Quello del finanziamento da sempre rappresenta un aspetto cruciale nella vita dell’impresa: assume, infatti, una rilevanza centrale tanto nelle fasi di avvio dell’iniziativa economica, quanto nelle fasi di sviluppo, che nei momenti di crisi della stessa. Proprio per questa sua centralità a livello empirico prima ancora che giuridico, l’ordinamento nel corso dei decenni ha cercato di sviluppare strumenti giuridici in grado di intercettare le esigenze del mercato. Questa tematica riguarda da vicino anche quelle che potremmo denominare genericamente come “società innovative”, ossia le start up e PMI innovative, dal momento che esse spesso dispongono di progetti di business potenzialmente di successo ma non dei mezzi finanziari necessari per sostenere l’iniziativa economica, motivo per cui un sistema giuridico efficiente deve essere in grado di fornire strumenti flessibili in grado di favorire il reperimento di risorse sul mercato. Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come la principale fonte di finanziamento per le società piccole e medie nel nostro Paese sia rappresentata dal credito bancario, con tutti i problemi che da ciò conseguono. Proprio per questa ragione, al momento dell’introduzione nell’ordinamento della start up innovativa, il legislatore, consapevole della necessità di affrancarsi dal sistema bancario e influenzato dai modelli diffusisi nei sistemi anglosassoni (in particolare in quello statunitense), ha voluto estendere anche a queste ultime l’istituto degli strumenti finanziari partecipativi, già previsto per le società per azioni dal comma quattro dell’art. 2346 c.c. Si tratta di una novità di non poco conto, soprattutto se consideriamo che la stragrande maggioranza delle start up innovative assume la forma giuridica della società a responsabilità limitata, cui, a livello codicistico, non è riconosciuta la possibilità di avvalersi di tale istituto. Gli strumenti finanziari si connotano per una disciplina normativa estremamente scarna, il che è sicuramente fonte di incertezza per gli operatori del diritto. Ciò nonostante, non si possono negare le grandi opportunità che vengono così riconosciute all’autonomia privata. Quest’istituto si caratterizza principalmente per due profili: da un lato, essi rappresentano una terza via per il finanziamento dell’impresa, offrendo un’alternativa al tradizionale binomio equity/debt, dall’altro essi riconoscono ai loro titolari di diritti patrimoniali e amministrativi (questi ultimi solo in via eventuale). Tra i vari astrattamente attribuibili, desta particolare interesse il diritto di conversione in quote attraverso il quale si consente all’investitore, trascorso un certo lasso di tempo oppure una volta raggiunti particolari risultati, di assumere la qualità di socio. Questo meccanismo, non espressamente tipizzato dal legislatore, apre a nuove forme di investimento societario favorendo, tra le altre, la realizzazione di operazioni di venture capital. Un profilo problematico che però un istituto così ampiamente rimesso all’autonomia privata fa sorgere è rappresentato dagli elevati costi di transazione che esso comporta, con la conseguenza che ciò potrebbe limitarne l’impiego solamente ad un numero ristretto di società.

Gli strumenti finanziari convertibili (e convertendi) in quote nelle società a responsabilità limitata

FLORIAN, GIANLUCA
2021/2022

Abstract

Quello del finanziamento da sempre rappresenta un aspetto cruciale nella vita dell’impresa: assume, infatti, una rilevanza centrale tanto nelle fasi di avvio dell’iniziativa economica, quanto nelle fasi di sviluppo, che nei momenti di crisi della stessa. Proprio per questa sua centralità a livello empirico prima ancora che giuridico, l’ordinamento nel corso dei decenni ha cercato di sviluppare strumenti giuridici in grado di intercettare le esigenze del mercato. Questa tematica riguarda da vicino anche quelle che potremmo denominare genericamente come “società innovative”, ossia le start up e PMI innovative, dal momento che esse spesso dispongono di progetti di business potenzialmente di successo ma non dei mezzi finanziari necessari per sostenere l’iniziativa economica, motivo per cui un sistema giuridico efficiente deve essere in grado di fornire strumenti flessibili in grado di favorire il reperimento di risorse sul mercato. Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come la principale fonte di finanziamento per le società piccole e medie nel nostro Paese sia rappresentata dal credito bancario, con tutti i problemi che da ciò conseguono. Proprio per questa ragione, al momento dell’introduzione nell’ordinamento della start up innovativa, il legislatore, consapevole della necessità di affrancarsi dal sistema bancario e influenzato dai modelli diffusisi nei sistemi anglosassoni (in particolare in quello statunitense), ha voluto estendere anche a queste ultime l’istituto degli strumenti finanziari partecipativi, già previsto per le società per azioni dal comma quattro dell’art. 2346 c.c. Si tratta di una novità di non poco conto, soprattutto se consideriamo che la stragrande maggioranza delle start up innovative assume la forma giuridica della società a responsabilità limitata, cui, a livello codicistico, non è riconosciuta la possibilità di avvalersi di tale istituto. Gli strumenti finanziari si connotano per una disciplina normativa estremamente scarna, il che è sicuramente fonte di incertezza per gli operatori del diritto. Ciò nonostante, non si possono negare le grandi opportunità che vengono così riconosciute all’autonomia privata. Quest’istituto si caratterizza principalmente per due profili: da un lato, essi rappresentano una terza via per il finanziamento dell’impresa, offrendo un’alternativa al tradizionale binomio equity/debt, dall’altro essi riconoscono ai loro titolari di diritti patrimoniali e amministrativi (questi ultimi solo in via eventuale). Tra i vari astrattamente attribuibili, desta particolare interesse il diritto di conversione in quote attraverso il quale si consente all’investitore, trascorso un certo lasso di tempo oppure una volta raggiunti particolari risultati, di assumere la qualità di socio. Questo meccanismo, non espressamente tipizzato dal legislatore, apre a nuove forme di investimento societario favorendo, tra le altre, la realizzazione di operazioni di venture capital. Un profilo problematico che però un istituto così ampiamente rimesso all’autonomia privata fa sorgere è rappresentato dagli elevati costi di transazione che esso comporta, con la conseguenza che ciò potrebbe limitarne l’impiego solamente ad un numero ristretto di società.
2021
Financial instruments convertible (and converting) into shares in limited liability companies
start up innovativa
strumenti finanziari
finanziamento
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/37508