Alla luce dello stage formativo svolto presso il Tribunale di Venezia, nell’ufficio Corpi di reato, e grazie alla possibilità di vedere in modo concreto tutto il percorso che connota il corpo di reato, il mio interesse si è focalizzato sui beni confiscati alla mafia, e hanno attirato in particolar modo la mia attenzione i beni confiscati alla “Mala del Brenta”. Per meglio comprendere questo istituto sono partita da uno studio delle leggi che nel corso degli anni hanno portato alla confisca dei beni alla mafia, partendo dalla Legge Rognogni La Torre, fino ad arrivare al Codice Antimafia. Ho ritenuto utile approfondire l’istituto della confisca, non esistendo un unico modello, ma una pluralità di tipologie di confisca che, accomunate dall’essere una forma di espropriazione da parte dello Stato di beni altrui in seguito a condotte illecite , si distinguono per l’oggetto dell’ablazione, la disciplina e le finalità perseguite, tanto è vero che ancora oggi risulta attuale la definizione della confisca come « reticolo di meccanismi sanzionatori », la cui natura nel caso concreto dipende dalla specifica disciplina. Non casualmente la confisca è stata definita autentica misura “camaleontica”: e invero essa, pur costituendo la principale forma di manifestazione delle misure di sicurezza patrimoniale, assume in taluni casi le sembianze di una vera e propria pena accessoria e in talaltri quelle di una misura a carattere puramente ripristinatorio. Dopo aver trattato delle varie tipologie di confisca, a conclusione del Secondo capitolo, ho approfondito la confisca dei cosiddetti “beni informatici”, istituto di recente elaborazione messo a punto per far fronte ai reati informatici, in cui la criminalità organizzata di stampo mafioso si è di recente inserita grazie all’ingente e “facile” profitto che da essi riesce a trarre. Nel prosieguo dell’elaborato ho affrontato il valore rappresentato dal riutilizzo dei beni confiscati alla mafia, andando a raccogliere i dati relativi alle statistiche dei beni confiscati e di quelli che vengono effettivamente riutilizzati, al fine di poterne mettere in luce le criticità, valorizzando poi il ruolo rivestito dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione ed evidenziando la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Per concludere ho potuto disaminare l’istituto della confisca dei beni alla mafia in modo tangibile, dato che l’esperienza svolta durante il tirocinio mi ha permesso di studiare le sentenze relative alla “Mala del Brenta”, consentendomi di esaminare i relativi beni confiscati ed il loro effettivo riutilizzo.

LA CONFISCA DEI BENI APPARTENENTI ALLA MAFIA : problemi attuali e riflessi applicativi

GERMIN, FRANCESCA
2021/2022

Abstract

Alla luce dello stage formativo svolto presso il Tribunale di Venezia, nell’ufficio Corpi di reato, e grazie alla possibilità di vedere in modo concreto tutto il percorso che connota il corpo di reato, il mio interesse si è focalizzato sui beni confiscati alla mafia, e hanno attirato in particolar modo la mia attenzione i beni confiscati alla “Mala del Brenta”. Per meglio comprendere questo istituto sono partita da uno studio delle leggi che nel corso degli anni hanno portato alla confisca dei beni alla mafia, partendo dalla Legge Rognogni La Torre, fino ad arrivare al Codice Antimafia. Ho ritenuto utile approfondire l’istituto della confisca, non esistendo un unico modello, ma una pluralità di tipologie di confisca che, accomunate dall’essere una forma di espropriazione da parte dello Stato di beni altrui in seguito a condotte illecite , si distinguono per l’oggetto dell’ablazione, la disciplina e le finalità perseguite, tanto è vero che ancora oggi risulta attuale la definizione della confisca come « reticolo di meccanismi sanzionatori », la cui natura nel caso concreto dipende dalla specifica disciplina. Non casualmente la confisca è stata definita autentica misura “camaleontica”: e invero essa, pur costituendo la principale forma di manifestazione delle misure di sicurezza patrimoniale, assume in taluni casi le sembianze di una vera e propria pena accessoria e in talaltri quelle di una misura a carattere puramente ripristinatorio. Dopo aver trattato delle varie tipologie di confisca, a conclusione del Secondo capitolo, ho approfondito la confisca dei cosiddetti “beni informatici”, istituto di recente elaborazione messo a punto per far fronte ai reati informatici, in cui la criminalità organizzata di stampo mafioso si è di recente inserita grazie all’ingente e “facile” profitto che da essi riesce a trarre. Nel prosieguo dell’elaborato ho affrontato il valore rappresentato dal riutilizzo dei beni confiscati alla mafia, andando a raccogliere i dati relativi alle statistiche dei beni confiscati e di quelli che vengono effettivamente riutilizzati, al fine di poterne mettere in luce le criticità, valorizzando poi il ruolo rivestito dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione ed evidenziando la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Per concludere ho potuto disaminare l’istituto della confisca dei beni alla mafia in modo tangibile, dato che l’esperienza svolta durante il tirocinio mi ha permesso di studiare le sentenze relative alla “Mala del Brenta”, consentendomi di esaminare i relativi beni confiscati ed il loro effettivo riutilizzo.
2021
THE CONFISCATION OF PROPERTIES BELONGING TO THE MAFIA: current problems and impacts of the legislation’s application
Confisca
Codice Antimafia
"Mala del Brenta"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12608/39516