La malattia di Parkinson è una delle più comuni malattie neurodegenerative, caratterizzata dalla formazione di aggregati citoplasmatici proteici, costituiti dalla proteina -sinucleina, e dalla morte dei neuroni dopaminergici nella pars compacta della substantia nigra, con conseguente deficit di dopamina. L’eziologia è sconosciuta nella maggior parte dei casi. Si tratta di una malattia multifattoriale, alla cui insorgenza intervengono diversi fattori: genetici, ambientali e legati allo stile di vita. La ferroptosi è un meccanismo di morte cellulare programmata, dipendente dal ferro e caratterizzata da perossidazione lipidica, che insorge a causa di deficit nel funzionamento di sistemi antiossidanti e a causa dell’accumulo di ferro nelle cellule. Questo processo sembra essere coinvolto in numerose malattie neurodegenerative, tra le quali la malattia di Parkinson, nella quale potrebbe svolgere un ruolo importante nell’indurre la morte dei neuroni dopaminergici. L’inibizione della ferroptosi mediante chelanti del ferro e antiossidanti lipofilici potrebbe, pertanto, rappresentare una strategia terapeutica per inibire o, quantomeno, rallentare la progressione della patologia. Un forte contributo alla patogenesi della malattia di Parkinson sembra derivare, inoltre, dall’attivazione delle cellule della glia. Tali cellule potrebbero partecipare alla regolazione della ferroptosi, modulando l’omeostasi del ferro e la produzione di radicali liberi. Il ferro, inoltre, può depositarsi nelle cellule della microglia, astrociti e oligodendrociti, da dove potrebbe essere in seguito trasferito direttamente nei neuroni, provocandone la morte. Il trattamento con levodopa è uno dei principali approcci terapeutici ad oggi utilizzato per alleviare i sintomi della malattia di Parkinson, ma poiché presenta diversi svantaggi la ricerca di ulteriori trattamenti prosegue. Negli ultimi anni sono stati condotti una serie di studi clinici basati sulla somministrazione di inibitori della ferroptosi, che hanno mostrato un miglioramento dei sintomi associati alla malattia.
Ferroptosi nella malattia di Parkinson: regolazione da parte delle cellule della glia
LUGATO, BEATRICE
2021/2022
Abstract
La malattia di Parkinson è una delle più comuni malattie neurodegenerative, caratterizzata dalla formazione di aggregati citoplasmatici proteici, costituiti dalla proteina -sinucleina, e dalla morte dei neuroni dopaminergici nella pars compacta della substantia nigra, con conseguente deficit di dopamina. L’eziologia è sconosciuta nella maggior parte dei casi. Si tratta di una malattia multifattoriale, alla cui insorgenza intervengono diversi fattori: genetici, ambientali e legati allo stile di vita. La ferroptosi è un meccanismo di morte cellulare programmata, dipendente dal ferro e caratterizzata da perossidazione lipidica, che insorge a causa di deficit nel funzionamento di sistemi antiossidanti e a causa dell’accumulo di ferro nelle cellule. Questo processo sembra essere coinvolto in numerose malattie neurodegenerative, tra le quali la malattia di Parkinson, nella quale potrebbe svolgere un ruolo importante nell’indurre la morte dei neuroni dopaminergici. L’inibizione della ferroptosi mediante chelanti del ferro e antiossidanti lipofilici potrebbe, pertanto, rappresentare una strategia terapeutica per inibire o, quantomeno, rallentare la progressione della patologia. Un forte contributo alla patogenesi della malattia di Parkinson sembra derivare, inoltre, dall’attivazione delle cellule della glia. Tali cellule potrebbero partecipare alla regolazione della ferroptosi, modulando l’omeostasi del ferro e la produzione di radicali liberi. Il ferro, inoltre, può depositarsi nelle cellule della microglia, astrociti e oligodendrociti, da dove potrebbe essere in seguito trasferito direttamente nei neuroni, provocandone la morte. Il trattamento con levodopa è uno dei principali approcci terapeutici ad oggi utilizzato per alleviare i sintomi della malattia di Parkinson, ma poiché presenta diversi svantaggi la ricerca di ulteriori trattamenti prosegue. Negli ultimi anni sono stati condotti una serie di studi clinici basati sulla somministrazione di inibitori della ferroptosi, che hanno mostrato un miglioramento dei sintomi associati alla malattia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12608/34747