i sintomi riportati dai pazienti meritano attenzione clinica e in caso di transizione a psicosi si ridurrebbe la DUP. Parallelamente, è importante affinare ulteriormente gli strumenti di identificazione precoce, ed è necessario che i terapeuti siano formati in modo specifico sugli strumenti disponibili per l’identificazione dell’early psychosis e sul tipo di trattamento adeguato in base alla stadiazione della psicosi.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/33909