La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) fu scoperta per la prima volta nel 1869 dal neurologo francese Jean-Martin Charcot, ma ottenne l’attenzione internazionale a partire dal 1939, quando ne fu colpito il giocatore di baseball Lou Gehrig. Dagli anni Novanta, l’interesse clinico e scientifico verso questa malattia è aumentato progressivamente e, da quando Charcot descrisse originariamente la SLA, i progressi compiuti dalla ricerca clinica e biomedica sono stati numerosi. Tuttavia, ad oggi, la SLA è ancora una malattia incurabile, in quanto la sua patogenesi ha numerosi lati oscuri e molte domande sono tutt’ora senza risposta. La SLA è dunque una malattia fatale, caratterizzata da paralisi progressiva dei muscoli volontari, inclusi quelli respiratori, e morte del paziente entro 4-5 anni dall’esordio. Nel 10% dei casi la SLA ha un’origine familiare (f-SLA) ed è causata da mutazioni in vari geni, tra cui: SOD1, TARDPB, C9orf72, FUS. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la malattia è di tipo sporadico (s-SLA), ovvero non presenta trasmissibilità familiare. Inizialmente considerata una 'malattia del motoneurone’, attualmente la SLA è vista come una ‘malattia multicellulare e multisistemica’, che coinvolge le cellule muscolari, le cellule della glia, i linfociti, etc. L’eterogeneità della sua manifestazione clinica, unitamente all’assenza di un test diagnostico specifico, porta talvolta ad un ritardo diagnostico e all’uso di terapie inappropriate. Inoltre, anche una volta diagnosticata, non vi sono terapie mirate per contrastare l’avanzamento e gli esiti fatali di questa drammatica malattia. Attualmente, gli unici farmaci utilizzati nei pazienti affetti da SLA sono il Riluzolo e l'Edaravone. Il Riluzolo appartiene alla classe dei benzotiazoli ed è stato dimostrato aumentare l’aspettativa di vita di tre mesi nel 50% dei pazienti e un aumento del 9% della probabilità di sopravvivenza entro un anno. L'Edaravone, recentemente approvato in Giappone e nel Nord America, riduce invece lo stress ossidativo, rallentando moderatamente la degenerazione motoria, la progressione dei sintomi e la perdita di peso. Tuttavia, identificare delle strategie terapeutiche che vadano a colpire meccanismi di malattia specifici, allo scopo di ritardare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti rimane una necessità primaria della ricerca biomedica. Negli ultimi anni, l’avanzamento nella ricerca ha portato a sviluppare diverse teorie patogenetiche ed a considerare la SLA una malattia multicellulare, consentendo l’identificazione di nuovi farmaci e l’avvio di numerosi trial clinici. Un trial clinico è una ricerca medica che viene eseguita per verificare se un farmaco di nuovo sviluppo può essere più vantaggioso, rispetto a quelli esistenti, dai punti di vista preventivo, terapeutico o diagnostico. Gli aspetti più importanti che vengono considerati sono: la sicurezza, ossia l'assenza di effetti collaterali oppure di danni intollerabili, e l'efficacia, cioè la capacità del farmaco di determinare l'effetto benefico ricercato. Accanto a questi aspetti fondamentali bisogna poi analizzare altre questioni come i costi e l'impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Attraverso lo studio “Adore” (ALS Deceleration with ORal Edaravone) è stata testata l’efficacia di un nuovo farmaco nel trattamento della SLA: FAB122, un farmaco che riduce lo stress ossidativo rallentando la degenerazione motoria. I trial clinici sono estremamente complessi e si basano sulla messa in piedi di un team di professionisti con diverse competenze. Tra queste la figura infermieristica ha un ruolo chiave nell’organizzazione, pianificazione e gestione dei trial clinici e le specifiche competenze richieste e sviluppate da questa figura professionale sono l’oggetto di questo elaborato di tesi.

“RUOLO DELL’INFERMIERE NELLA GESTIONE DI STUDI CLINICI: L’ESEMPIO DI ‘ADORE’ SUI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA”

DEMO, MARTINA
2021/2022

Abstract

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) fu scoperta per la prima volta nel 1869 dal neurologo francese Jean-Martin Charcot, ma ottenne l’attenzione internazionale a partire dal 1939, quando ne fu colpito il giocatore di baseball Lou Gehrig. Dagli anni Novanta, l’interesse clinico e scientifico verso questa malattia è aumentato progressivamente e, da quando Charcot descrisse originariamente la SLA, i progressi compiuti dalla ricerca clinica e biomedica sono stati numerosi. Tuttavia, ad oggi, la SLA è ancora una malattia incurabile, in quanto la sua patogenesi ha numerosi lati oscuri e molte domande sono tutt’ora senza risposta. La SLA è dunque una malattia fatale, caratterizzata da paralisi progressiva dei muscoli volontari, inclusi quelli respiratori, e morte del paziente entro 4-5 anni dall’esordio. Nel 10% dei casi la SLA ha un’origine familiare (f-SLA) ed è causata da mutazioni in vari geni, tra cui: SOD1, TARDPB, C9orf72, FUS. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la malattia è di tipo sporadico (s-SLA), ovvero non presenta trasmissibilità familiare. Inizialmente considerata una 'malattia del motoneurone’, attualmente la SLA è vista come una ‘malattia multicellulare e multisistemica’, che coinvolge le cellule muscolari, le cellule della glia, i linfociti, etc. L’eterogeneità della sua manifestazione clinica, unitamente all’assenza di un test diagnostico specifico, porta talvolta ad un ritardo diagnostico e all’uso di terapie inappropriate. Inoltre, anche una volta diagnosticata, non vi sono terapie mirate per contrastare l’avanzamento e gli esiti fatali di questa drammatica malattia. Attualmente, gli unici farmaci utilizzati nei pazienti affetti da SLA sono il Riluzolo e l'Edaravone. Il Riluzolo appartiene alla classe dei benzotiazoli ed è stato dimostrato aumentare l’aspettativa di vita di tre mesi nel 50% dei pazienti e un aumento del 9% della probabilità di sopravvivenza entro un anno. L'Edaravone, recentemente approvato in Giappone e nel Nord America, riduce invece lo stress ossidativo, rallentando moderatamente la degenerazione motoria, la progressione dei sintomi e la perdita di peso. Tuttavia, identificare delle strategie terapeutiche che vadano a colpire meccanismi di malattia specifici, allo scopo di ritardare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti rimane una necessità primaria della ricerca biomedica. Negli ultimi anni, l’avanzamento nella ricerca ha portato a sviluppare diverse teorie patogenetiche ed a considerare la SLA una malattia multicellulare, consentendo l’identificazione di nuovi farmaci e l’avvio di numerosi trial clinici. Un trial clinico è una ricerca medica che viene eseguita per verificare se un farmaco di nuovo sviluppo può essere più vantaggioso, rispetto a quelli esistenti, dai punti di vista preventivo, terapeutico o diagnostico. Gli aspetti più importanti che vengono considerati sono: la sicurezza, ossia l'assenza di effetti collaterali oppure di danni intollerabili, e l'efficacia, cioè la capacità del farmaco di determinare l'effetto benefico ricercato. Accanto a questi aspetti fondamentali bisogna poi analizzare altre questioni come i costi e l'impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Attraverso lo studio “Adore” (ALS Deceleration with ORal Edaravone) è stata testata l’efficacia di un nuovo farmaco nel trattamento della SLA: FAB122, un farmaco che riduce lo stress ossidativo rallentando la degenerazione motoria. I trial clinici sono estremamente complessi e si basano sulla messa in piedi di un team di professionisti con diverse competenze. Tra queste la figura infermieristica ha un ruolo chiave nell’organizzazione, pianificazione e gestione dei trial clinici e le specifiche competenze richieste e sviluppate da questa figura professionale sono l’oggetto di questo elaborato di tesi.
2021
"THE ROLE OF NURSE IN THE MANAGEMENT OF CLINICAL TRIALS: THE EXAMPLE OF 'ADORE' IN PATIENTS AFFECTED BY AMYOTROPHIC LATERAL SCLEROSIS"
Motorneuron disorder
Als AND risk factors
Als AND treatment
Als AND genetics
Als AND lifestyle
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/38897