La tesi qui presentata parla di fotogiornalismo, migrazioni e trasformazioni sociali. La domanda di ricerca si focalizza sulle trasformazioni socio culturali che si sono andate a instaurare all’interno del contesto sociale tramite l’avvento dei flussi migratori. Se durante gli anni Novanta il migrante veniva visto e percepito come migrante economico, quindi come risorsa, successivamente negli anni Duemila questa visione cambia e il migrante inizia a essere etichettato come minaccia. Questo termine comincia a essere adoperato soprattutto in campo politico, dove i partiti iniziano a indirizzare la propria attività in contrasto all’immigrazione clandestina, la quale viene alimentata da norme e politiche troppo rigide che in qualche modo costringono lo straniero ad accedere in maniera irregolare. È proprio qui che la politica inizia a adoperare sempre più di frequente l’etichetta di razze criminali, andando a produrre delle vere e proprie categorie sociali. Si può sottolineare come anche i media ricoprano un ruolo centrale nella costruzione e alimentazione di come i migranti vengono visti, e per fare questo, si occupano di utilizzare una serie di immagini con l’obiettivo di influenzare la percezione sociale. Possiamo affermare che i media tendono a essere maggiormente focalizzati sul contenuto delle narrazioni che veicolano, rispetto alla comprensione del significato, creando così narrazioni stereotipate e ricche di preconcetti, tramite l’adottamento di frames – cornici di senso che vengono adoperate per interpretare una situazione- i quali vengono impiegati in maniera limitata in rapporto alle migrazioni, come il frame della vittima, della minaccia o dell’eroe. Le immagini hanno quindi un ruolo centrale nella notizia, dove ciò che non può essere espresso a parole viene compreso in maniera più esplicita dall’immagine stessa, la quale produce un impatto più diretto, grazie alla creazione di un giudizio positivo o negativo. Si può quindi evidenziare come la produzione di ritratti negativi sui migranti abbia l'obiettivo di raffigurarli come criminali e/o violenti per indurre un clima di paura e rabbia sulla tematica degli approdi clandestini, spronando i politici ad adottare politiche di chiusura, deportazioni e norme più rigide. Per questo tramite interviste dialogiche, ho sviluppato una traccia di intervista che mi desse la possibilità di andare ad analizzare più in profondità uno dei progetti esposti a IMP Festival (Padova) inerente al bando indetto da FIERI, intitolato “Sguardi Plurali”. L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di narrazioni quotidiane in grado di far emergere la pluralità culturale e sociale della nostra società, tramite il linguaggio fotografico. Questo perché spesso le tematiche sull’immigrazione vengono raccontate da chi questo fenomeno non l’ha vissuto, mentre grazie a questo progetto si è data l’occasione a giovani under 35, nati all’estero, residenti in Italia, o nati in Italia da genitori di origine straniera di raccontare la loro esperienza migratoria- vissuta in prima persona o a livello familiare. Grazie alle interviste svolte con i tre vincitori del bando, ho avuto l’opportunità di conoscere in che modo il loro lavoro abbia come obiettivo quello di offrire uno sguardo differente- da quello standardizzato dei media- sulle trasformazioni socio-culturali che in questi anni hanno avvolto la nostra società, tentando di comprendere se lo sguardo del pubblico sia riuscito a percepire ciò che questi giovani fotografi stessero cercato di comunicare.

Fotogiornalismo, migrazioni e trasformazioni sociali. Il caso di Sguardi Plurali

SPESSOTTO, SUNDARI
2021/2022

Abstract

La tesi qui presentata parla di fotogiornalismo, migrazioni e trasformazioni sociali. La domanda di ricerca si focalizza sulle trasformazioni socio culturali che si sono andate a instaurare all’interno del contesto sociale tramite l’avvento dei flussi migratori. Se durante gli anni Novanta il migrante veniva visto e percepito come migrante economico, quindi come risorsa, successivamente negli anni Duemila questa visione cambia e il migrante inizia a essere etichettato come minaccia. Questo termine comincia a essere adoperato soprattutto in campo politico, dove i partiti iniziano a indirizzare la propria attività in contrasto all’immigrazione clandestina, la quale viene alimentata da norme e politiche troppo rigide che in qualche modo costringono lo straniero ad accedere in maniera irregolare. È proprio qui che la politica inizia a adoperare sempre più di frequente l’etichetta di razze criminali, andando a produrre delle vere e proprie categorie sociali. Si può sottolineare come anche i media ricoprano un ruolo centrale nella costruzione e alimentazione di come i migranti vengono visti, e per fare questo, si occupano di utilizzare una serie di immagini con l’obiettivo di influenzare la percezione sociale. Possiamo affermare che i media tendono a essere maggiormente focalizzati sul contenuto delle narrazioni che veicolano, rispetto alla comprensione del significato, creando così narrazioni stereotipate e ricche di preconcetti, tramite l’adottamento di frames – cornici di senso che vengono adoperate per interpretare una situazione- i quali vengono impiegati in maniera limitata in rapporto alle migrazioni, come il frame della vittima, della minaccia o dell’eroe. Le immagini hanno quindi un ruolo centrale nella notizia, dove ciò che non può essere espresso a parole viene compreso in maniera più esplicita dall’immagine stessa, la quale produce un impatto più diretto, grazie alla creazione di un giudizio positivo o negativo. Si può quindi evidenziare come la produzione di ritratti negativi sui migranti abbia l'obiettivo di raffigurarli come criminali e/o violenti per indurre un clima di paura e rabbia sulla tematica degli approdi clandestini, spronando i politici ad adottare politiche di chiusura, deportazioni e norme più rigide. Per questo tramite interviste dialogiche, ho sviluppato una traccia di intervista che mi desse la possibilità di andare ad analizzare più in profondità uno dei progetti esposti a IMP Festival (Padova) inerente al bando indetto da FIERI, intitolato “Sguardi Plurali”. L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di narrazioni quotidiane in grado di far emergere la pluralità culturale e sociale della nostra società, tramite il linguaggio fotografico. Questo perché spesso le tematiche sull’immigrazione vengono raccontate da chi questo fenomeno non l’ha vissuto, mentre grazie a questo progetto si è data l’occasione a giovani under 35, nati all’estero, residenti in Italia, o nati in Italia da genitori di origine straniera di raccontare la loro esperienza migratoria- vissuta in prima persona o a livello familiare. Grazie alle interviste svolte con i tre vincitori del bando, ho avuto l’opportunità di conoscere in che modo il loro lavoro abbia come obiettivo quello di offrire uno sguardo differente- da quello standardizzato dei media- sulle trasformazioni socio-culturali che in questi anni hanno avvolto la nostra società, tentando di comprendere se lo sguardo del pubblico sia riuscito a percepire ciò che questi giovani fotografi stessero cercato di comunicare.
2021
Photojournalism, migration, and social transformations. The case of Sguardi Plurali
migrazione
trasformazioni
metodo visuale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/37422