Il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD o DDAI) comporta una difficoltà nell’autoregolazione del comportamento che si manifesta con problematiche nel mantenimento dell’attenzione, del controllo motorio e delle risposte impulsive e, come indica il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-5 (APA, 2013), è presente in circa il 5% della popolazione italiana infantile. Recenti studi in merito hanno dimostrato come l’attività fisica possa incidere positivamente sullo stato psico-fisico dei bambini considerati, riducendo i comportamenti disadattivi, aumentando la concentrazione e l’autocontrollo. In particolare, una tendenza emergente, che riscuote sempre più attenzione nella dimensione didattica a livello nazionale ed internazionale, riguarda le Pause Attive, ossia lo svolgimento di attività motoria di breve durata in orario curricolare. La ricerca quasi-sperimentale condotta presenta uno studio empirico relativo ad un bambino con ADHD frequentante la classe terza Primaria dell’Istituto Comprensivo di Piove di Sacco (PD). Lo scopo dello studio mira a verificare l’ipotesi secondo cui le Pause attive (Active Breaks) possano dimostrarsi efficaci per ridurre, a breve o medio termine, i comportamenti disadattivi rilevati nello studente. A tal fine, si è deciso di proporre in maniera alternata due tipologie di attività motoria: una più intensa e una più rilassante. Per poter considerare attendibile l’intervento effettuato si è scelto di svolgere l’analisi nelle ore delle stesse discipline e di avvalersi di un background teorico e conoscitivo comprendente la documentazione scolastica, la normativa nazionale ed internazionale e i testi elaborati dai molteplici studiosi dell’ambito indagato. Per quel che concerne il metodo utilizzato, sono state integrate le strategie della ricerca quantitativa con quelle della ricerca qualitativa: nel primo periodo di osservazione indipendente con descrizione narrativa e sistematica sono stati identificati i comportamenti problema impiegati per verificare l’intervento, poi, per due mesi, è stato attuato un programma di pause attive giornaliere di dieci minuti ciascuna che ha coinvolto l’intera classe e, contemporaneamente, è seguita un’analisi mirata del soggetto target. Al termine delle attività, infine, è stato proposto un questionario a domande chiuse strutturate su scala Likert e, per una settimana, è stata effettuata un’ulteriore rilevazione della presenza o meno dei comportamenti disadattivi nello studente. A conclusione dello studio condotto si può confermare che tutti i comportamenti problema indagati si sono ridotti significativamente nelle settimane di intervento, soprattutto dopo la sessione di pause attive con attività fisica più dinamica. Per quel che concerne le proposte di activity breaks con attività fisica più blanda vi è stato un calo minimo. I risultati della post-osservazione, effettuati al termine dell’esperienza, mostrano valori sovrapponibili ai dati della pre-osservazione, smentendo così un effetto a medio termine. Si può affermare, quindi, che la ricerca realizzata ha ottenuto, nel complesso, un esito positivo poiché ha comprovato che l’esercizio fisico, se svolto quotidianamente, comporta effetti benefici nel bambino con ADHD. Ciò indica quanto sia auspicabile programmare, durante la giornata scolastica, micro-interventi giornalieri di attività: se da un lato, infatti, vi è stata una diminuzione dei comportamenti disadattivi del soggetto considerato, dall’altra si è potuto rilevare, attraverso l’osservazione ed i questionari, che la quasi totalità del gruppo gradirebbe svolgere le pause attive ordinariamente.
ATTIVA-MENTE A SCUOLA. IL CONTRIBUTO DELLE PAUSE ATTIVE PER LA RIDUZIONE DEI COMPORTAMENTI DISADATTIVI NEL BAMBINO CON ADHD.
ZATTA, FEDERICA
2021/2022
Abstract
Il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD o DDAI) comporta una difficoltà nell’autoregolazione del comportamento che si manifesta con problematiche nel mantenimento dell’attenzione, del controllo motorio e delle risposte impulsive e, come indica il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-5 (APA, 2013), è presente in circa il 5% della popolazione italiana infantile. Recenti studi in merito hanno dimostrato come l’attività fisica possa incidere positivamente sullo stato psico-fisico dei bambini considerati, riducendo i comportamenti disadattivi, aumentando la concentrazione e l’autocontrollo. In particolare, una tendenza emergente, che riscuote sempre più attenzione nella dimensione didattica a livello nazionale ed internazionale, riguarda le Pause Attive, ossia lo svolgimento di attività motoria di breve durata in orario curricolare. La ricerca quasi-sperimentale condotta presenta uno studio empirico relativo ad un bambino con ADHD frequentante la classe terza Primaria dell’Istituto Comprensivo di Piove di Sacco (PD). Lo scopo dello studio mira a verificare l’ipotesi secondo cui le Pause attive (Active Breaks) possano dimostrarsi efficaci per ridurre, a breve o medio termine, i comportamenti disadattivi rilevati nello studente. A tal fine, si è deciso di proporre in maniera alternata due tipologie di attività motoria: una più intensa e una più rilassante. Per poter considerare attendibile l’intervento effettuato si è scelto di svolgere l’analisi nelle ore delle stesse discipline e di avvalersi di un background teorico e conoscitivo comprendente la documentazione scolastica, la normativa nazionale ed internazionale e i testi elaborati dai molteplici studiosi dell’ambito indagato. Per quel che concerne il metodo utilizzato, sono state integrate le strategie della ricerca quantitativa con quelle della ricerca qualitativa: nel primo periodo di osservazione indipendente con descrizione narrativa e sistematica sono stati identificati i comportamenti problema impiegati per verificare l’intervento, poi, per due mesi, è stato attuato un programma di pause attive giornaliere di dieci minuti ciascuna che ha coinvolto l’intera classe e, contemporaneamente, è seguita un’analisi mirata del soggetto target. Al termine delle attività, infine, è stato proposto un questionario a domande chiuse strutturate su scala Likert e, per una settimana, è stata effettuata un’ulteriore rilevazione della presenza o meno dei comportamenti disadattivi nello studente. A conclusione dello studio condotto si può confermare che tutti i comportamenti problema indagati si sono ridotti significativamente nelle settimane di intervento, soprattutto dopo la sessione di pause attive con attività fisica più dinamica. Per quel che concerne le proposte di activity breaks con attività fisica più blanda vi è stato un calo minimo. I risultati della post-osservazione, effettuati al termine dell’esperienza, mostrano valori sovrapponibili ai dati della pre-osservazione, smentendo così un effetto a medio termine. Si può affermare, quindi, che la ricerca realizzata ha ottenuto, nel complesso, un esito positivo poiché ha comprovato che l’esercizio fisico, se svolto quotidianamente, comporta effetti benefici nel bambino con ADHD. Ciò indica quanto sia auspicabile programmare, durante la giornata scolastica, micro-interventi giornalieri di attività: se da un lato, infatti, vi è stata una diminuzione dei comportamenti disadattivi del soggetto considerato, dall’altra si è potuto rilevare, attraverso l’osservazione ed i questionari, che la quasi totalità del gruppo gradirebbe svolgere le pause attive ordinariamente.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Zatta_Federica.pdf
accesso riservato
Dimensione
5.71 MB
Formato
Adobe PDF
|
5.71 MB | Adobe PDF |
The text of this website © Università degli studi di Padova. Full Text are published under a non-exclusive license. Metadata are under a CC0 License
https://hdl.handle.net/20.500.12608/37331